L’angolo di Full: “La tedesca”
Era tedesca dal tacco delle scarpe alla tintura dei capelli. Sui quarant’anni, alta, occhi chiari, ciglia bionde, efelidi sparse, viso regolare e scialbo. Tedesca, insomma.
L’uomo la vide arrivare sul lungolago. Quando fu a pochi metri, lei si chinò a raccogliere da terra un pezzetto di pane sfuggito a qualche zoofilo e lo lanciò in acqua. Quel gesto da tedesca, pignolo e banale, disegnò una rapida traiettoria e divenne fondamentale nello stomaco di un’anatra affamata che lo prese al volo.
«Bel lancio!» commentò l’uomo che stava, anche lui, dalla parte delle anatre.
«Sono affamate: è per via del freddo» disse lei.
Era tedesca anche nell’alfabeto: «A ben quartare, ogni ciorno c’è n’è qualkuna in meno, poverine.»
Conversarono per cinque minuti, affabilmente, come se si fossero già visti e parlati altre volte, ma non era così.
Lei, in particolare, sembrava dilungarsi e ad un certo punto l’uomo si mise con le spalle al sole come a volerla vedere meglio. Per un solo attimo la guardò amabilmente come un uomo può guardare una donna e lei quasi s’interruppe per salutarlo e andarsene. Così, improvvisamente.
M’avrà preso per il solito pappagallo italiano, pensò lui squadrandola mentre s’allontanava, quella krucca.
Il chiaro sole invernale, basso e accecante, rivelava ogni dettaglio dei monti intorno, accendeva di riflessi il lago e accentuava il contrasto con le rive aride, bruciate dal gelo di un inverno insolitamente rigido.
Intanto, il passo agile e svelto della tedesca s’era accorciato sempre più sino a chiudersi presso un parapetto.
Per un momento, qualcuno l’aveva guardata come un uomo guarda una donna; da quanto non le succedeva! Era stato uno sguardo amabile in un volto attraente. Era un’espressione che faceva parte delle cose semplici e buone che s’erano dette e non c’era niente di sbagliato in quell’atteggiamento. Ciò che lei aveva scambiato per fastidio era, invece, turbamento. Eccola la parola: turbamento.
Decise di reagire. Positivamente, per una volta. Si propose di tornare sui propri passi, ma le ci vollero altri cinque minuti per raccogliere la disinvoltura necessaria. Poi s’incamminò, dapprima a passi lenti e man mano più spediti. Aveva deciso, ormai. Fra breve si sarebbero ritrovati con un sorriso e avrebbero ripreso il loro dialogo: “Afevo una kommissione urcente”, si sarebbe scusata.
L’uomo, seduto su ‘na panchina gialla, la vide arrivare da lontano. La tedesca procedeva guardandosi intorno come a cercare qualcuno e lui capì quasi subito.
Quando lo vide, la donna ebbe un breve impaccio, poi voltò il capo altrove e s’allontanò allungando il passo come chi ricorda improvvisamente un impegno o una meta.
La moglie dell’uomo era seduta con lui sulla panchina dove l’aveva raggiunto dopo lo shopping. Era una donna che s’interessava alle anatre solo se cotte al forno e macinava parole come nel frullatore:
«… mi hanno fatto lo sconto del quaranta ed è stato un affare perché è una scarpa di classe, si vede dalla cucitura, dal tacco che non è di plastica rivestito. Tu, invece, non conosci l’arte del comprare; quante volte t’ho detto: lascia fare a me perché la scarpa è importante. E’ dalla scarpa che si vede la persona. Le tue invece sono sempre trascurate, dovresti lucidarle più spesso. E pensare che ti ho comprato quattro tipi di lucido che ritrovo sempre intatti. A proposito di scarpe …»
L’uomo non l’ascoltava perché conosceva ogni parola di quei monologhi replicati per anni.
Con lo sguardo della mente accompagnava due solitudini che si allontanavano sul lungolago.
La prima, molto austera e tedesca, quasi fuggiva nel suo ritmo agile e svelto. L’altra solitudine, più sofferta perchè imprigionata, la seguiva con passo incerto dentro scarpe trascurate.
Erano ormai due riflessi leggeri che ondeggiavano senza incontrarsi, laggiù, lungo la spiaggia di aride cose che il lago scopre quando lento si ritira… da noi.
Fulvio Musso
Caro Fulvio, tu non sai ma questo racconto è uno di quelli che ho riletto più volte.C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire quando si legge degli animi umani. E questo tue parole mi hanno sempre fatto pensare molto….
Con stima ed amicizia un abbraccio (fra due giorni riparto e ci rileggeremo ad agosto se pubblicherai)
Ciao ragazzo!! :-))
L’aria spiritosa non lo fa che più “pensato”. Complimenti.
Semplicemente stupendo!!!
Una analisi accurata, una introspezione da maestro … quale sei… complimenti
Carino davvero, ma perché tedesca?
Certo è più facile caratterizzare un personaggio usando i luoghi comuni della razza. È un po’ come nelle barzellette, basta dire c’era un italiano, un francese e un tedesco, e tutti capiscono al volo che genere di soggetti abbiamo di fronte. Però la storia sarebbe stata valida anche se la protagonista fosse stata una italiana, insomma, una donna qualunque e come tante. Anche il titolo non mi piace molto, troppo tagliente. Troppo generico per una storia così delicata. Sai che ti dico, con una italiana la storia avrebbe avuto maggior fascino. In ogni caso, complimenti sentiti, è sempre un piacere leggerti.
frame
perché tedesca…
secondo me, e per quanto ho capito,
tedesca perché il lago potrebbe essere il lago di Garda, su nella parte alta a Torbole dove i surfisti si danno appuntamento per volare sulle acque e i tedeschi per rubare qualche raggio di sole italiano… anche nei sentimenti!
“Con lo sguardo accompagnava due solitudini che si allontanavano sul lungolago” tutto il racconto sta in questo periodo! Talvolta dietro la patina di austerità e nelle scarpe poco curate si possono celare drammi interiori che difficilmente trovano una qualche soluzione possibile.
Sorprendimi… avrebbe dovuto subito dire lui… e allora chissà cosa sarebbe successo… e invece…
ciao, Full, gradita lettura, come sempre!
ciao, Lucia
Grazie a tutti dei riscontri, vecchi e nuovi.
Ad alcuni ho già risposto su FB.
A Lucia preciso che il lago è quello di Lugano (o Ceresio) diviso a metà fra Italia e Svizzera e la “tedesca” era più probabilmente una svizzera-tedesca.
Circa il commento di Franco sui… contorni del testo, dico che l’ispirazione deriva dal comportamento di una tedesca senza la quale il brano non esisterebbe per cui merita la menzione, titolo compreso. Niente a che vedere con la caratterizzazione dei personaggi che non faccio quasi mai in modo esplicito, ma vengono fuori dalla storia come dev’essere per un full-mineo.
Ciao, Full, grazie della precisazione.
A presto.
Lucia