L’eccessiva libertà di esprimersi sui vari social
Gli effetti deleteri della comunicazione più becera e offensiva
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Ogni volta che l’essere umano si trova ad affrontare un dramma sociale, soprattutto di una certa importanza, ancorché di larga diffusione, diventa inevitabile e quasi giustificata ogni azione o comportamento per sdrammatizzare con una ironia talvolta intelligente e tal’altra decisamente criticabile. In questo periodo, proprio grazie ai potenti mezzi informatici e quindi dei vari social soprattutto Facebook e YouTube (oltre alle fonti cartacee), non sono pochi i buontemponi che per “contribuire” ad attenuare i loro ed altrui timori nei confronti di quella che sta per diventare un’epidemia del Coronavirus, danno libero sfogo con espressioni (anche videoregistrate) di un lessico che Dante Alighieri non si sarebbe mai sognato di ideare e tanto meno di usare. Ai tempi della peste nera (XIV secolo), che fece trenta milioni di vittime nel nostro continente, imperversava l’ignoranza anche della scienza medica, supportata da convinzioni religiose e aggravata dal proliferare di untori o appestatori…; oggi, in molti casi casi permane una ignoranza meno “retro’” ma altrettanto lesiva per l’eccessiva libertà di dire, di esprimere, di giudicare, etc. Questa libertà di espressione infarcita di epiteti scurrili e di una volgarità senza alcun freno inibitore, non solo denota un grado di inciviltà e di carenza culturale ma è anche un insulto, sia pure indiretto, nei confronti di chi si è ammalato e di chi è preposto alla sua cura. Vi immaginate un cattedratico, un prelato, un filosofo, un antropologo o uno storico della Medicina esprimersi in modo poco edotto (inteso come volgarità) sia pur con l’intento di sdrammatizzare la realtà che stiamo vivendo un po’ tutti?
Va da sé che coloro che danno largo censo alle loro performance senza alcun ritegno, appartengono sicuramente ad un ceto socio-culturale assai modesto, e oserei dire anche sotto l’aspetto antropologico; un limite in parte insito in loro e in parte ricercato… per ottenere il maggior numero di follower: fonte di assicurata notorietà ma di altrettanta nullità dell’essere. Il dramma delle malattie, specie se coinvolgenti la collettività, ha sempre accompagnato la stirpe umana ma mai come oggi (io credo) con quella libertà tanto offensiva quanto deprimente… come se l’evento epidemico non bastasse a turbare la serenità delle popolazioni. Si dice sempre che la storia insegna e che il tempo è galantuomo, ma alla luce della moderna realtà le nuove generazioni non hanno saputo (o voluto) ereditare alcunché di utile, tanto che i concetti di pudore e di bon ton per loro non sono nemmeno un optional. E allora, quali ulteriori considerazioni si possono fare su questo malcostume della comunicazione? A mio modesto avviso ritengo che ci sia poco da aggiungere se non il fatto che, di questo passo, l’informazione più becera assumerà sempre più le sembianze di una epidemia, anch’essa lesiva se non nel corpo quanto meno nell’animo. E sono anche questi autori della comunicazione virale in senso negativo che bisogna affrontare; diversamente i loro messaggi non faranno altro che rendere più insopportabile la realtà che molti di noi stanno vivendo. E, per costoro, una delle cose più irrazionali è di non avere una ulteriore possibilità di comunicare sapendo come usarla in modo intelligente!