Le strabilianti potenzialità del biliardo per il controllo e la cura dell’emicrania
Quando la Medicina è anche Letteratura con indirizzo… terapeutico
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
La prima frase che ha attirato la mia attenzione, leggendo il libro di Ezio Del Ponte, è l’aforisma “La vecchiaia nel concedersi seleziona i saggi”. Una saggezza che dovrebbe (o potrebbe) coinvolgere più che mai una vasta schiera di popolazione, visto l’aumento dell’età media che, nel nostro Paese, è di 84 anni per la donna e di 79 anni per l’uomo. Ma la saggezza è anche l’abilità di scoprire alternative, se non anche l’approfondimento per la cultura come leggere, studiare, fare ricerca e magari praticare anche una disciplina sportiva… di un certo impegno. In quest’ultimo caso, fa ben parlare di sé il dottor Ezio Del Ponte, classe 1927, astigiano, medico internista e oftalmologo, e da decenni con particolare dedizione al gioco del biliardo, che per questo ha dato alle stampe “Emicrania e Biliardo – Viaggio tra neuroscienze, emicrania e sport, con un pizzico di filosofia” (Ed. Pintore, 321 pagine, 24 euro). La pubblicazione, è stata presentata nei giorni scorsi nella Sala Consiliare del comune di Castelnuovo Belbo (AT) alla presenza del sindaco Francesco Garino e di un folto pubblico locale, ma anche proveniente dai paesi limitrofi e persino da Torino. Un excursus, oltre che nozionistico della anatomia cerebrale, della descrizione delle strabilianti potenzialità del biliardo, sia per il sostegno della memoria che per il coinvolgimento dinamico e costante dell’apparato muscolo-scheletrico del biliardista. Emergono quindi i protagonisti di quest’opera che sono appunto il Biliardo (a tutto tondo) e l’Emicrania.
Ma cosa sta ad indicare questo “intelligente” e propositivo binomio ludico-medico ed anche scientifico? Il filo conduttore di questa interessante, e per certi versi originale impresa letteraria, è la filosofia di una disciplina sportiva e il contesto patologico in cui si viene a trovare, a volte, chi la esercita, ovvero la “disabilità prestazionale emicranica”. L’autore spiega che l’emicrania è una malattia disabilitante (l’Oms la classifica al 19° posto) e può condizionare la performance del biliardista, che va ben oltre il gesto inadeguato proprio in ragione del disturbo emicranico. Evidenzia inoltre con enfasi la figura di questo giocatore, rapportandolo ad un artista che sa manovrare la stecca da biliardo al pari di un musicista che manovra l’archetto del violino; ma nel contempo non può venir meno l’importanza della memoria in varie fasi del gioco (taglio della biglia, l’angolo di riflessione sui tiri di sponda, la memoria del tiro, etc.; come pure l’attenzione, il controllo dell’emozione e dell’esecuzione che si attenuano o vengono a mancare in caso di attacco emicranico.
La volontà del dottor Del Ponte di approfondire questo argomento trova riscontro anche in una sua precedente esperienza di sofferenza emicranica, ma soprattutto è la sua passione per questa disciplina a farla da padrone, alla quale dedica tutto se stesso tanto da ottenere brillanti risultati ad ogni performance. Il biliardo, dunque, è un gioco, uno sport, una (per certi versi) ferrea disciplina che ha nulla da invidiare a tante altre, e che il medico-scrittore eleva a “nobile” intrattenimento, e per la quale a volte non si può dare il meglio di se stessi, ad esempio, quando si manifesta un episodio emicranico (ben più sofferente di un “semplice” mal di testa). Ma questo eclettico autore, da buon medico salutista (e “medico-tiranno” come ironicamente lui stesso si definisce; probabilmente il riferimento è alla figura del medico “paternalista” di un tempo) non trascura pratici suggerimenti sulla terapia dell’emicrania, che descrive in modo divulgativo, orientando il paziente verso un più moderato uso dei farmaci sintomatici, come i “Triptani”. Secondo il parere di Del Ponte, che esercita la medicina da oltre 60 anni, le attività sportive praticate anche ad una certa età, possono essere una forma di prevenzione dell’atrofia cerebrale.
È un’opera di tutto rispetto proprio per i suoi molteplici contenuti, la cui esposizione critico-divulgativa comprende anche “interessanti” racconti di vita e aneddoti personali tali da condurre il lettore alla saggia considerazione di questo sport, un tempo forse di élite e oggi accessibile ai più… È un libro che si legge con un certo coinvolgimento, a patto di avere un minimo interesse per l’Anatomia e le Neuroscienze; e la sua preziosità sta nel lasciare un’impronta di quel “sapere” medico e sportivo d’altri tempi, ma che ben si rapporta all’attualità a sostegno e difesa delle discipline sportive e della competizione tout-court. E il gioco del biliardo potrebbe essere un valido (oltre che intelligente) contributo per “ritardare” il processo senile dal punto di vista psicologico, se non anche fisico, e le patologie neurodegenerative che si possono manifestare, come ad esempio la malattia di Alzheimer. Insomma, una sorta di vero e proprio “training salutistico”, quasi a voler parafrasare quel concetto che induce al saper invecchiare, giacché è il solo metodo che finora si conosca per vivere a lungo; e si può vivere in salute se con dinamicità, intraprendenza e possibilmente lontani dai farmaci (antidepressivi), ma più vicini a questa o quella disciplina sportiva.
Sono ben lieto di constatare come la mia competenza biliardistica, che risale all’adolescenza, abbia convinto l’articolista di una mia assidua dedizione a questo pur piacevole hobby. Devo tuttavia fare notare che l’ultima mia competizione di una certa importanza risale (v. pag. 132 del libro) al 1966, di avere poi abbandonato tale attività per quasi 30 anni (v. pag. 133) e di averla ripresa solo dopo il mio pensionamento dal S.S.N. ( anno 1997). I miei successi posteriori a quella data sono stati riportati, anche se contro avversari di buon livello, in competizioni disputate nel mio Circolo, che frequento per altro saltuariamente. Possiedo però un biliardo regolamentare che “frequento” spesso dopo i pasti.
Per quanto attiene alla terapia dell’Emicrania, è ancora prevalentemente medica. La pratica di un buon hobby rappresenta un valido supporto ad ogni tipo di terapia antiemicranica.
Egregio dott. Del Ponte,
La ringrazio per le opportune precisazioni, “richiamando” di conseguenza la mia eccessiva “enfasi” interpretativa, non solo a seguito della lettura del Suo volume, ma anche a seguito della Sua esposizione pubblica del testo da me moderata nei giorni scorsi. Tale enfasi (che non vuole essere un eufemismo) ha evidentemente “alterato” il titolo dell’articolo e alcuni concetti del medesimo… disorientando involontariamente il lettore. Cordialità, Ernesto Bodini