Marco Missiroli ed Elena Varvello, scrittori-lettori

La vita felice di Elena Varvello

Elena Varvello, Celestino Tabasso e Marco Missilidi Marcella Onnis

Sabato scorso, 3 settembre 2016, gli scrittori Marco Missiroli ed Elena Varvello hanno partecipato a Cagliari alla XIV edizione del festival di letterature applicate Marina Café Noir, organizzato dall’associazione culturale Chourmo. Chiamati a parlare di “Amori e colpe”, hanno dato vita a una conversazione vivace e informale, proprio come il pubblico si aspetta quando a condurre l’incontro è Celestino Tabasso.

Sia “Atti osceni in luogo privato” di Missiroli che “La vita felice” di Varvello raccontano vicende in cui è centrale la famiglia e da qui è partita la conversazione. Per Missiroli tutte le famiglie di cui si racconta nei libri sono infelici: la famiglia del suo protagonista, Libero, è, infatti, in apparenza felice ma ha «dei traumi in sottotraccia», mentre quella del protagonista de “La vita felice”, Elia, appare sin da subito problematica [nonostante ciò che potrebbe lasciar intendere il titolo, ndr]. «Entrambi i protagonisti» ha affermato Missiroli «cercano di salvarsi in qualche modo: Libero attraverso la carne ed Elia attraverso le unghie». Il romanzo della Varvello racconta, infatti, una storia drammatica, che in parte – ha svelato l’autrice, rispondendo a una domanda di Missiroli –  richiama la storia di suo padre. Senza esserselo prefissa, il suo è quasi un affettuoso risarcimento per un grande rammarico che tanti anni prima le aveva espresso: «La cosa che mi rattrista di più è che nessuno racconterà una storia come la mia», «cioè di uomini qualunque» ha chiarito la figlia.

Atti osceni in luogo privato di Marco MissiroliQuanto a “Atti osceni in luogo privato”, è stato interessante scoprire che il titolo è nato in tutt’altro contesto: «Pensa la violenza domestica sulle donne che atto osceno in luogo privato» ha detto un giorno l’autore a sua moglie, Maddalena Cazzaniga. Un’immagine efficace per descrivere questa vergogna, ma anche un efficace titolo per un libro, come gli ha subito fatto notare lei. Lui non voleva usare un titolo furbo, ha raccontato, solo che questa frase aveva deciso di restargli addosso («mi parlava», ha detto) e così alla fine ha dovuto cedere.

STORIA CHE CREI O STORIA CHE TI TROVA? – Come sono nate, invece, le loro due storie? E come nascono, in generale, i personaggi e le vicende che raccontano? Grazie alle domande di Tabasso, anche in quest’occasione è riemersa la dicotomia – che, in realtà, racchiude un ampio ventaglio di posizioni intermedie-  tra “storia creata” e “storia trovata” o, meglio, “storia che trova” (il suo autore). Elena Varvello propende più per il secondo estremo: «Non credo nella costruzione dei personaggi: io comincio a vedere delle cose e poi comincio a farmi delle domande, tipo “chi sei?”» ha confessato, affrettandosi a prendersi in giro e lasciando a Tabasso solo la possibilità di rincarare la dose. «Sei un mostro!» ha, invece, esclamato Missiroli quando, alla sua domanda, ha risposto di aver scritto questo libro senza pensare in anticipo al finale. Un mostro perché, ha chiarito lui, l’improvvisazione dà il via, «ma poi devi incasellare ogni cosa, se punti a un tipo di storia come questa». Il che, ha aggiunto, spiega anche perché la collega abbia impiegato ben sei anni a scrivere “La vita felice”. Elena Varvello considera, invece, lui «disumano», perché ha scritto “Atti osceni in luogo privato” in soli 21 giorni. Un tempo davvero breve, giustificato e controbilanciato, però, dal fatto che «ci ha messo una vita a elaborarlo», ha precisato l’interessato, aggiungendo poi: «È un libro che aspettavo da sempre».

