L’incontro tra la Prometeo AITF Onlus e gli studenti di Alghero
Cominciata con un’assemblea pubblica venerdì scorso, la trasferta ad Alghero della Prometeo AITF Onlus è proseguita sabato 23 aprile 2016 con due assemblee rivolte agli studenti, prima al Liceo scientifico “E. Fermi” poi all’Istituto tecnico, commerciale e per geometri “A. Roth”. Entrambe le assemblee si sono aperte con il saluto dei dirigenti scolastici, rispettivamente Antonio Colledanchise e Viviana Cuccu, e con la proiezione del filmato “T.V.D. (Ti Voglio Donare)”, realizzato dal Ministero della Salute – Centro nazionale trapianti (CNT). Ha fatto seguito un dibattito moderato dalla dott.ssa Fabrizia Salvago, psicologa dell’ospedale “G. Brotzu” di Cagliari, abilissima nello stimolare la partecipazione dei ragazzi e il loro interesse per un tema ostico che «vorremmo non ci riguardasse». Parlarne, però, è importante perché i “sì” alla donazione non sono mai abbastanza: ogni anno è, infatti, possibile salvare solo un terzo delle persone in lista di attesa. Lo scorso anno, ad esempio, sono stati eseguiti 3.317 trapianti, ma al 31 dicembre il numero dei pazienti in lista di attesa era 9.070 (e al 26 aprile 2016 erano 9.361).
La dott.ssa Salvago e i colleghi hanno chiarito agli studenti alcuni degli aspetti che più creano perplessità, a partire dalla morte encefalica – l’unica vera morte per la scienza e per la legge -, condizione imprescindibile affinché il paziente possa essere considerato potenziale donatore. Richiamando il caso Englaro, la dott.ssa Salvago ha chiarito che c’è una grande differenza tra coma e morte encefalica e che la legge, in questa materia, è severissima: «fintanto che almeno una cellula del cervello funziona, c’è vita».
Le domande e le impressioni dei ragazzi si sono alternate con le testimonianze degli operatori sanitari e dei trapiantati. La dott.ssa Romina Manunza del Centro trapianti di fegato dell’ospedale “G. Brotzu” di Cagliari ha ricordato che un donatore può salvare più persone con più organi e ha raccontato come vedere un paziente tornare a casa dopo il trapianto sia una gioia che ripaga di tutti i sacrifici fatti per rendere possibile quell’intervento. Il dott. Agostino Setzu della Cardiologia dello stesso ospedale ha precisato che non per tutti i pazienti in lista di attesa il nuovo organo arriva per tempo, che per il cuore la sopravvivenza in lista non supera l’anno e che, per i trapianti, «il limite più grande è la donazione». Sia lui che la dott.ssa Roberta Manca della Cardiochirurgia del Brotzu hanno seguito la trapiantata di cuore Daniela Medda, oggi volontaria per conto della Prometeo presso il reparto in cui è rinata a nuova vita: la Cardioanestesia del Centro trapianti di cuore. Daniela è così piena di vita che «fa tante cose che io non riesco a fare» ha confessato la dott.ssa Manca. La necessità del trapianto, ha raccontato l’interessata, le è stata prospettata per la prima volta a 17 anni ed «è stato difficile scegliere, primo perché se fai il trapianto, sai che una persona è dovuta morire». Con l’aiuto della psicologa, però, ha accettato di sottoporsi all’intervento e ha poi affrontato una riabilitazione molto lunga e difficile. Dopo soli 6 mesi, però, ha ripreso a lavorare e adesso fa persino sport, attività che quando era malata le era preclusa.
Enrico Pitzalis – trapiantato di rene che, come Daniela, gioca a calcio con la Prometeo Sport – ha parlato con emozione della malattia, della dialisi («una schiavitù di cui ti liberi con il trapianto») e infine della sua rinascita, mentre Tonino Piras ha raccontato la sua «doppia vittoria: prima sono stato trapiantato, poi ho sconfitto l’epatite C». «La mia presenza qua vale più delle parole» ha, invece, affermato Andreas Tessadri, trapiantato di fegato da un anno e mezzo e padre di una studentessa del “Roth”. «La vita è strana: uno non pensa che un giorno potrebbe aver bisogno di un organo. Sono sempre stato favorevole alla donazione e, come poliziotto, ho fatto la scorta durante il trasporto di organi prelevati. Mai avrei pensato che un giorno questo lo avrebbero fatto per me» ha raccontato, aggiungendo che, con il trapianto, davvero «la vita cambia, perché io stavo male». Gianni Fadda ha subito un trapianto di fegato 13 anni fa e ha ripreso tranquillamente a lavorare. È anche dirigente della Prometeo e membro della squadra di calcio dell’associazione: «Faccio finta di giocare a calcio» ha detto scherzando, per poi aggiungere che non giocano «per vincere medaglie e trofei, ma per divulgare l’importanza della donazione e per dimostrare che un trapiantato può fare sport». Anche perché, ha affermato, «i familiari dei donatori sono contenti nel vederci fare sport, perché vedono che il loro dono è andato a buon fine, che noi stiamo bene». Oltre ai calciatori, nella Prometeo ci sono anche nuotatori e ciclisti, in particolare Stefano Caredda che, come hanno ricordato i “colleghi”, ha anche conseguito risultati sportivi rilevanti. Lo sport, ha affermato la dott.ssa Salvago, è importante per i trapiantati (e non solo) per condurre una vita sana, ma anche per mandare un messaggio a chi è in lista di attesa, perché gli mostra che «potrà tornare a una vita normale».
