Metti una sera in libreria con Giulio Angioni

di Marcella Onnis

Immaginate una città (Cagliari) con un’offerta culturale ricca, talmente ricca che la stessa sera (il 24 febbraio 2012), alla stessa ora, può capitare che siano previsti ben due interessanti eventi letterari.

Immaginate che uno dei due eventi sia la presentazione del nuovo romanzo di un’autrice che apprezzate (Sottosopra di Milena Agus) e l’altro sia un reading di un libro che avete già letto e che vi ha colpito molto (Doppio cielo di Giulio Angioni).  Fate conto che – pur trovando la prima scelta molto allettante – abbiate optato per la seconda e quindi, anziché ritrovarvi in un edificio moderno e imponente (la nuova sede dell’Unione sarda), vi ritroviate in una libreria relativamente piccola dall’aria modesta (la Libreria Murru, in via S. Benedetto n. 12). È una di quelle ormai in via di estinzione: solo piano terra, le etichette sopra gli scaffali (Saggistica, Poesia, Narrativa …) scritte in grande e a mano …

Vi ritrovate dunque seduti in una delle seggiole blu predisposte per la serata e – mentre attendete che il reading abbia inizio – vi guardate un po’ intorno, notando con piacere che se, da un lato, la semplicità del locale fa tanto “tempo che fu”, dall’altro, l’offerta commerciale è invece al passo con i tempi, per cui le novità letterarie non mancano.

Mentre vi state ancora ambientando, ecco che arrivano i protagonisti dell’evento: un attore (Gaetano Marino) e l’autore del romanzo (lo scrittore e antropologo Giulio Angioni). Il primo è giovane e ha l’aria affabile; gli sorridete e lui fa altrettanto, scambiando anche con voi una o due battute. L’altro è più avanti negli anni e se doveste descriverlo sinteticamente lo dipingereste come un signore dall’aria distinta. Si aggira fra gli scaffali e vi sembra uno che tende a stare sulle sue: chiacchiera giusto un po’ con l’attore e con un altro uomo che, dal saluto che si scambiano, appurate essere un suo conoscente.

Il tempo passa ma i presenti restano pochi. La cosa vi sembra strana perché l’autore è noto e apprezzato, per cui concludete che forse l’altro evento previsto per quell’orario gli ha sottratto un po’ di pubblico potenziale. L’attore ci scherza su ma è chiaro che gli dispiace: comprensibile, dispiace pure a voi. L’autore, invece, non sembra rattristato, anzi, dice che gli va bene così: sa che i presenti sono tutti suoi lettori, mentre alle presentazioni con un pubblico numeroso è facile che a coloro che sono veramente interessati si mescolino persone che sono lì solo per presenziare.

Finalmente si comincia. L’attore legge un primo brano (l’incipit del romanzo) mentre voi e gli altri ascoltate assorti. Poi l’attore invita l’autore a parlare: il suo tono è pacato, piuttosto basso, quasi timido si direbbe. Pian piano, però, la sua voce acquista vigore e sicurezza. La conversazione prosegue anche con l’intervento del pubblico e lui, l’autore, si scopre sempre di più: sorride apertamente, scherza, esprime e raccoglie opinioni … Cominciate a capire che non è introverso come vi sembrava, tantomeno snob, che è una persona concreta e che non ha sicuramente peli sulla lingua. Ce l’ha, in particolare, con chi pretende di insegnare cosa si debba e non si debba fare quando si scrive: assurdo, dice, perché se c’è un posto dove ci può essere libertà, questo è la scrittura. Capite anche che è una persona ben consapevole del proprio valore, da non prendere, però, assolutamente per presuntuoso: neanche in un’occasione si lascia, infatti, attribuire un briciolo di merito in più di quello che ritiene di avere. Intuite che il suo merito per lui sta “solo” nell’aver saputo rendere la verità delle cose, aver avuto con l’ambientazione storica della sua opera un approccio serio e non furbo, a differenza di altri colleghi che non manca di nominare espressamente. Un approccio per cui ha dovuto documentarsi bene sull’ambiente e sull’epoca in cui si svolge la sua storia. La sua è stata una scelta faticosa ma – voi concludete – si è rivelata vincente, visto quanto racconta l’autore e cioè che diversi protagonisti ed eredi dei protagonisti di quella realtà storico-sociale hanno ritrovato nelle sue pagine tracce del proprio vissuto. E immaginate che voi stessi abbiate letto il libro e abbiate avuto modo di appurare con quale incredibile fedeltà luoghi, attività, abitudini e linguaggi siano stati riportati nel libro. Certo, l’autore è un antropologo e quest’approccio è stato sicuramente per lui naturale, ma ciò che vi colpisce di quest’uomo è che anche nelle vesti di scrittore non smetta di considerare la verità delle cose una priorità: la poesia, la bellezza delle “immagini”, l’intensità del sentimento forse sono venute da sé, perché lui non sembra averle cercate e talvolta neppure notate. E a questo punto, voi che  – immaginate così – avete la passione per la scrittura, avete appena appreso un’importantissima lezione.

Inevitabilmente si arriva alla fine della serata e, vista l’affabilità dell’autore, trovate il coraggio di avvicinarvi a lui per fargli firmare la vostra copia del romanzo. Non potete, però, fare a meno di sentirvi in soggezione davanti a quest’uomo che emana autorevolezza. E, come tutti gli uomini di valore, non è lui a pretendere che gli venga riconosciuta: siete voi a riconoscergliela spontaneamente. Immaginate poi di dirgli che il libro vi è piaciuto e che vi ha colpito molto, ma di non aver avuto il coraggio di confessargli anche che lo stile – pur perfettamente in linea con l’ambientazione storica – non vi ha entusiasmato molto. Per questo, infatti, vi sentite in colpa e – a dirla tutta – vi state anche chiedendo se non siate stati troppo superficiali per averlo pensato.

Immaginate, infine, di lasciare la piacevole compagnia e di pensare, mentre camminate per strada, che forse tra le due alternative avete scelto quella che più faceva al caso vostro. E più che con un “pochi ma buoni”, descriverete l’evento con un “buono per pochi”.

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