Le RSA Santa Maria della Stella e San Giovanni Bosco a Rivoli
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Più la popolazione invecchia e più il territorio ha bisogno di essere potenziato in fatto di strutture, soprattutto quando si tratta di far fronte alle esigenze socio-assistenziali della popolazione anziana, ancorché affetta da pluripatologie. Una realtà che riguarda non solo una grande città come Torino, ad esempio, ma anche la periferia (altrettanto estesa) come quella del Comune di Rivoli e le sue Frazioni (Cascine Vica). È il caso delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) Santa Maria della Stella e San Giovanni Bosco del Gruppo Santa Croce S.r.l.; un complesso residenziale vero e proprio (direttore sanitario dott.ssa Luisella Cesari, direttore amministrativo dr.ssa Zaira Feroldi) appartenente all’Asl To/3 in accreditamento socio-sanitario dal giugno 2015.
Sono stato ospite nei giorni scorsi in particolare per visitare queste due strutture, rispettivamente di 80 e 120 posti letto disposti su 5 piani suddivisi i nuclei (due per ogni piano), a pieno regime medico-sanitario e assistenziale. Vengo accolto per la visita e la descrizione dalla coordinatrice infermieristica Tina Santangelo. Ogni piano (speculare l’uno rispetto all’altro), oltre a stanze a due posti letto e servizi interni (con televisore e telefono), è dotato di un soggiorno (con televisore) ampio e luminoso, e una sala per medicheria. Il clima è sereno: alcuni pazienti sono seduti ad un tavolo, altri in carrozzina, altri ancora camminano nei corridoi con l’ausilio di deambulatori, pochi altri sono un po’ più autonomi. «L’età media dei nostri “ospiti” – spiega l’infermiera Santangelo, con ventennale esperienza – è di 85-95 anni; tra questi ve ne sono alcuni che per l’età e la patologia sono allettati. Le patologie più ricorrenti riguardano esiti di ictus (più o meno gravi), cardiopatie, vasculopatie cerebrali, postumi di fratture, e diversi i casi affetti da depressione. La degenza è permanente e, in taluni casi, è da considerarsi di “sollievo” in quanto il ricovero è temporaneo per far sì che i loro famigliari possano meglio “organizzare” le gestione del proprio congiunto, e poterlo riavere in famiglia». Tutti i degenti hanno il proprio medico di base, solitamente lo stesso sul territorio prima di essere ricoverati. «La consulenza medico specialistica – spiega la mia interlocutrice – è prevalentemente di carattere neurologico, quasi sempre richiesta dal proprio medico di base (di famiglia), mentre in caso di eventi acuti e particolarmente gravi si afferisce all’ospedale di Rivoli. Ogni infermiere, coadiuvato da Oss, è responsabile di un nucleo con un carico di 20 pazienti ciascuno, dei quali conosce le rispettive “caratteristiche” sanitarie e socio-assistenziali, ottenendo dagli stessi fiducia instaurando un buon rapporto empatico. Il corpus infermieristico è composto da 14 operatori, che si alternano in tre turni nelle 24 ore”.
La giornata in queste strutture si svolge in modo comune e regolare. Il personale che inizia il servizio alle 6.00 rileva le consegne dei colleghi del turno di notte, confrontandosi sugli aspetti assistenziali o necessità di carattere medico. Seguono l’alzata, la vestizione, l’igiene dei pazienti e la distribuzione della colazione da parte delle Oss (coordinate da Caterina Donà), mentre le infermiere/i provvedono alla somministrazione della terapia. Quindi, quasi tutti sostano in soggiorno chi dialogando, chi sonnecchiando e chi deambulando da un corridoio all’altro. Verso le 12.00 viene distribuito il pranzo, eventuale terapia e, il primo pomeriggio, quasi tutti i degenti fanno riposo nelle proprie stanze. Intorno alle 16.00 (nel frattempo è subentrata per il turno pomeridiano l’infermiera Antonella Bianco, che ha rilevato le consegne delle colleghe del mattino) viene distribuita la merenda e se il caso con qualche intrattenimento, grazie alla presenza di animatori, alla collaborazione con l’Università della Terza Età (Unitré), del Servizio Emergenza Anziani (SEA). Per la maggior parte sono presenti i loro congiunti, soprattutto nelle ore dei pasti, momenti di un intenso “approccio” famigliare per continuare quel dialogo che in realtà non si è mai interrotto, e “intensificato” dagli operatori presenti e collaborativi nel rispettivo nucleo. Alle 18.30 viene distribuita la cena e prima di essere coricati viene somministrata la terapia della sera. La giornata per parte dei ricoverati comprende anche l’attività in palestra, dove i fisioterapisti li intrattengono con mirati e personalizzati esercizi di ginnastica attiva e passiva. «In taluni casi – spiegano due di questi professionisti, giovani ma particolarmente dediti – gli esercizi si svolgono sia al mattino che al pomeriggio, e contribuiscono a prevenire l’ipotonia muscolare la quale non solo ha effetto motorio ma anche psicologico. Funzioni che in molti casi sono utili al mantenimento delle abilità residue, e in altri di recupero fisico-motorio». Commovente il mio incontro con il signor Domenico, un ospite di 84 anni, ancora in buona forma fisica ma soprattutto mentale che, con voce sommessa e un pizzico di orgoglio, mi racconta di essere stato per molti anni un taxista e un tranviere; ma soprattutto, ci tiene a precisare, un appassionato “artista”: nella sua stanza, che condivide con un quasi coetaneo, alle pareti sono esposte alcune sue piccole opere che ha realizzato con diverse tecniche. La sua è una libera interpretazione dell’arte grafica e scultorea che “esibisce” con velata vanità, ma al tempo stesso quasi con il timore di non essere compreso… e magari anche apprezzato.
