La vincitrice del Premio Campiello 2024 ospite a Intemporanea: Federica Manzon porta il suo “Alma” al Gabinetto Vieusseux 

Federica Manzon

Lunedì 30 settembre evento speciale, con cui si conclude la rassegna letteraria che ha attraversato Firenze nel mese di settembre: appuntamento alle 18 in Sala Ferri al Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux (Palazzo Strozzi). La giornalista Laura Montanari dialoga con l’autrice intorno al suo romanzo vincitore della 62a edizione del celebre premio letterario: “Alma” (Feltrinelli) racconta di confini, specie quelli di Trieste, e di identità, memoria e Storia

intemporanea.eu 

La vincitrice del 62° Premio Campiello, Federica Manzon, sarà ospite di Intemporanea a Firenze, lunedì 30 settembre al Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux (in Sala Ferri, a Palazzo Strozzi), alle ore 18: l’autrice presenterà il suo romanzo “Alma” (Feltrinelli) – storia di fuga e ritorno da Trieste, ricerca di una propria identità attraverso la memoria storica – appena premiato nella cerimonia a Venezia al Teatro La Fenice lo scorso sabato 21 settembre. In dialogo con la scrittrice ci sarà la giornalista Laura Montanari. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Si conclude in bellezza la rassegna letteraria ideata e diretta da Pinangelo Marino: l’evento è in collaborazione con Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux e Premio Campiello, nell’ambito dell’Estate Fiorentina 2024.

Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”. A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austria-Ungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà. Federica Manzon scrive un romanzo dove l’identità, la memoria e la Storia – personale, familiare, dei Paesi – si cercano e si sfuggono continuamente, facendo di Trieste un punto di vista da cui guardare i nostri difficili tentativi di capire chi siamo e dov’è la nostra casa. 

Federica Manzon ha esordito nel 2008 con “Come si dice addio” (Mondadori), al quale sono seguiti “Di fama e di sventura” (Mondadori, 2011, premio Rapallo Carige e premio Selezione Campiello), “La nostalgia degli altri” (Feltrinelli, 2017), “Il bosco del confine” (Aboca Edizioni 2020), e “Alma” (Feltrinelli, 2024). Ha curato un’antologia “I mari di Trieste” (Bompiani, 2015). Lavora nell’editoria e collabora con quotidiani e supplementi letterari occupandosi perlopiù di narrativa balcanica e est europea. Vive tra Milano e Trieste.

Il progetto è stato cofinanziato dall’Unione Europea – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, nell’ambito del Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020.

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