Narni, la città che incanta
di Francesca Lippi
L’antico altare con i suoi affreschi
Siamo partiti per Narni, cittadina umbra in provincia di Terni, incuriositi dai suoi sotterranei. Avevamo un incredibile desiderio di vedere con i nostri occhi quello di cui avevamo sentito parlare, volevamo inoltrarci nei cunicoli scoperti dai sei ragazzi del gruppo speleologico narnese dell’UTEC, nel lontano 1979, ma mai avremmo immaginato di provare sensazioni e brividi così intensi quando ci siamo trovati in quei luoghi. Innanzitutto dobbiamo fare una premessa: la nostra guida, Anna Maria, fa parte dell’Associazione Culturale Subterranea, la quale cura il sito archeologico che siamo andati a visitare, ed è stata colei che ci ha introdotto ai misteri della Narni sotterranea e, poiché ha partecipato in prima persona alla scoperta del sito stesso, lo ha fatto trasmettendoci tutta l’intensità e la passione che tale scoperta comporta. Quindi, in parole povere, ci ha letteralmente stregati. Eravamo un gruppo di circa 20 persone, tra le quali alcune straniere e anche dei bambini, ma nessuno di noi batteva ciglio nei cunicoli di quel sotterraneo che confluiva, aprendosi, in quelle che erano state delle celle. Seguivamo Anna Maria incantati e catturati da quell’atmosfera di mistero che avvolgeva il luogo. E lì, sotto terra, siamo entrati nella chiesa di San Domenico risalente al XII secolo per ammirare affreschi tra i più antichi di Narni, e dopo aver attraversato un lungo cunicolo siamo arrivati alle segrete della Santa Inquisizione che ha imperversato per oltre 500 anni nel mondo. Narni, facente parte dello Stato Pontificio non poteva certo sottrarsi alla supremazia spirituale della chiesa cattolica e ai suoi metodi violenti che eliminavano, fisicamente, uomini e donne colpevoli solo di pensarla in modo diverso da quello che era il suo diktat. E noi ora eravamo lì, in quelle stanze, riscoperte grazie alla determinazione e alla tenacia di alcuni giovani, a calpestare l’impiantito che piedi di prigionieri avevano attraversato in lungo e in largo, a respirare la loro stessa aria che filtrava da una finestrella in alto, ad ascoltare, rapiti, la narrazione della scoperta di uno dei siti più suggestivi ed importanti della nostra Storia.
La Stanza dei Tormenti
E il racconto di Anna Maria fluiva narrandoci degli uomini che lì vi avevano patito sofferenze inimmaginabili, reclusi e torturati con gli attrezzi della Stanza dei Tormenti, (così chiamata perché vi si torturavano i malcapitati prigionieri e così definita nei documenti degli Archivi Vaticani); e sembrava di sentire le urla di Domenico Ciabocchi, il quale, considerato eretico perché bigamo, in quella cella fu rinchiuso, ma dopo aver strangolato il vivandiere che malauguratamente gli aveva dato le spalle era riuscito a fuggire. Si incontrò con la seconda moglie per raggiungere insieme un altro Stato, però la donna era sorvegliata dai soldati della Santa Inquisizione e quindi Ciabocchi fu nuovamente arrestato e di lui non si seppe più niente. La prova di questa detenzione si è ottenuta grazie alla documentazione di un intero processo, risalente al 1726, che scampata ai saccheggi delle truppe napoleoniche, è stata rinvenuta fortunosamente e previo grande sacrificio da parte del gruppo dei sei speleologi, a Dublino, presso il Trinity College.
La cella dei graffiti.
