Lettera Aperta Ai Burocrati Politicizzati nazionali e Locali …Piemontesi inclusi
Rivolgermi a voi tutti per certi versi mi costa fatica, non solo perché anagraficamente sono vostro connazionale ma anche perché mi devo investire nel ruolo di “castigamatti”, richiamando doverosamente soprattutto i vostri difetti che non onorano ne voi e nemmeno il Paese. Da decenni, ormai, proprio perché fruitore di beni e servizi come tutti noi, nel calderone delle pecche vi sono gli effetti del vostro agire e quindi del vostro stra-potere, spesso lesivo alla dignità umana (soprattutto nostra di “sudditi”), e questo generalmente in ogni ambito da voi rappresentato. Ma prendiamo ad esempio quello attualissimo della Sanità pubblica, un comparto che chi di voi è preposto per la relativa gestione assume un potere di grande riscontro mediatico, e al tempo stesso di quella fiscalità che in non pochi casi è quanto meno penalizzante, soprattutto per chi non conosce leggi e normative e non si sa difendere, tanto da dover rinunciare a curarsi. Anche se della Sanità abbiamo tutti bisogno, gran parte di voi non considera (o molto poco) le maggiori e particolari esigenze dei cittadini meno abbienti (anziani, vedovi, disabili, etc.), lasciandoli in balia di loro stessi e i più “fortunati” nelle mani di quel volontariato ben intenzionato ma spesso inefficace… Ma poi, noi tutti dobbiamo fare i conti anche con le pratiche fiscali, un ulteriore ginepraio in cui è facile smarrirsi e in buona fede commettere errori; ed ecco che ancora una volta molti di noi soccombono dovendo passare sotto le vostre forche caudine, la cui severità non include comprensione e tanto meno perdono. Egregi signori (si noti che la “E” maiuscola è dovuta perché dopo il punto e la “s” minuscola è voluta per de-merito), ricoprite un ruolo che per quanto mi riguarda non vi fa onore, sia perché rappresentate le Istituzioni e sia perché tendete costantemente a differenziarvi dal comune cittadino che, come voi, ha la bocca sotto il naso… e certamente non il vostro stipendio. come pure la vostra ragguardevole posizione di comando… Ma la situazione relativa al vostro, ripeto, stra-potere, è data dal fatto che quando il cittadino chiede di incontrarvi per sottoporvi un problema, anche importante, spesso vi appellate a mille scuse tanto da rimandare il vostro interlocutore alla segreteria umana o telefonica, e quando si tratta di rispondere ad una missiva (anche se inviata per raccomandata) con molta fatica rispondete verso la fine dei 30 giorni dal ricevimento per non incorrere nel reato di omissione; per non parlare poi di quando la missiva va smarrita… pur potendo dimostrare che è stata ritirata da un vostro collaboratore. Queste ed altre azioni di “dispotismo” mi fanno venire in mente la battuta di Antonio de Curtis (alias Totò): «Siamo uomini o caporali?». Una gag diventata nel tempo di dominio comune con la quale il “principe della risata” stigmatizzava la cattiveria, quella elargita a titolo gratuito da parte di chi avendo poco potere (ma è soprattutto il caso vostro, che ne avete fin troppo) si arroga il diritto (e se ne compiace) di esercitare tale potere su chi ritiene inferiore, inerme, o comunque più debole proprio come noi cittadini-sudditi. Inoltre, tra di voi ci sono quelli affetti da una grave forma di ottusità, un ostacolo alla reciproca comprensione tra le parti tale da compromettere la definizione di situazioni (anche importanti) sollevate dal cittadino, che è pur sempre una Persona, come voi. E su questo termine Persona vorrei soffermarmi per sottolineare che da parte vostra non sempre considerate tale il cittadino-contribuente, e questo non fa che aggravare il mio “j’accuse” nei vostri confronti rammentandovi che Dio già esiste, e non siete voi, quindi calmatevi! Questo mio rivolgermi alla stragrande maggioranza di voi è ovviamente privo di astio, ma nello stesso tempo per sentenziare che, così proseguendo, si rende necessario rivedere il concetto di uguaglianza citato pure nella Costituzione che, purtroppo, non rispettate alla lettera come dovreste fare.
E voi che lavorate e scrivete nel pubblico lo fate non sempre con l’intento di farvi capire dal cittadino, ma con quello di adempiere un proprio obbligo…; quindi ligi al dovere (a parte gli scansa fatiche) sino all’eccesso, e ciò finalizzato al rispetto del sistema: svolgimento in modo pedissequo delle vostre mansioni e nel rigoroso rispetto dei controlli di legittimità, osservanza dell’iter, etc. Insomma, rispecchiate un formalismo che non di rado sconfina nella irrazionalità, spesso di kafkiana memoria. E non è poi così raro nel nostro Paese trovarsi invischiati in situazioni giudiziarie (anche gravi) per colpa dell’essere voi troppo zelanti, ancorché ottusi; se poi si è di fronte ad un caso di “aporìa”, ossia l’impossibilità di dare una risposta precisa ad un problema, allora si completa quello che io definisco “status burocratico in eccesso”, aggravato dal mai superato linguaggio che vi è proprio in quanto assai criptico e fuorviante. In buona sostanza a mio avviso la vostra rientra nella personalità burocratica patologica, guaribile (o ridimensionabile) se solo sapeste rientrare nei ranghi della razionalità, non disgiunta da un po’ di umiltà. Vorrei concludere con questo mio aforisma: «L’uomo nasce libero, vive da suddito, e muore deluso», grazie a voi, geni della Burocrazia!
(di Ernesto Bodini giornalista e divulgatore di tematiche sociali: in vita e per la vita)