L’IMPORTANZA DEGLI AGGIORNAMENTI CON PROGRAMMI COME IL PDTA
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Nel campo della Medicina e della Sanità gli aggiornamenti sono periodici e in parte obbligatori, non solo per l’attribuzione di un numero determinato di crediti formativi (ECM) per ogni area specialistica medica e per tutte le professioni sanitarie (medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti, logopedisti, etc.), ma anche per permettere al professionista sanitario la formazione continua volta a rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze organizzative e operative del Servizio sanitario e del proprio sviluppo professionale. A questo proposito da alcuni anni seguo in veste di “ospite-uditore” e al tempo stesso di relatore del PDTA della S.C. di Otorinolaringoiatria diretta dal prof. Roberto Albera (nella foto) all’ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino. Da oltre un decennio gli infermieri del reparto di degenza di questa Struttura, Antonino Lombardo e Enrica Fontana, organizzano in qualità di tutor il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale del paziente con tumore nel distretti cervico-facciale, che si tiene nell’aula magna dell’ospedale torinese e rivolto ai discenti operatori iscritti. Il format che ha avuto il suo esordio nel 2007, consiste in cinque giornate di numerose relazioni tenute da vari specialisti, con l’ausilio di poster, slides e molti filmati. L’ultima edizione si è tenuta dal 20 al 24 maggio scorsi, e si è svolta ripercorrendo, attraverso un approccio metodologico, il percorso clinico-assistenziale che il paziente è sottoposto ad intervento di chirurgia oncologica maggiore del distretto cervico-facciale: dal momento della diagnosi fino alle sue dimissioni, evidenziando in particolare come in questo iter le diverse figure professionali interagiscono sinergicamente tra loro, proprio per rendere meno disagevole al paziente il particolare decorso post-operatorio, peraltro reso più “impegnativo” per via della presenza della cannula tracheale, dalla difficoltà di deglutire, dall’impossibilità di parlare e, in taluni casi, dall’alterazione dell’immagine corporea se l’intervento ha coinvolto il viso o parte di esso.
«La metodologia che proponiamo ogni volta – hanno spiegato i tutor – è quella relativa alla Medicina Basata sulle Evidenze (EBM) e sulle buone pratiche, per favorire un più facile confronto permettendo a tutti i discenti (provenienti da diverse realtà), di paragonare e confrontare le proprie esperienze clinico-assistenziali e, all’occorrenza, apportando alle stesse le modifiche più opportune al fine di migliorare la qualità delle cure e la qualità di vita dei pazienti». Un corso unico nel suo genere, avvalorato dall’approccio multidisciplinare che ha visto al tavolo delle relazioni circa 40 docenti: 18 medici, 15 infermieri e 6 fisioterapisti; un corpus operativo che quotidianamente affronta la realtà clinico-chirurgica e assistenziale, la cui esperienza è foriera di sensibili risultati terapeutici anche quando il “male del secolo” tenta di avere il sopravvento sulla salute di molti pazienti. Sarebbe auspicabile, a mio modesto avviso, poter estendere a livello nazionale e in altre Discipline questo modo di fare sinergia creando costruttivi confronti, sia per la reciproca crescita professionale che per il messaggio culturale che si intende dare a quanti possono essere coinvolti, a vario titolo, in questo particolare ambito della Medicina e della Chirurgia.
Personalmente, quale divulgatore scientifico e sociale, da alcuni anni sono invitato dallo staff organizzativo del PDTA (dr.sse Maria Rotella e Imelda Tesini) e dai tutor Lombardo e Fontana, per tenere la relazione sul tema Per una migliore qualità di vita in oncologia – Percorsi espressivi attraverso arte e cultura, con lo scopo di trasmettere all’uditorio quanto può essere importante ed utile anche per i pazienti oncologici avere un maggior approccio ed interessi culturali come la lettura e la scrittura. «Riuscire a leggere e a scrivere nonostante il male – ho spiegato – significa essere riusciti a deviare il corso dei pensieri da sé stessi e dal male… Seppellirsi fra buoni libri e leggerli, sviluppare la sete dell’inchiostro da stampa e saziarsi leggendo, è quanto mai appagante perché dai libri sgorga la fonte della giovinezza che pochi hanno scoperto». Del resto, alcuni psicologi e psichiatri invitano i loro pazienti a scrivere, scorgendo in questa attività una funzione terapeutica… Il fatto di scrivere, anche semplici poesie, ad esempio, li aiuta a perseguire altri obiettivi e, l’appagare la propria esigenza di lasciare qualcosa di duraturo dietro di sé, rappresenta (o può rappresentare) il tentativo di cogliere un frammento di immortalità. Alcuni ammalati, ad esempio, godono nello scrivere poesie e a questo riguardo ho citato l’esempio di un paziente (oggi scomparso) che, colpito da una neoplasia, ha “impegnato” il suo periodo terapeutico scrivendo numerose poesie (anche ironiche) raccolte in due volumi in collaborazione con il Gruppo Italiano Tumori Rari (GITR). Attraverso traduzioni e rime si è imposto con determinazione, ossia con irrefrenabile sforzo per superare certi ostacoli che si interpongono tra la realtà vissuta e il suo contesto ricostruito. E concludevo citando un passo della gerontologa e geriatra di fama internazionale Ana Aslan (1897-1988), la quale sosteneva che «la creatività è un aspetto della volontà di vivere, produce impulsi vitali cerebrali che stimolano la ghiandola pituitaria, provocando effetti sulla ghiandola pineale o l’intero sistema endocrino». Narrare la propria malattia e il proprio Essere può assumere un significato a volte più determinante, tanto da giovare al corpo e all’anima. E in questo contesto, per gli operatori sanitari e del sociale il loro ruolo non solo è un dovere professionale… ma anche un privilegio!
Nella foto centrale di E. Bodini, A. Lombardo e due infermiere durante la medicazione ad un paziente; nella foto in basso della logopedista Irene Rosso, i discenti del PDTA