Ode (strampalata) a Mantova

interno di una sinagoga

di Marcella Onnis

Tranquilli, Mantova e il suo festival della letteratura alimentano in me – come in ogni visitatore – la sete di cultura, di lettura e magari di scrittura, ma non al punto da farmi credere poetessa. Le righe che seguono vogliono solo essere un omaggio – strampalato ma sentito – a questa città di cui due anni fa mi sono innamorata a prima vista e in cui, potendo, tornerei ogni anno. Non solo per Festivaletteratura, si intende.

 

pullman rivestito di lavori a maglia coloratiMantova che c’è il sole, anche se temevi la pioggia.

Mantova dove la creatività si manifesta in forme incredibili e affascinanti.

Mantova che dove c’è cibo (buon cibo), trovi le vespe (o le api? mai imparato a distinguerle) e non te l’aspettavi mica.

Mantova che puoi girarci la sera, anche da sola, e ti senti come nella tua città, anzi, nel tuo paese. E, soprattutto, ti senti nel posto giusto.

Mantova che devi star più attento alle bici che non alle auto (ma quanto sono pazienti qui gli automobilisti?).

Mantova che ti fa scoprire che il rosso esiste fermo o mosso, dove mosso sta per frizzante. E mica Ligabue te l’aveva spiegato che il lambrusco è frizzante.

Mantova dove, per il Festival, può incontrare per strada o seduti a un bar scrittori, altri artisti, giornalisti, politici, giuristi … e ricordarti che sono persone come te, che mangiano, bevono, chiacchierano, passeggiano…  Sicuramente vanno pure al bagno, anche se lì non ce li hai mai incontrati.

Mantova dove le campane suonano a lungo – un po’ troppo a lungo, forse – e pure di notte. Pure.

Mantova dove i ristoratori non sono gentili ma premurosi e se lo fanno per dovere, non lo danno a vedere.

interno di una sinagogaMantova dove c’è una sinagoga bellissima che non crea alcun disturbo, tanto che qualcuno si dimentica che esiste, forse persino qualche ebreo che non la frequenta più.

Mantova che ti siedi su una panchina e scrivi, mentre la gente ti scorre davanti e magari ti guarda stranita, ché qui si viene soprattutto per leggere, mica per scrivere.

Mantova che per scrivere puoi anche buttarti giù dal letto dieci minuti dopo essertici infilato. Poi, il giorno dopo, magari cancellerai quello che hai scritto.

Mantova che la prossima volta racconterò con la dignità che merita. O, meglio, non la racconterò affatto: l’amerò in silenzio. Come tanti altri.

 

 

La foto del pullman è di Marcella Onnis, quella della sinagoga è di Silvia Onnis.
N.B.: Il bellissimo pullman “rivestito” appartiene all’associazione culturale no profit “Arte dell’assurdo”, che ogni anno realizza il Festival internazionale degli artisti di stradaFamille De La Rue”.

2 thoughts on “Ode (strampalata) a Mantova

  1. Complimenti vivissimi Marcella. Mi hai fatto venire la voglia di tuffarmi dentro questa meravigliosa città, che vive e lascia vivere, cosa non da poco al giorno d’oggi.
    Brava e grazie.
    Gg

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