LA VACUITÀ DELLE RICORRENZE NAZIONALI E INTERNAZIONALI
La rievocazione degli eventi e dei loro protagonisti può avere un senso soprattutto se non è fine a sé stessa. E ciò nel pragmatico rispetto della concezione etica
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Quante “Giornate”, “Ricorrenze” e “Feste” nazionali, internazionali e mondiali, si dedicano per ogni tipo di prevenzione, o più semplicemente come ricorrenza per ricordare un determinato evento? È una consuetudine diffusa un po’ in tutto il mondo più o meno con le medesime finalità. Ma quanto può servire? Per onorarle solitamente si organizzano cortei, manifestazioni di piazza, ed iniziative di vario genere per attirare l’attenzione su quel problema da parte della popolaziome e/o delle Istituzioni; ma purtroppo, terminata la ricorrenza tutto torna come prima: più o meno nella totale indiffereza e, quel che è peggio, i problemi rammentati rimangono tali in quanto per lo più irrisolti. Volendo essere cinici (ma non è mio costume esserlo), proclamare e/o festeggiare queste ricorrenze non di rado rasenta l’ipocrisia, e qui chiamo in causa anche me stesso in quanto biografo, poiché talora mi capita di rievocare un passo storico e relativi personaggi che lo hanno significato, rapportandolo ad oggi con l’illusione di un possibile beneficio e/o miglioria. Ma va anche detto che rievocare determinate tappe storiche o porre in evidenza un particolare fatto sociale, è quasi doveroso proprio per dare una certa continuità alla nostra esistenza, ma al tempo stesso rendere pragmatico ciò che si pone in risalto è tutta un’altra faccenda. Prendiamo ad esempio la sempre più richiamata ricorrenza dell’Unità d’Italia, ben sapendo chi sono stati i protagonisti per realizzarla e a che prezzo…; quindi, per il 150° anniversario di questo storico evento (2011), si è dato largo censo soprattutto per volere politico, con diverse manifestazioni pubbliche ed altrettante pubblicazioni. Ma alla fine della “festa”, cosa si è ottenuto? Una ricorrenza come questa non è certo paragonabile ad un compleanno di tizio, caio o sempronio, ma è un particolare richiamo a fatti storici che hanno completato una Nazione; per contro, nel concreto (anche per effetto della deprecabile Riforma del Titolo V della Costituzione), il nostro Paese risulta essere diviso in 21 realtà diverse per determinati diritti, sanitari in primis. Eppure, tra i principali obiettivi del SSN si parla di universalità, ossia estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione, ma come ben sappiamo vi sono Regioni virtuose ed altre meno; quindi, possiamo parlare di Italia dis-unita nonostante siano trascorsi ben 160 anni. Quindi, questa particolare ricorrenza andrebbe rivista, rivalutata e rendendo la Nazione veramente unita perché è l’uguaglianza che fa un Paese democratico, non le retorica e tanto meno l’ipocrisia. E sempre a proposito di ricorrenze di particolare valore istituzionale, in taluni casi le Autorità sono solite indire una cerimonia ufficiale con tanto di tappeto rosso, banda musicale, scroscianti applausi e corone d’alloro da deporre; un cerimoniale in alta uniforne di tutto punto ma che dà lustro a chi si esibisce e si esprime, mentre la plebe (ossia noi “sudditi”) sta a guardare, invitata ad applaudire, e nemmeno si rende conto che il tutto sfuma nel giro di qualche ora o al mssimo di un giorno. Tuttavia, onorare la memoria di chi per noi si è sacrificato, in qualunque epoca, compresa l’attuale che comprende un numero sempre maggiore di caduti sul lavoro, in particolare le Forze dell’Ordine e i Sanitari, come anche i morti a causa della pandemia è sì doveroso, ma tale dovere deve poi tramutarsi in azioni che prevengano o limitino al minmo eventi funesti, e quindi non dover ogni volta commemorare quello che, appunto, si poteva e si può evitare. È il caso di citare ancora la “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” (12 marzo) che, insieme a tante altre ricorrenze nazionali, internazionali e mondiali, sono un invito alla sensibilizzazione e a “non dimenticare”; ma purtroppo, ripeto, il giorno dopo in realtà tutto è dimenticato.
In buona sostanza, non è mia intezione mettere sulla graticola alcuno, più semplicemente, invece, porre l’accento sulla poca utilità di certe ricorrenze affinché non siano paragonabili a semplici compleanni od onomastici da calendario, perché nel nostro Paese e probabilmente anche in alcuni altri, quello che manca è il pragmatismo… quasi sempre in antitesi alla retorica e all’ipocrisia. Certamente, a dir poco, sarò tacciato di anticonformismo, ma non mi si può negare il mio credo che consiste nella razionalità e nella sobrietà come richiamo all’etica alla quale noi tutti dovremmo attenerci. Istituzioni in primis. E per questo, sarebbe bene che taluni leggessero o rileggessero alcune pagine di chi ha dimostrato in pratica cos’è l’etica, sia pur in contesti sociali datati. A tal riguardo, il premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer (1875-1965) ci ricorda: «Riflettere sull’etica dell’amore per tutte le creature in tutti i suoi dettagli:questo è il difficile compito assegnato al tempo in cui viviamo». Un invito, a mio avviso, da accogliere e far proprio, oggi più che mai!