Siamo giunti in una cella più piccola, è quella che mostra i graffiti dei prigionieri, i quali non potendo utilizzare carta e inchiostro vollero lasciare una traccia della loro presenza in quei luoghi, utilizzando un coccio appuntito e mescolando la propria urina alla terra affinché i loro segni restassero indelebili e, per evitare che questi fossero cancellati, il prigioniero Giuseppe Andrea Lombardini, ricorse ad un ulteriore escamotage utilizzando incisioni con simboli massonici, alchemici e cabalistici che seguivano una precisa logica mentale. Lombardini trascorse almeno 90 giorni in quella celletta, tra il 1759 e 1760, dai suoi scritti si è capito che era un sottufficiale, si seppe poi che faceva parte delle guardie del Sant’Uffizio di Spoleto e che fu arrestato e processato per tradimento nel 1759, perché aveva cercato di far fuggire Pietro Milli, detto il veneziano, un’altra guardia del Sant’Uffizio, il quale era incarcerato a Spoleto e aveva insultato il vicario inquisitoriale di Piediluco. Lombardini conosceva benissimo i metodi della Santa Inquisizione e, probabilmente, per dichiarare la sua innocenza e protestare contro la sua ingiusta pena, nei suoi scritti cambiò, quale ulteriore gesto di ribellione verso i suoi inquisitori che erano domenicani, tutte le lettere D in T.
La chiesa di San Domenico
La nostra visita si è poi conclusa nella chiesa di San Domenico, un tempo Santa Maria Maggiore (oggi trasformata in sala conferenze, con sedie in similpelle rosse e palco in ferro), che fu cattedrale di Narni fino al XIII secolo. In questo edificio è possibile ammirare le scoperte archeologiche, fra cui un mosaico bizantino del VI secolo. La chiesa è bellissima. Ne siamo rimasti incantati, ma quello che ha sconcertato noi tutti è stato vedere lo scempio dell’installazione, in una chiesa così antica, di oggetti che non ne rispettavano l’antica struttura, un pugno nello stomaco per noi visitatori e non solo. Ci è subito sorta una domanda: “Perché gli Enti preposti e gli uomini che ne fanno parte con i vari incarichi istituzionali, non hanno consentito al gruppo speleologi di Narni di proseguire nei loro scavi e hanno permesso, solo dopo molte insistenze del gruppo, di porre una lastra di vetro per consentire di far guardare ai visitatori, ma solo in parte purtroppo, ciò che ancora si trova lì sotto?” Le domande sono come le ciliege, una tira l’altra, perciò chiediamo ancora: “Sappiamo benissimo che la UE offre contributi per ristrutturazioni e abbellimenti, ma davvero quello che è stato fatto nella chiesa di San Domenico non poteva essere improntato in un’altra struttura?”
Saremmo grati a chi degli Enti preposti vorrà rispondere.
Narni è una cittadina che offre al visitatore un contesto non solo sotterraneo, perché la sua superficie si dipana in diversi aspetti storici si va infatti dal romano, al medievale, al rinascimentale, al barocco. Ma noi di questo non parliamo adesso. Vi ricordiamo soltanto: la Rocca, imposta dal potere pontificio e costruita dal cardinale Albornoz, San Giovenale con il suo portale di epoca romanica, il Palazzo del Podestà e il palazzo dei Priori. In via Garibaldi e in via Mazzini, si trovano edifici barocchi come palazzo Mosca e palazzo Bocciarelli e la chiesa romanica di Santa Maria in Pensole, eretta nel 1175, il cui nome “in pensulis”, deriva dalla sua posizione su di un terrazzo. Tra gli edifici di culto da notare le chiese di San Domenico, Sant’Agostino, San Francesco. E poi lo splendido palazzo Eroli, un tempo proprietà dell’omonima aristocratica famiglia, ora museo civico, dove sono custodite opere di Benozzo Gozzoli, di Agostino di Duccio, di Domenico Ghirlandaio, del Vecchietta, di Piermatteo d’Amelia.
Narni va percorsa in lungo e in largo, sopra e sotto, va visitata attentamente e vissuta. Si devono assaggiare i suoi salumi, la sua torta salata con formaggio e pancetta, bere i suoi vini, assistere alla “Corsa degli anelli”. E per dormire? Il romantico: Il Rifugio del Colombo, dove il proprietario, Andrea Marchetti, vi accoglierà con cortesia e disponibilità facendovi sentire come a casa vostra.
Il Rifugio del Colombo
Il bed and breakfast, ricavato da ciò che resta di un antico monastero, è proprio nel centro storico, a pochi passi dalla Narni sotterranea e possiede un incantevole giardino, mini appartamenti e stanze dal gusto raffinato. Gli animali sono ammessi. Il proprietario adora i cani e li tratta come ospiti più che graditi.
Wow, viene proprio voglia di visitarla!
Puoi dirlo forte, Marcy!