La valle del Rabbi (sotto Predappio). Schegge antisemite impazzite
Ho sentito l’obbligo di dover interrompere anticipatamente il mio Sabato, per reagire e scrivere contro coloro che infangano il valore della storia. Ne chiedo scusa anzitutto alla mia stessa persona ed al mio spirito che purtroppo oggi si sente contrariato, deluso, offeso; ne chiedo scusa ai miei correligionari religiosi e soprattutto a chi mi concede ogni attimo quella Luce che mi persuade a condividere l’essenza dei valori di questa vita e nel rispetto della storia e della memoria di altre.
Termina amaramente una settimana basata in più accezioni nell’omaggiare coloro che hanno fatto dell’antisemitismo una bandiera religiosa, politica, antistorica, certamente degna della loro ignoranza. Ancora una volta ci rendiamo conto di quanto sia facile produrre e trovar seguaci in ogni forma di razzismo. Essere intolleranti resta più facile che acculturarsi, valutare, non soffermarsi a pochi ed inesatti frasi dettate dalla velocità internettiana, spingere nel burrone chi viene considerato “diverso” e dopo di lui un altro essere “differente”, per poi ritrovarsi soli e rendersi conto – troppo tardi – che non porta molto lontano il condividere la vita con se stessi, come unico superstite delle proprie scelte.
La scorsa settimana Palermo ha reso gli onori ad un assassino premiato col Nobel per la pace e che non ha mai tolto l’articolo numero uno dalla propria “costituzione”, nella quale si inneggia – ed è valido tuttora – ad eliminare il popolo ebraico: uniforme diversa ma metodi simili a quelli del ventennio.
E’ seguito tutto il bailamme su una signora ottantanovenne, la Senatrice Segre, che la Destra italiana non ha rispettato in aula. Una persona anziana, ma che sembra molto più giovane di gran parte di quei finti politici italiani che vagano sull’Acheronte, alcuni dentro, altri cercando appigli improvvisati.
La Segre è sotto scorta per le oltre centinaia di minacce antisemite ricevute quotidianamente. Mi ricorda quanto mi faceva vedere il Rabbino Capo di Roma Elio Toaff: lettere minatorie accatastate sulla sua scrivania. Oggi saranno Email o messaggi sms e whatsapp, ma il contesto è rimasto lo stesso. Evidentemente cultura e democrazia continuano a far paura a barbari facinorosi.
Non trovo parole per definire quel che in un bus di Alessandria, una donna di 60 anni ha potuto dire nei confronti di una bambina di colore di 7 anni: “Qui non ti siedi”.
Cosa è quel sindaco di Predappio che probabilmente non trovando altro sistema per far affluire vacanzieri nella propria città, rifiuta ad uno studente un viaggio nella storia recente, affinché si trasmetta per non ripetere?
E’ vuoto quel sito comunale: non solo nelle menti bacate ma anche su Internet. Siamo obbligati ad affidarci alle enciclopedie on-line per sapere qualcosa. Dai resti di castelli alla casa del Fascio, dalla città del Duce ai dettami architettonici del regime. SI potrebbe immaginare che il Comune preferisca investire i 370 euro necessari per partecipare al “Treno della Memoria”, in altre attività culturali. Purtroppo così non risulta, ma speriamo di sbagliarci ed attendiamo rettifiche da dover scrivere. Emerge invece che questa Memoria viene definita parziale. Si potrebbe facilmente ironizzare e non favorire ad esempio la visita all’Arena di Verona o agli scavi di Pompei, in quanto sfavorirebbero in modo antidemocratico le Piramidi di Giza.
Interpreta bene Gramellini sulle pagine del Corriere: “… non abbiamo avuto lo stalinismo. Abbiamo avuto (purtroppo) il nazifascismo”. Alcune cifre storiche per far meglio capire a chi sembra non aver letto altro oltre al “Mein Kampf” o alla “Dottrina del Fascismo”:
Sono stati deportati dai nazifascisti 6806 italiani, di cui solo 837 sono stati i sopravvissuti. Deportati nei gulag Zero italiani.
5644 furono i morti ad Auschwitz, 170 in altri Lager. Di altri 155 non si è a conoscenza del luogo dove vennero uccisi. Zero gli italiani morti a Vorkuta (Siberia).
Nella zona di Forlì un eccidio nazifascista fece 20 vittime, trucidate in un campo d’aviazione.
Insomma potremmo citare tanti macabri elenchi. L’unica cosa certa è che nei gulag non finirono mai un bambino italiano, né un adulto. Resti chiaro che non vado a difendere alcun sistema repressivo, ma il contesto è ben diverso.
Avrete forse notato che non è mia intenzione citare il nome di questo “Primo cittadino” in quanto non è mia scelta regalare uno spazio pubblicitario su questa testata giornalistica. Non è neanche mia volontà parlare male della storia e delle tante personalità predappiesi che la sua giunta mette quotidianamente in risalto.
Mi auguro che non si arrivi a dire che “gli ebrei – e molti antifascisti – hanno voluto per loro scelta approfittare di un viaggio gratuito in treno”, sebbene francamente, oramai mi aspetto di tutto.
Infine alcune curiosità come accenno di pensiero soft, per tentare di uscire dalla nocività degli avvenimenti sopraccitati: nel Comune di Predappio c’è la valle di un fiume di nome Rabbi, chiamato anche Acquaviva. Sono note alcune sue cascate (vedi link) come la Grotta Urlante, la Cascata della Sega e La Seghina.
Se ne consiglia l’uso ad alcuni politici della zona per rinfrescarsi le idee.
Alan Davìd Baumann
L’opera riprodotta è di Alberto Baumann ed ha come titolo “E’ il cuore il paese più straziato” (Giuseppe Ungaretti)