«Mio marito è innocente Contro di noi solo pregiudizi». La moglie dell’egiziano arrestato per violenza alla figlia
CREMONA – «Mio marito è innocente, non ha mai fatto del male a nessuno, se avesse picchiato uno dei miei figli, sarei stata io la prima a denunciarlo. La verità è che in questa storia c’ è soltanto razzismo». Rehab ha 23 anni e un bel volto incorniciato da un foulard bianco e viola. Il marito, Ashraf Saleh, 29, che ha sposato quando aveva 17 anni, è in carcere da un mese con l’ accusa di aver seviziato e massacrato la loro figlia di due anni che dal 27 dicembre è ricoverata a Brescia in gravi condizioni con danni irreversibili al cervello. I genitori hanno sempre sostenuto che è caduta dalle scale, nella loro casa di Soresina, ma gli inquirenti (anche sulla base delle perizie mediche) sono convinti che la bimba, così come gli altri due figli più piccoli della coppia di egiziani, sia stata sottoposta a ripetuti maltrattamenti. «Se fossimo stati italiani tutto questo non sarebbe successo», dice Rehab, che accusa i magistrati di pregiudizio. Non le sono andate giù le parole del gip Guido Salvini che, nell’ ordinanza di rinnovo della carcerazione cautelare di Ashraf, ha scritto tra l’ altro che lei «era ridotta in pratica al solo ruolo di rigovernare la casa, come in molte famiglie arabo-musulmane» e che «la minor attenzione data alle figlie femmine è tipica del contesto culturale della famiglia». Dice Rehab: «Non so da dove il giudice tragga le sue convinzioni, ma la realtà delle famiglie nordafricane musulmane non si differenzia da quella delle famiglie italiane cattoliche». Non vuole entrare nel merito delle accuse, dice che la sua versione dei fatti l’ ha fornita ai magistrati e che in quella sede ha chiarito tutto (è accusata di concorso nei reati contestati ad Ashraf). Gli inquirenti sostengono però che le spiegazioni date da moglie e marito sui fatti sono contrastanti. «Non è vero», ribatte Rehab, affermando che l’ equivoco è dovuto soltanto a un errore di traduzione all’ interprete. Racconta Rehab che, cinque anni fa, dopo aver sposato Ashraf erano venuti tutti e due in Italia stabilendosi a Soresina, dove lui aveva trovato occupazione come carrellista in una fabbrica. Dopo un anno era nato un maschietto. Poi, quando era rimasta incinta per la seconda volta, era tornata in Egitto per farsi sostenere dai parenti perché lui era rimasto senza lavoro. Una volta nata la bambina è rientrata in Italia, ma senza la piccola, che è rimasta affidata alle cure della sorella. A Soresina è rimasta nuovamente incinta e ha dato alla luce una bimba, nove mesi fa. Lo scorso novembre è andata a prendere la figlia in Egitto e la famiglia si è ricongiunta: Ashraf ha così potuto conoscere la secondogenita che non aveva mai visto. Rehab difende su tutto il marito, che è stato arrestato mentre si stava imbarcando a Orio su un volo diretto in Egitto. «Non scappava – dice – ma andava a prendere certificati medici per dimostrare che la bambina aveva dei problemi». Perché, ha qualche malattia? «Nessuna», risponde, «ma tutti e tre i miei figli hanno in comune il fatto che quando gli viene la febbre spesso svengono». Agli inquirenti hanno detto che si tratta di epilessia, spiegando che sarebbe l’ origine delle lesioni (27 ne hanno contate i medici) trovate sul corpo della figlia che aveva anche il segno di un morso sulla schiena. «Quello – sostiene Rehab – lo aveva dato Ashraf per cercare di rianimarla quando aveva perso conoscenza». Luigi Corvi RIPRODUZIONE RISERVATA **** La vicendaIl 27 dicembre Ashraf Saleh e la moglie Rehab (foto Cavicchi) portano al Pronto soccorso di Crema la loro figlia in fin di vita (poi sarà trasferita a Brescia). Ai medici dicono che è caduta dalle scale. La polizia il 7 gennaio arresta Ashraf per lesioni gravissime.
Fonte: Corriere della sera
Foto: Cavicchi