LA SCRITTURA SI INSEGNA? – Entrambi gli autori sono anche insegnanti in corsi di scrittura per cui, come temevano, Celestino Tabasso ha chiesto loro se davvero si possa insegnare quest’arte. Quali che fossero le loro intenzioni, dopo averli ascoltati vien da concludere che l’insegnante può fornire consigli utili, ma poi ognuno deve trovare la sua via. «Non devi insegnare a scrivere: devi insegnare a evitare la scrittura sbagliata» ha affermato Missiroli, chiarendo che questa regola dovrebbe, in particolare, declinarsi in «Quando devi scrivere troppo, astieniti». Elena Varvello ha, invece, dato l’altrettanto saggia raccomandazione – peraltro applicabile in ogni campo – di «accettare i propri limiti» e di esercitarsi tanto. Inoltre, ha vivamente sconsigliato di scrivere di notte perché – in sostanza – la notte si è più inclini all’autocompiacimento … e, di norma, alle presunte prodezze letterarie notturne segue un deludente risveglio in cui si diventa consapevoli del loro modesto valore. Cosa dovrebbero, dunque, fare gli sfortunati che non hanno altro momento da dedicare alla scrittura se non la notte? Probabilmente accontentarsi di scrivere nei ritagli di tempo o durante i weekend e le ferie. Oppure lasciar perdere.

A prescindere poi dal modo in cui si giunge a concludere il proprio progetto letterario, per tutti successivamente si pone il problema della pubblicazione e – nell’eventualità in cui si ottenga quest’ultima – del responso del pubblico. Qui entrambi gli scrittori concordano con Tabasso sull’importanza del fattore C, ossia culo ma anche conoscenze. Chiaramente i tre non si sono risparmiati un po’ di pungente ironia, seppur con l’eleganza di non citare casi specifici… forse perché sarebbero troppi.

L’IMPORTANZA DI ESSERE LETTORI – Di certo, a scrivere davvero bene ci si arriva leggendo – anzi, leggendo bene -, checché ne pensino alcuni stolti e presuntuosi. Leggere poi consente di crescere, come ha evidenziato Missiroli, aprendo a sua insaputa un ideale ponte con quanto il giorno dopo avrebbero detto Marcello Fois e Michela Murgia. Il personaggio di Libero – in questo molto ispirato a se stesso – è anche la prova del potere formativo dei libri. E il suo romanzo è una ricca fonte di consigli letterari (ma anche cinematografici), come ha opportunamente fatto notare Elena Varvello: «Missiroli ha scritto una sua Storia della Letteratura». Quanto a lei, ha invitato il pubblico-lettore a «scrivere sui libri, appuntarsi note».

La vita felice di Elena VarvelloDAL LIBRO AL FILM MA… – Spesso citato nel libro di Missiroli, il cinema ha un rapporto stretto con la letteratura, al quale ha dedicato spazio anche Tabasso. In particolare, il giornalista ha voluto sapere dai due autori se vorrebbero vedere i loro due ultimi romanzi trasposti sul Grande schermo. Tutti e tre hanno riconosciuto il rischio che la sceneggiatura non sia fedele alla storia originale e possa quindi deludere se non indisporre lo scrittore. «Se mentre scrivi un libro lo vedi, se hai visto tutto, è possibile questa ritraduzione» ha esordito Elena Varvello precisando subito, però, che la scrittura del romanzo è cosa diversa dalla sceneggiatura, punto su cui ha concordato pure Missiroli.

NON SOLO EROTISMO – Ultimo tema affrontato – che non poteva mancare, soprattutto parlando di “Atti osceni in luogo privato” – è stato l’erotismo. Su questo punto l’autore riminese ha precisato che per lui «l’atto osceno in luogo privato» è qualcosa che va oltre l’ambito sessuale: «è un piccolo spazio di libertà che ci si conquista». Ne “La vita felice”, invece, l’erotismo è meno protagonista e – ha affermato Elena Varvello – in quella che è, a suo parere, la scena più erotica, molto spazio ha anche la tenerezza (che, peraltro, è a sorpresa molto presente anche nel romanzo del collega). Per sua scelta, inoltre, non ha voluto indugiare in particolari, preferendo «socchiudere la porta e lasciare da soli i personaggi». Forse anche un modo implicito di affermare ciò che il romanzo di Missiroli lascia intendere più esplicitamente: che il sesso è una cosa bellissima, da vivere liberamente e pienamente ma in privato, senza esibizionismo.

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