L’ombra degli analfabeti di ritorno. In “difesa” degli autodidatta
Nel dicembre 2009 alcuni quotidiani nazionali riportavano la notizia che nessuno dei 24 partecipanti ad un concorso pubblico (tutti rigorosamente laureati in legge) per un posto di prestigio (“Istruttore direttivo amministrativo”) aveva ottenuto una valutazione di almeno 21/30 in entrambe le prove, necessaria per l’ammissione all’orale: tutti bocciati, addirittura al primo turno, ossia allo scritto. E questo avveniva nel Comune di Orbetello, una cittadina di 15 mila abitanti, a sud di Grosseto. Ma quali le ragioni? Secondo le cronache troppi gli errori: di diritto, di grammatica, di sintassi; un insieme di strafalcioni che non ha risparmiato neppure i candidati ad un concorso per l’esame professionale di avvocato, tenutosi a Torino nel febbraio 2010, due terzi dei quali bocciati agli scritti e solo il 30% promosso all’orale, proprio per la scarsa padronanza dell’italiano scritto, senza considerare l’insufficiente conoscenza delle non meno importanti materie giuridiche.
Senza entrare nel merito delle possibili conseguenze di immagine per il nostro Paese, ma soprattutto per il futuro professionale nelle diverse discipline, come quelle giuridiche ed umanistiche in senso lato, e senza nulla togliere ai laureati che hanno dimostrato dedizione, coscienza e predisposizione per lo studio e quindi “rispetto” per la nobile lingua di Dante, non si può sottacere che esiste una schiera di persone autodidatta che, per le più svariate ragioni, non hanno potuto (o voluto) proseguire gli studi, ma che tuttavia si distinguono per “vivacità” intellettuale, esperienza e predisposizione naturale per questa o quella disciplina.
Spesso, queste ultime, sono persone poco conosciute, emarginate e pertanto “mal distribuite” in ambito lavorativo e socio-culturale. Il loro mancato (ed obiettivo) riconoscimento da parte di Accademici, Burocrati e Responsabili di Istituzioni Pubbliche od Enti privati, suona come una sorta di ghettizzazione relegando gli autodidatta nel limbo dei “perdenti”, degli “inferiori”, degli “emarginati” o dei “mobbizzati”. Un atteggiamento, questo, che evidenzia la grave mancanza di obiettività con il rischio di compromettere la crescita sociale, culturale e professionale di quelle persone che, a mio avviso, sono in grado di meglio sacrificare il proprio tempo, la propria salute, i propri affetti famigliari, e a volte anche la propria dignità a garanzia di un’ottima risposta alle esigenze umane, culturali, professionali e di… mercato.
Anche le persone autodidatta (come tutti i comuni mortali) sono dotate di una ragionevole dose di individualismo, proprio perché non si ritengono inferiori ad altre, pur essendo coscienti dei propri limiti. La convinzione di essere in grado di avere un preciso ruolo, di poter esercitare una determinata mansione, così come la capacità di esprimere i propri bisogni (impegnandosi a fondo) e nello stesso tempo anche i propri dubbi, e di accettare l’aiuto degli altri, senza per questo sentirsi incapaci, nell’insieme sono caratteristiche che evidenziano in loro una buona autostima. Solitamente un’ottima risorsa che le aiuta a raggiungere i propri obiettivi e, a volte, anche ad autoaffermarsi…
Ma non sempre è così per taluni arroganti titolati che, nel nostro Paese, sono in egual misura agli pseudo laureati e millantatori (non sono mai mancati gli scandali delle lauree rilasciate a pagamento da fantomatiche Università), tanto che, insieme, favoriscono il degrado di una società che avrebbe più bisogno di predisposizione piuttosto che di “imposizione”, sia accademica che professionale, soprattutto nell’ambito delle relazioni sociali e della comunicazione. Da notare che per partecipare ai Concorsi Pubblici, secondo le vigenti leggi italiane, quasi sempre tra i requisiti è richiesto il Diploma di laurea; ma poco importa, una volta vinto il Concorso (per questa o quella disciplina), se il candidato non ha la necessaria predisposizione per esercitare la mansione richiesta. E questo perché la maggior parte degli uomini e delle donne, come più volte ho scritto e divulgato, è costretta ad assumere un ruolo per il quale non ha nessuna (o scarsa) attitudine: il mondo è un palcoscenico sul quale le parti sono spesso assai mal distribuite, tant’è che in Italia la meritocrazia è un optional e… la fuga all’estero dei più meritevoli pare non aver fine, come è in continua ascesa il “degrado” della buona informazione.
Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Vero……..Il mondo è un palcoscenico, ed io credo che fin quando navigheremo con il vento in poppa,fin quando nulla ci scalfisce………………….. Perchè faticare nel rivedere quelle pareti mal distribuite???