Raccontonweb: “Nate foste per viver come ancelle” di Marcella Onnis

Cari amici, oggi vi proponiamo un altro racconto della nostra Marcella Onnis, che abbiamo pensato di abbinare a Ho visto un re di Enzo Jannacci visto il comune riferimento alla nobiltà e non solo. Nel video che abbiamo scelto per voi il cantautore recentemente scomparso si esibisce con Cochi e Renato (qui il testo della canzone e qualche nota storica).

Prima di lasciarvi alla lettura e poi all’ascolto, vi ricordiamo che potete sempre inviarci i vostri brani seguendo le indicazioni del regolamento di Raccontonweb.


Nate foste per viver come ancelle

La Regina piangeva inconsolabile: «Non hanno avuto fiducia in me, mi hanno preferito la Regina di Nonsoché!»

Le tre ancelle non si erano affatto stupite all’udir la notizia che il Gran Concilio non avesse affidato il ruolo di Sovrana dei sovrani  alla loro Regina. Anzi, a dirla tutta, nessuno se n’era stupito. Eccetto lei. Ché lo sapevano tutti che non aveva le qualità necessarie, né i giusti appoggi nel Gran Concilio. Solo su quest’ultimo aspetto, tuttavia, si concentrarono i lamenti consolatori delle tre ancelle: «Regina, che dite! Qui non è questione di mancata fiducia né di insufficiente merito: la regina di Nonsoché, tra amici, amanti e prezzolati, conta nel Gran Concilio appoggi  che Voi non avete.»

Ma le loro parole non bastarono ad asciugare le sue lacrime né a smuovere il suo orgoglio affinché cercasse vendetta per il torto subito: «Ancelle mie, sono troppo abbattuta. Sto meditando persino di abdicare.»

«Oh no, Regina, che dite! Dovete restare qui, al Vostro posto, e lottare. Noi saremo con Voi in questa battaglia. O, se proprio deciderete di andarvene, verremo con Voi a conquistar altri regni!» affermarono solerti e solenni in coro le contesse e le marchese lì presenti.

«Fate quello che credete sia meglio per Voi» si limitarono, invece, a dir più caute le tre ancelle.

Dopo non breve meditare, la Regina finalmente comunicò la sua decisione: «Partirò per la Valle del Dovemipare e lì vi resterò finché non avrò capito cos’è per me preferibile che faccia.» Poi aggiunse, rivolta alle contesse e alle marchese: «Nel frattempo, governate il regno come sapete che vorrei fosse fatto.»

La Regina partì che era ancora sconvolta, lasciando il regno nelle mani del caos: le contesse e le marchese si diedero da subito un gran da fare per scaricar l’una sull’altra la responsabilità delle decisioni, mentre le tre ancelle impazzivano per star dietro a tutte le loro non-decisioni e i servi se la prendevano con le ancelle perché erano le uniche con cui potevano permettersi di far la voce grossa senza patir conseguenze.

Il tempo passava e della Regina nulla ancora si sapeva, così il malumore cresceva: «Non ha polso: per forza non le han affidato il ruolo di Sovrana dei sovrani» diceva una contessa; «Ma che storie sono?! Che torni qui e faccia la Regina» diceva un’altra; «Non si è neanche preoccupata di nominare una reggente!» diceva la marchesa che da sempre le faceva da ombra. Intanto le tre ancelle continuavano a sgobbare per compiacere ognuna delle mancate reggenti, augurandosi che la Regina prendesse al più presto una decisione, qualunque essa fosse.

L’assenza della regnante durò due mesi, però quando tornò, apparve da subito determinata: «Ho deciso di restare al mio posto: la Regina di Nonsoché ha avuto quella corona e ne prendo atto, ma se si dimostrerà incapace, come spero, lotterò perché diventi mia.»

Per una volta il coro di contesse, marchese e ancelle fu unanime: «Evviva! Vita lunga alla nostra Regina, futura Sovrana dei sovrani!»

Seguì da parte delle marchese e delle contesse un minuzioso quanto rivisitato resoconto dei due mesi trascorsi in sua assenza: «Ma certo, Regina, tutto è andato per il meglio!», «Ma naturalmente, Regina, abbiamo preso ogni decisione insieme, come Voi avreste voluto», «Ma no, Regina, è giusto che Vi siate presa il tempo che Vi serviva per riflettere.»

Intanto le ancelle scostavano tutte le tende e aprivano le finestre per fare entrare il sole, andavano a raccogliere fiori e allertavano la servitù perché iniziasse ad allestire un gran banchetto.

Finite di ascoltare marchese e contesse, la Regina chiamò accanto a sé le ancelle. Queste, scodinzolanti come il più affezionato cagnolino al richiamo del suo padrone, accorsero da lei.

«Siamo contente che siate tornata, Regina!»

«Grazie, ancelle mie. E ora andate, forza! Mandate fiori freschi alla Regina di Nonsoché, poi correte ad aiutar la servitù: i commensali saranno tanti e qualcuno dovrà pur aiutare questi poveri servi!»

 

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