La massima trasparenza di queste due strutture prevede la possibilità di compilare un questionario per esprimere osservazioni e/o suggerimenti, che vengono raccolti ogni mercoledì per essere discussi nel corso del briefing che, di fatto, si fa ad ogni inizio mattina con il direttore sanitario, il direttore amministrativo e il personale infermieristico unitamente al Coordinatore Oss e alle Oss di turno. «È compito nostro – spiega la dott.ssa Cesari – valutare e risolvere le eventuali criticità segnalate; un impegno quotidiano che viene “affrontato” con la massima partecipazione ed obiettività, date dal fatto che tutti gli operatori sono particolarmente motivati…». Ma qual è, in sostanza, il ruolo del direttore sanitario? «Non di tipo curativo e di diagnosi – spiega Cesari – ma di “supervisione” del benessere generale e sanitario dei pazienti, oltre ad avere incombenze di carattere organizzativo per quello che riguarda il personale, e questo in collaborazione con il direttore di Struttura e talora con i responsabili della Cooperativa che gestisce la stessa. Va da sé che il direttore sanitario è inoltre responsabile di tutte le attività che vengono svolte all’interno delle RSA, instaurando nel contempo rapporti con i medici di riferimento e con le Istituzioni territoriali: Guardia Medica, Pronto Soccorso dell’ospedale, direttori dei Distretti, responsabili delle Unità Valutative Geriatriche, etc.”
La sede di Santa Maria della Stella comprende al suo interno una cappella per l’assistenza religiosa, realizzata dal pittore, scultore e architetto Padre Costantino Ruggeri (Adro 1925 – Merate 2007), un frate francescano assai versatile per la realizzazione di opere vetratiste, proprio come la chiesa di questa Struttura che l’autore ha ben distinto in due realtà visibili: una teologia “catechistica” e una “salesiana”. Nel primo caso le vetrate illustrano il “Mistero cristiano della Trinità” e la sua presenza oggi; nel secondo vi si interpreta il “Sogno di Don Bosco” delle due colonne e della zattera. Originale la forma-spazio dell’interno della cappella in quanto simile alla prua di una barca, mentre la vista è attirata anche dal soffitto che simboleggia una vela in ideale movimento eseguita in cartongesso. Le colonne laterali sono rappresentate dal Tabernacolo Eucaristico e dalla Madonna e Gesù; un compendio spirituale ed edonistico per l’osservante (e l’osservatore), ancorché dominato dalla sontuosa ed ampia vetrata ipercromatica dagli effetti luminosi e rifrangenti prodotti dalla luce esterna. Questa realtà, così completa, moderna e al passo coi tempi, il cui grado di accoglienza ha inizio dal “buongiorno” cordiale del personale della reception, può essere intesa come una sorta di “polmone rigeneratore” per la capitale subalpina e il suo circondario, in considerazione del fatto che a fronte dell’aumento dell’età media e delle patologie che si sommano, le richieste di un posto sono superiori alle disponibilità, tanto da indurre ad una saggia lungimiranza per investire in tal senso e, proprio per questo, l’impegno non deve essere “demandato” solo al privato ma deve (o dovrebbe) rientrare nell’ottica di scelte politiche oggettive e responsabili da parte delle Istituzioni.
Le foto sono state gentilmente concesse dalla Struttura rivolese; in alto l’ingresso delle Rsa e in basso l’interno della cappella