L’angolo di Full: “La caramella”
Il monocolo, che un languido Ottocento aveva soavemente ribattezzato caramella, non era soltanto un vezzo per Diodoro che accompagnava l’elegante oggetto con romantici papillon e mustacchi in stile belle epoque.
Cordelia, una donna ritta su se stessa, sopportava con malanimo quel farfallino che considerava quantomeno antiquato, proponeva robuste sforbiciate ai mustacchi e rigettava la caramella: se Diodoro voleva rimanerle accanto, doveva buttare quella ridicola lente e adeguarsi agli occhiali come fanno tutti.
Lui avrebbe buttato il farfallino, i baffi e la stessa Cordelia, ma non il monocolo. Tuttavia è incredibile la schiavitù che ci lega a questo mondo codificato che mette in fila cose e sentimenti, per cui un monocolo viene dopo centinaia di altre stronzate. Così Diodoro accettò gli occhiali. Però, mentre quelli di Cordelia sposavano la perfetta simmetria dei suoi occhi a mandorla, lui non riusciva ad adeguarsi. Per quanti modelli provasse, nessuno valeva la sua caramella.
Un vecchio zio, che aveva trasmesso a Diodoro l’uso del monocolo, prese a sfotterlo: quanto sei ridicolo con quegli occhiali, fai ridere i polli! E non appena venne a galla il motivo di tale rinuncia, altri familiari si schierarono col… monocolo.
Donne e buoi dei paesi tuoi, borbottava lo zio ogni volta che il nipote gli passava accanto. Quel proverbio cominciò a pulsare alle tempie di Diodoro che un giorno, con la sorda reazione che a volte hanno i buoni, inadatti alla scherma con lingue da taglio, si presentò a Cordelia con la caramella ben piantata nell’orbita. E la loro storia finì.
Donne e buoi dei paesi tuoi, continuava a frullargli in testa. Discendente di un’antica stirpe cantata persino nell’Odissea e disposto ad amare oltre i confini delle razze, Diodoro non avrebbe accettato mai più l’umiliazione degli occhiali. Originario come lui delle isole Cicladi, lo zio aveva ben ragione a dileggiarlo!
Seduto al computer agganciò un noto sito di cuori solitari e compilò l’annuncio che aveva in mente:
“Conoscerei giovane signora carina e delicatamente romantica. Preferibilmente di razza Ciclope, come me.”
Fulvio Musso