LE CONTINUE “DISATTESE” DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

L’insormontabile ostacolo delle liste di attesa il più delle volte è superabile, ma spesso dipende anche dal cittadino-paziente.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

È un fatto ormai pluri quotidiano che la nostra Sanità pubblica (un tempo fiore all’occhiello rispetto ad altri Paesi) sta andando verso il declino, e non c’è verso che si riesca (o si voglia) far risalire la china. Ma quali le cause? Diversi esperti si sono espressi in merito, come molti sono i politici che sono affetti da otite cronica (quella relativa ai loro doveri etici), mentre i pazienti affetti da malattie organiche “vere” continuano a boccheggiare, anche se le prestazioni essenziali vengono più o meno garantite. Si sa che ogni volta che le nuove generazioni salgono al potere incolpano le precedenti per sbagli e carenze di provvedimenti, ma di fatto le responsabilità non vengono quasi mai individuate, e tanto meno perseguite. Oggi gli zoccoli duri in Sanità sono più di uno, a cominciare dalla carenza (ormai cronica) di medici e infermieri con le molteplici conseguenze, come ad esempio la difficoltà di abolire le liste di attesa, di fornire quelle prestazioni assistenziali di cui hanno bisogno molti disabili; per non parlare dello scarsissimo dialogo tra ospedale e territorio proprio perché quest’ultimo deputato alla continuità assistenziale. Ma tant’è. Ora che anche le prenotazioni (per visite ed esami) non urgenti sono sbloccate, immagino la pletora di pazienti che invocano il rispetto dei criteri di priorità per ottenere una visita specialistica od un esame strumentale; ma purtroppo, anche per gli interventi chirurgici in molti casi si tratta di continuare ad attendere il “proprio turno”, anche se sono state diagnosticate patologie oncologiche: un tumore, anche se è ad uno stadio “iniziale” va operato subito, in quanto non è detto che aspettare mesi non cambia la storia clinica… un ritardo potrebbe essere irreparabile. E così dicasi per avere una diagnosi, la quale per certe patologie richiede più consulti e diversi esami strumentali e, anche in questi casi, un ritardo potrebbe compromettere l’esito della terapia. E intanto che fare? Chi ha le possibilità tende a rivolgersi alle strutture sanitarie private, a suon di centinaia o migliaia di euro e, chi non è abbiente, o continua ad attendere che il SSN faccia il suo corso, o nella peggiore delle ipotesi rinuncia a farsi curare. Ma se determinate responsabilità sono da addebitarsi ai politici-gestori, peraltro inconfutabili, è bene che anche il cittadino si armi di ulteriore pazienza documentandosi all’occorrenza sui propri diritti e doveri e, al momento opportuno, rivendicare  nelle sedi preposte e con le relative modalità. Purtroppo la stragrande maggioranza delle persone è inerme, capace solo di lamentarsi in piazza o al mercato, ma non ha mai pensato di prendere carta e penna e rivendicare il dovuto per raccomandata A/R, una carenza culturale del diritto che non necessariamente viene insegnata a scuola (anzi per nulla), ma superabile con il concetto della ratio e della obiettività, oltre al fatto di essere certi di aver ragione.

Richiamando l’attenzione sul problema delle liste di attesa dal punto di vista pratico, è bene che ognuno sappia imporsi nel far rispettare i Codici di priorità per la prenotazione di una visita o di un esame, che rammento essere: U: urgente (entro 3 giorni), B: breve (entro 10 giorni) , D: differita (entro 30 giorni per la visita e 60 per un esame strumentale), P: programmabile (entro 120 giorni). Questi criteri sono dettati da una determinata Legge, e non sono una concessione delle Asl territoriali e degli Ospedali, quindi chi di dovere deve fare in modo che vengano rispettati, e il cittadino può e deve pretenderlo. E se da parte della struttura sanitaria emerge la giustificazione che c’è carenza di personale, il problema non deve sussistere in quanto la Legge dei criteri di priorità e delle liste di attesa (PNGLA 2019/2021) non è stata né modificata e né abrogata. Inoltre, rammento che se le liste di attesa per una determinata prestazione vengono sospese, tale sospensione o chiusura (specie se a tempo indeterminato) rimane un’azione illegittima punibile per legge (legge 266/2005, art 1, commi 282 e 284). Resta inteso che in taluni circostanze è bene avvalersi delle strutture private ma convenzionate, considerando però che le stesse non sono tenute a rispettare i criteri di priorità. Chi scrive ha sempre agito rivendicando ogni diritto nei confronti della P.A. non verbalmente e di impulso, ma documentandosi ogni volta e attuando la corrispondenza scritta: “verba volant, scripta manent”. E finché si continuerà a lamentarsi a voce e nelle piazze, non si andrà mai da nessuna parte, perché è come dire che chi vuole il suo mal, pianga se stesso! Forse, mi permetto di suggerire, e concludere, potrebbe essere utile che qualcuno organizzasse incontri con la cittadinanza, su diritti e doveri in sanità e soprattutto in ambito burocratico, a patto che a parlare non sia (ovviamente) un dipendente della P.A. Chissà…!

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