NIKO ROMITO, le radici antiche del futuro
di Emanuela Medoro
Due anni fa lessi il libro Dieci lezioni di cucina di Niko Romito e notai che lui riusciva in un’impresa difficilissima: collegare il passato arcaico, contadino e pastorale dell’Abruzzo al mondo presente, quello benestante ed elegante, e a proiettarlo nel futuro. Ad esempio, leggendo il libro, trovai la parola mesticanza usato per un piatto di verdure a me ignoto, ma la parola mi suscitò l’immagine di una fila di contadine al centro della piazza del mercato dell’Aquila, prima del sisma, con sacchi di erbette miste, profumate di vento e di prati. E gli elogi per i nostri legumi! I fagioli bianchi di Paganica, le lenticchie di Santo Stefano e i ceci di Navelli, strepitosi, ma sconosciuti oltre i confini della regione. Ripeto gli aggettivi usati dall’autore, strepitosi e sconosciuti, augurandomi che una eventuale produzione per la diffusione dei legumi abruzzesi oltre i ristretti confini regionali non ne peggiori la qualità.
Oggi, finalmente mi è riuscito di visitare il bar ristorante “Spazio”, di Niko Romito a Roma, Piazza Verdi, zona Parioli, dove operano i diplomati della sua scuola di Castel di Sangro che offrono al pubblico una versione semplificata ma fedele della sua cucina. Appena entrata ho avvertito, nella confusione delle voci all’ora più affollata del pasto di mezzogiorno, un insolito tintinnio di piatti, poi arrivata la portata ordinata, mi accorgo di avere un piatto metallico, smaltato di bianco con un bordino blu. Per i giovani è una trovata avveniristica per limitare l’uso della dannosissima plastica. Ricordo loro, però, che prima della diffusione di questa si usavano piatti e scodelle metalliche, smaltati di bianco e di blu. Un brillante caso di futuro con radici antiche.
Altra scoperta memorabile, densa di ricordi, il Pane e Ragù, elencato nel menù e richiesto. Sono arrivate due fette non sottili di un pane dalla crosta croccante e mollica leggera e spugnosa, coperte da un ragù che, morbido e cremoso, manteneva intatto il colore e il profumo dei pomodori crudi. E poi, dopo aver mangiato cannelloni di magro, alla fine osservo che il piatto era pulito. Che differenza con lo stesso primo consumato a casa o in ristoranti più tradizionali. Elegantemente semplice, si può dire per “Spazio” parafrasando il titolo dell’articolo dell’Espresso che per l’apertura del nuovo ristorante di Niko Romito all’hotel Bulgari di Milano titola “Lussuosamente semplice”.
Nel libro di Niko Romito notai anche una notevole attenzione alla salute nell’alimentazione: “…Non c’è una goccia d’olio in tutta la preparazione (pag 57) … Con la sola eccezione del limone candito non c’è un grammo di zucchero in tutto il piatto (pag 95) …rispettando l’uomo, un boccone dopo l’altro (pag.96)”.
Secondo questa mia limitata esperienza, Niko Romito riesce veramente a rispettare la salute del consumatore. Un bell’impegno per il suo futuro: diffondere per quanto possibile l’idea che un piatto può essere buono senza essere dannoso per la salute. Troppo spesso ho sentito dire: se il cibo non fa male, non è buono. Sarebbe socialmente utile se l’uso di alimenti buoni e salutari diventasse patrimonio culturale di tanti, famiglie, ristoranti e trattorie, e non solo per gente particolarmente salutista.
Ultimo, ma non meno importante, per due portate il conto pagato alla cassa non fu più alto di quello pagato in tanti ristoranti che usano sale, zuccheri e grassi animali e vegetali in quantità industriale.