Nomadelfia: la città dove non circola il denaro
A Fossoli, malgrado le baracche in muratura che ospitavano i prigionieri, abbiano subito la devastazione dell’abbandono e del tempo, il visitatore che calpesta il piazzale con la torretta di guardia ancora in piedi, non può non rimanere turbato, perché Fossoli era un campo di transito verso Bolzano e poi i lager tedeschi, austriaci, polacchi, ma non per questo i deportati, in gran parte ebrei, non vi morivano. E le tracce di quei crimini persistono ancora oggi. Eppure. Malgrado l’orrore, Fossoli conserva una luce. Quella delle piccole mattonelle azzurre, che compaiono, sbrecciate, nelle mura delle baracche, a testimonianza del passaggio dei Nomadelfi che vi soggiornarono per anni, fino a quando, nel 1954, non riceveranno dalla contessa M. Giovanna Albertoni Pirelli la donazione della tenuta Rosellana, in Maremma.
La Costituzione di Nomadelfia sarà approvata nel febbraio 1948 sull’altare, poco dopo arriveranno 120 bambini da un brefotrofio di Roma. Nel 1962 Nomadelfia diventa parrocchia. Nel 1980 papa Giovanni Paolo II accoglie Don Zeno e i suoi ragazzi che gli offrono una serata di canti e danze. Il 15 gennaio 1981 don Zeno muore nella “sua” Nomadelfia. Nomadelfia è una città anomala perché, oltre ad avere un fondatore dal carattere forte e spesso scomodo, ha una propria costituzione e la maggiore età spostata a 21 anni, una scuola che funziona a pieno ritmo, dalla materna al liceo, gestita interamente dai genitori che anche se non hanno conseguito titoli di studio atti all’insegnamento, magari sono vissuti in Inghilterra e quindi conoscono l’inglese, oppure hanno predisposizioni per la matematica o la geografia, preparano i ragazzi e fanno comunque parte dei gruppi familiari. Pochi i docenti che vengono dall’esterno, e soprattutto per i ragazzi che frequentano le classi superiori eppure, malgrado questa ulteriore anomalia, i giovani Nomadelfi superano brillantemente gli esami da privatisti nelle scuole pubbliche. Le classi sono composte da un massimo di 8 ragazzi, i quali, terminato di studiare riordinano, spazzano, puliscono.Tutto a Nomadelfia è in comune, anche i figli, che pur facendo parte di gruppi diversi, sono seguiti comunque da tutti gli adulti che per un motivo o per l’altro interagiscono con loro. E gli adulti non sono sempre genitori biologici, ma spesso affidatari. In questa città non si commercia, si vive di quello che si produce. Le auto che circolano con nomi come Nazaret nelle targhe, sembrano uscite da un paese dell’Est prima della caduta del muro di Berlino, il pulmino della scuola, funzionante, avrebbe bisogno, comunque, di essere cambiato. Non ci sono bar, le tv, una per gruppo, non possiedono parabole, né decoder e i programmi gettonati dai telespettatori sono il tg e i cartoni animati la
domenica pomeriggio per i bambini. Qualche film. E basta. (E poi la visione è pilotata dal presidente dell’Associazione e dal consiglio). Il pasto dei nomadelfi è frugale, ma non manca del caffè o della panna, se la Provvidenza la invia…I bambini giocano insieme, ma non circolano molti giocattoli e sono banditi videogames e pc, utilizzati solo dagli adulti. Per non parlare dei
cellulari in dotazione solo degli studenti universitari che escono dalla città e di qualche adulto per esigenze logistiche. A Nomadelfia non circola denaro. Gli abiti, le scarpe, i materiali scolastici, si trovano al magazzino dove ogni gruppo si dirige per riceverli, ma solo al momento del bisogno.
Fine seconda parte- continua
Questo angolo di mondo mi ha sempre affascinata e spesso nel passato, molto passato…ho avuto desiderio di farvi parte.Poi la vita mi ha condotta per strade diverse………..Mannaggia!