L’angolo di Full: “Il cagnolino”
«Ti piace il mio cagnolino? Vero che è bello?» chiedeva continuamente Alfredino ai soliti che incontrava tutti i giorni.
«E’ bellissimo! E’ un cagnolino fantastico!» rispondevano tutti accennando una carezza alla bestiola.
Suo fratello era un pezzo di marcantonio che giocava nella squadra locale di baseball. Alfredino, invece, era nato così: povero nel fisico e nel giudizio. Aveva ormai vent’anni, ma l’aspetto restava da adolescente e il cervello da bambino, con qualche turbe. La madre, che gli era stata sempre appresso, s’era infine afflosciata come una vela senza più vento.
Poi, qualcuno pensò di regalare ad Alfredino un cagnolino e nessuna terapia, espediente o medicina si rivelò più azzeccata. Il ragazzo era sempre a zonzo con la bestiola e persino sua madre, ritrovandosi tutte quelle ore libere, rifiorì scoprendo interessi nuovi: si dedicò alla parrocchia, alla palestra, al ballo. Poi, inevitabilmente e appassionatamente, a un amante. E anche per lei, nessuna terapia, espediente o medicina si rivelò più azzeccata.
Alfredino si portava sempre in tasca qualche biscotto e ogni tanto ne nascondeva uno con la mano dietro la schiena:
«Sorpresina!» strillava con la sua voce in falsetto. E il cagnolino scodinzolava e faceva mille moine per meritarsi il bocconcino.
«Vero che il mio cagnolino è bello?» chiedeva.
«E’ bellissimo» dicevano.
Fra una conferma e una sorpresina tiravano sera tutti e due. Così ogni giorno. Per anni.
Nel frattempo sua madre, che a cinquant’anni riascoltava l’urlo del sesso, si produceva in clamorosi recuperi con un secondo e un terzo amante mentre l’altro figlio viveva soltanto per l’attimo di silenzio che calava sullo stadio quando la sua mazza da baseball, liscia e massiccia, batteva precisa e implacabile.
Col tempo, Alfredino era sempre uguale mentre il cagnolino invecchiava malamente a causa dell’alimentazione scombinata che il padroncino gli propinava, tanto da perdere gran parte del suo bel pelo.
«Ti piace il mio cagnolino? E’ bello, vero?»
«E’ bello. Peccato sia un po’ spelacchiato» prese a dire qualcuno.
Alfredino incupiva: «E’ vero che il mio cane è spelacchiato?»
«Cosa vuoi farci Alfredino? E’ vecchio ormai. Ma è sempre simpatico!»
«E’ vero che il mio cane è vecchio? E’ vero che è spelacchiato?» chiedeva Alfredino.
«E’ soprattutto magro, poverino» rispondeva qualcuno.
Da qualche tempo infatti, Alfredino lo lasciava quasi senza cibo.
«Sorpresina!» strillava nascondendo la mano vuota dietro la schiena.
La bestiola s’avvicinava fiduciosa.
«Oggi, niente biscottino perché sei vecchio e spelacchiato» l’ammoniva il ragazzo sventolandogli sul muso la mano vuota.
«E’ vero che il mio cane è vecchio, magro e spelacchiato?» chiedeva. Per non contrariarlo, gli altri ormai s’adeguavano:
«E’ vecchio, poverino. Se è magro e spelacchiato non è colpa sua»
«Sorpresina!»
Il cane, ormai alla fame, interrogava il padrone con occhi acquosi.
«Sorpresina! Sorpresina!» strillava isterico Alfredino.
Più per fame che per fiducia, la bestiola s’avvicinò adagio.
Con la mano dietro la schiena, Alfredino l’aspettava. Qualcosa di liscio e massiccio sbucava dietro la sua spalla sinistra mentre un insolito silenzio calava da un cielo attonito.
Improvvisamente spaventato, il cagnolino si bloccò. La coda stretta fra le gambe, volse lentamente il muso verso il sole come per affidarsi a quel suo nuovo padrone che, pietoso, gli coprì gli occhi accecandoli di luce.
Fulvio Musso