«Un trapianto costa: siamo intorno ai 200-300 mila euro» ha fatto notare Giuseppe Argiolas, presidente della Prometeo, per far comprendere quanto siano stati fortunati loro come trapiantati e quanto siamo fortunati tutti noi italiani ad avere un sistema sanitario che offra a tutti quest’opportunità: in altri paesi, quali gli Stati Uniti, infatti, «viene trapiantato solo chi se le può permettere». Dunque, ha aggiunto, «un trapiantato che torna alla vita è una soddisfazione sia per i medici che per la società, che vive anche di queste cose». Fonte di gioia, oltre che testimonianza che il trapianto è vita, sono storie come quella di Carlo Garbarino, 200° paziente rinato al Centro trapianti di fegato di Cagliari (oggi quasi giunto alla soglia dei 300) e capitano sia della Prometeo sport che della Rappresentativa nazionale di calcio dei trapiantati. Argiolas ha raccontato come Carlo, operato quattro anni fa, dopo il trapianto abbia avuto una bella bimba e abbia potuto riprendere a giocare a calcio. «Bisogna parlare di donazione, soprattutto in casa» perché «la donazione è una cosa bellissima. Dopo il trapianto si torna alla vita, ragazzi!» ha esclamato.
L’invito a parlare in famiglia, a discutere del problema e, possibilmente, a decidere insieme è stato fatto anche da Andreas Tessadri («Parlatene a casa, con gli amici, poi sarà la coscienza di ognuno a dare l’assenso o meno») e dalla dott.ssa Salvago, che ha ricordato ai minorenni che – anche se per legge occorre avere 18 anni per fare questa scelta – possono comunque informare i genitori su cosa vorrebbero decidessero per loro. Lasciare ai propri cari la decisione significa, infatti, gravarli di un ulteriore peso in un momento già di per sé difficile, ha rimarcato la psicologa. Per questo è importante decidere in vita e per questo sono importanti iniziative come il progetto “Una scelta in Comune”, che anche l’amministrazione di Alghero si è impegnata ad attivare. Tale progetto promuove l’attuazione delle norme che consentono ai comuni di registrare, presso l’Ufficio anagrafe, le dichiarazioni di volontà sulla donazione degli organi post-mortem al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità. In questo modo, ha affermato la dott.ssa Salvago, «la donazione diventa un tratto identitario». E anche il dirigente del Fermi Antonio Colledanchise ha ribadito l’importanza di divulgare la cultura della donazione perché «dobbiamo farne una mentalità di vita».
Preziosa anche la testimonianza di Duilio Stagi, donatore di midollo arruolato nella Prometeo sport: ai ragazzi ha ricordato che è possibile donare anche in vita, come ha fatto lui, e che non solo i trapiantati sentono il bisogno di partecipare a questo tipo di iniziative volte a promuovere la donazione e a far comprendere che – come ha ricordato il presidente Argiolas – «donare è un scelta d’amore».
L’altruismo è la molla che spinge tutte queste persone a portare gratuitamente il loro sapere, la loro esperienza di vita e la loro energia in giro per la Sardegna. Vale per i volontari della Prometeo come per gli operatori sanitari che collaborano con loro sacrificando tempo libero e vita privata, come ha rimarcato il presidente Argiolas. Anche loro fanno quindi volontariato, per cui convincente è suonato l’invito rivolto ai ragazzi dalla dott.ssa Salvago affinché si dedichino a quest’attività che «fa bene a chi riceve le cure del volontario, ma fa bene anche al volontariato».
Foto Prometeo AITF Onlus
BRAVISSIMA MARCELLA!!!
Grazie, ragazzi! Giornate come queste si raccontano quasi da sé e a chi scrive resta, in realtà, poco da fare 🙂