Nella musica di Giuseppe Verdi storia ma anche cultura etica
Compositore tra i più affermati nel mondo, e attento osservatore di quella “fine” cultura che è il rispetto dell’umiltà e della generosità
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Sovente, parlando di cultura e arte, si citano nomi famosi che sono passati alla storia. Si rievocano le loro opere più note e con esse non viene meno il desiderio di sottolineare l’importanza che rivestono ancora oggi. Tra i personaggi più celebri, oltre che per il talento e personalità, il musicista e compositore Giuseppe Verdi merita di essere ricordato poiché il prossimo anno ricorre il bicentenario della sua nascita; un ricordo, per la verità forse un po’ troppo in “anticipo” per un biografo, ma per il lettore anticipare i tempi (a volte) può far piacere per… prolungarne il ricordo. Di questo genio musicale è doveroso approfondire la sua biografia, il suo paese natio e la chiesa parrocchiale, quest’ultima perché luogo di prima testimonianza di un nome che sarebbe rimasto impresso nella memoria e nel cuore di molti italiani (emiliani in particolare).
Nacque a Roncole, frazione di Busseto in provincia di Parma, il 10 ottobre 1813 e fu contemporaneo di Wilhelm Richard Wagner (1813-1883). Fu battezzato nella Chiesa Parrocchiale della stessa Roncole, la cui origine risale ai secoli XVI-XVII, poi vittima di rifacimenti e radicali ristrutturazioni, in particolare l’abside in cotto è del 1518 mentre la facciata è del 1610. Internamente è a tre navate con volte a botte; sulla parete di destra e nel Santuario sono riemersi alcuni affreschi del ‘400 tra i quali “La Pietà”, la “Madonna delle Grazie”, “La Natività”, due “Madonne col bambino”: una seduta e l’altra tra i Santi Francesco d’Assisi e Bernardino da Siena, e infine un “San Lorenzo”, i quali potrebbero esser opera dei Loschi. L’ancora esistente registro dei battezzati così riporta: “Anno del Signore 1813, undici ottobre, Atto N. 1588-296. Io Carlo Arcari, Prevosto di Roncole, questa mattina ho battezzato un bambino nato ieri alle ore 8, da Carlo Verdi di fu Giuseppe e da Luisa Utini, sposi di questa parrocchia, al quale ho imposto il nome di Giuseppe, Fortunino, Francesco. Padrini furono il signor Pietro Casali di fu Felice e Barbara Bersani di Angelo, ambedue di questa Parrocchia. In fede don Carlo Arcari”. La casa natale di Verdi è un modestissimo caseggiato in cotto, e sorge presso il canale del Molino a lato della via della Processione, rimasta così com’era allora per volontà dei marchesi Giuseppe e Leopoldina Pallavicino a testimonianza degli umili natali del grande musicista. Nel cortile antistante la casa, tra il verde della siepe e i gerani fioriti, rivive tra la sua gente il maestro i cui lineamenti sono richiamati dal busto di bronzo del Cantù, per la fusione di G. Giudici collocato su di un basamento di marmo.
Il suo genio si è esteso da quel tenero e meditativo paesaggio, nella rude semplicità dei nostri campi, senza lusinghe di estetismi complicati, ad interpretare le gigantesche strutture, il gusto e la passione dei popoli più diversi. Come costruiva il suo talento musicale, costruì pietra su pietra con sagacia di amministratore, taccagno e generoso, la sua fortuna: abile ed avveduto così nei negozi come nell’arte, provetto anche negli indirizzi della amministrazione come lo era nel dar mano alle opere della sua fantasia. Per incitamento di Giuseppina Strepponi (1815-1897, sua seconda moglie) acquistò nel 1848, il fondo Sant’Agata e andò costruendo la casa negli anni seguenti, suo asilo di pace e di lavoro, lungo il corso dell’Ongina. Il suo nome divenne simbolo dell’Unità italiana. Fu deputato di Borgo San Donnino e recò a Vittorio Emanuele nel 1859 i voti di annessione. Fu a Parma al Teatro Regio a curare la prima rappresentazione italiana dell’Aida che ebbe luogo il 20 aprile 1872 e che è rimasta l’opera più cara dei parmigiani.
Verdi morì a Milano il 27 gennaio 1901, ed è sepolto nella casa di riposo da lui fondata. Si spense, dopo serena ed operosa vecchiaia che dava al mondo i capolavori di Otello e Falstaff. Così quel Villanello delle Roncole, passando alla storia per il suo genio, inevitabilmente vi portò anche la sua casa e il suo paese d’origine che non dimenticò mai, così come non dimenticò le sue umili origini. Nel suo testamento infatti lasciò un segno tangibile della sua affezione lasciando un sussidio perpetuo da erogare ad una cinquantina di poveri del suo paese. Nel 1913 si svolsero a Parma grandi manifestazioni celebrative a carattere nazionale nel centenario della sua nascita. Ricordarlo oggi, per me è come ritornare a Parma, città illustre dalla “dimensione d’uomo” dove la cultura della lirica e bel canto si è sempre imposta, e le relazioni sociali ancora oggi trovano il loro spazio manifestandosi con quella spontaneità che è tipica degli emiliani… figli di un compositore delle più applaudite Opere rappresentate in tutti i teatri del mondo.