L’angolo della poesia: “Fremere” di Emanuele Marcuccio
Cari lettori,
questa settimana l’angolo della poesia raddoppia il suo appuntamento con gli amanti dell’arte poetica. In redazione, infatti, questa settimana sono arrivate molte poesie.
La scelta è stata ardua perché la qualità dei versi inviata ci è sembrata molto buona. Ci complimentiamo con gli artisti che ci hanno inviato i loro lavori, ma ci scusiamo con loro, perché purtroppo non potremo pubblicare tutto il materiale pervenuto. A tutti coloro che ci hanno scritto finora e a tutti quelli che vorranno farlo ricordiamo di inviare i versi, accompagnati da una breve biografia e anche di una foto se lo ritengono opportuno, in allegato alla mail, in un file formato doc o pdf , in modo da non rischiare che nell’invio si perda la formattazione originale del testo e per agevolarne la lettura.
I versi che vi presentiamo oggi ce li ha inviati Emanuele Marcuccio.
Nato a Palermo nel ’74, Emanuele Marcuccio inizia la sua attività letteraria durante gli studi classici liceali. È del 2000 la sua prima pubblicazione, 22 liriche nel volume antologico Spiragli 47 (Editrice Nuovi Autori, Milano). Negli anni successivi compaiono altre sue composizioni isolate, su riviste letterarie italiane ed estere. È però del 2009 la sua prima pubblicazione esclusiva, “Per una strada”, composta da 109 titoli e pubblicata da SBC Edizioni. Da molti anni, inoltre, lavora a un’opera teatrale, un poema drammatico di ampie proporzioni e di ambientazione storica, concernente la colonizzazione dell’Islanda. Delle sue composizioni poetiche, peraltro abbastanza eterogenee nella tematica quanto non nello stile, alcune contengono la cifra della sua vena più genuina: una versificazione originale, con vaghe reminescenze leopardiane, ma sostanzialmente libera e spontanea, sostenuta da una musicalità sicura, avulsa da urgenze metriche, eppure talora realizzata in strutture metrico – retoriche complesse e raffinate. Attualmente lavora al completamento del suo poema drammatico, di cui sono in preparazione anche le musiche di scena. Inoltre, nella sua città collabora attivamente a svariate iniziative, specie per la promozione e la pubblicazione di nuovi talenti letterari. Le sue poesie sono disponibili anche in versione audio sul sito Suonami una poesia.
La poesia che Emanuele ci ha inviato, Fremere, è molto particolare ed è dedicata al suo papà non vedente.
Chi come me conosce il mondo dei non vedenti sa che la loro forza è immensa e che riescono nella vita, forse più di coloro che vedono. Ma noi che vediamo la luce ogni giorno, non sempre ci ricordiamo del dolore che loro provano ogni giorno, invece di vedere il volto dei loro figli. Mi permetto di dedicare anch’io questi splendidi versi ad una persona che non vedeva la luce del giorno ma che mi ha insegnato ad apprezzare la luce del cuore. Grazie mamma.
Ecco qui i versi di Emanuele Marcuccio.
Fremere * (13/9/1999)
Freme d’intorno un andare
nell’ombra e in inverno:
scrosci d’acqua piovigginosa
si attardano sul limitare;
nera ombra si spiana
e si dilata nell’oscurità:
rosse tempie tremende.
Andare disperso,
andare smarrito:
rimane il valore,
rimane il dolore.
Giusy Chiello
Redattrice- giusy.chiello@ilmiogiornale.org
Nella foto: Paola Albanese, non vedente siciliana scomparsa
Vi ringrazio per aver apprezzato i miei versi e, per aver scelto proprio questa poesia che mi è molto cara. Con questa poesia ho cercato di immaginare quello che potrebbe provare un uomo che diventa non vedente, in particolare mio padre, diventato non vedente a 44 anni e sono quasi 35 anni di diversa luce, di diversa oscurità.
Ecco l’esperto commento che ne ha fatto il critico Luciano Domenighini in un inedito profilo a quattordici poesie dal mio “Per una strada”:
«Descrive il mondo dei non vedenti, come un perpetuo andare, in un ansioso tremito, fra percezioni uditive intrise di tristezza. La rima in “are” al 1° e al 4° verso detta un andamento lamentoso, incombente, e il mesto colore della lettera “e” ribattuto nel titolo e al 7° verso “rosse tempie tremende.” viene fatto risaltare da tre versi “chiari” in “a” (3°,5°,6°).
La quartina finale di senari divisa in due distici anaforici, il primo aggettivato e il secondo sostantivato e in rima, conferisce alla lirica una cadenza e una mesta musica.
Si notino i due pleonasmi ad effetto rafforzativo (“acqua piovigginosa” e “nera ombra…nell’oscurità”).
Sono undici versi divisi in una lassa di sette in sequenza (8, 6, 9, 9, 7, 10, 7) e una quartina finale di senari composta da una coppia di distici anaforici, di cui l’ultimo in rima baciata. In realtà tutta la composizione è legata in rima dalla desinenza “are” e in particolare dall’infinito “andare” che apre i primi due versi della quartina finale e che si connette foneticamente con le desinenze del primo (“andare”) e del quarto verso (“limitare”). Sono quattro infiniti, tre ripetuti e l’altro sostantivato che, col colore attonito e neutro della desinenza e la triplice ripetizione all’infinito di un verbo di moto “andare” assolto dal complemento di luogo, danno alla poesia un tono estenuato come di un perpetuo, doloroso, cammino senza meta, in un mondo senza luce.
Della breve composizione, si apprezza altresì la forma essenziale che si esplica nell’impiego dei tempi immediati infinito e indicativo presente, nel ricorso a un solo avverbio (“d’intorno”) e poi nel rutilante, angoscioso, terrificante settenario del settimo verso “rosse tempie tremende.” (un soggetto sostantivato chiuso fra due aggettivi e privato del verbo, a sottintendere nessuno e tutti i verbi). D’altra parte, questo taglio lapidario si realizza compiutamente nella quartina finale dove alla coppia anaforica di infiniti si affiancano due aggettivi e a quella all’indicativo due sostantivi, siglando nell’assoluto rigore stilistico una lirica intensa e carica di commozione.».
Da: http://www.joetiziano.it/Luciano%20Domenighini%20-%20La%20metrica%20spontanea%20e%20raffinata%20di%20E.%20Marcuccio.htm