OGGI PIÙ CHE MAI IL MEDICO DOVREBBE ESSERE AL NOSTRO FIANCO
In complicità ed empatia per il superamento delle sofferenze, con la cristiana guida della sua vocazione a beneficio della collettività. La lungimiranza di Giuseppe Moscati e l’esortazione di Pio XII
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e biografo)
Da sempre la figura del medico conserva nel tempo la sua impronta di confidente e curante del corpo, soprattutto nelle grandi avversità ed urgenze, sempre in prima linea e non di rado mettendo a rischio la propria incolumità. In questi tre anni di pandemia da Covid 19, in particolare, tutti hanno dato il meglio di sé, ridonando salute e strappando alle morte quanti più pazienti possibili. Sacrifici, rinunce e sprezzante del pericolo, lo accompagnano costantemente nel corso del suo impegno e dedizione, giacché questa è la sua missione. Tuttavia, talvolta il paziente si imbatte nel medico “carente” di questi doveri cui segue quella sorta di conflitto per lo più sanabile con un buon dialogo; ed ecco quindi il rinascere (almeno così dovrebbe essere) di quelle empatia e complicità, preludio alla alleanza terapeutica. Questo percorso, se fatto insieme, pone il medico al centro di ogni più intima riflessione, e il paziente alla sua attenzione tanto da rammentargli quanto “invocava” il medico fisiologo Giuseppe Moscati (1880-1927 nella foto): «Beati noi medici, tanto spesso incapaci di allontanare una malattia, beati noi se ricordiamo che, oltre i corpi, abbiamo di fronte delle anime immortali, per le quali ci urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi: lì è la soddisfazione e non nel sentirci proclamare risanatori di un male fisico, quando per lo più la coscienza ci ammonisce… che il male guarì da sé». Ed è così che si va sempre più rafforzando, o così dovrebbe essere, il concetto che il medico esercita un servizio all’uomo, anticipatore ed esemplare in cui la Medicina è il suo mondo, trovando nella propria vocazione e nell’esercizio della professione un ideale esaltante, capace di farlo trovare impegnato anche al di là delle più cocenti sconfitte, di fronte alle prove più ardue come le pandemie, gli effetti delle catastrofi naturali e le molteplici immani patologie dall’impossibile diagnosi e cure. Ma non meno di fronte agli avversi ostacoli della burocrazia che nel nostro Paese lo tediano quasi quotidianamente, tanto da rendere più ostico il suo servizio e, talvolta, “allontanandolo” temporaneamente dai suoi pazienti. A fronte di tale impegno che lo coinvolge sin dalla notte dei tempi, può essere utile e di conforto recitare “La vera preghiera del medico” suggerita da Pio XII (al secolo Giovanni Pacelli – 1876-1958 nell’immagine), e che qui ripropongo integralmente. Preghiera non necessariamente per il medico “cattolico”, ma per l’uomo medico, del quale Pio XII mostrava di conoscere l’intima ed ansiosa ricerca di luce e di soccorso.
«Oh! Medico divino delle anime e dei corpi, Redentore Gesù, che durante la Tua vita mortale prediligesti gli infermi risanandoli col tocco della Tua mano onnipotente, noi chiamati all’ardua missione di medici, Ti adoriamo e riconosciamo in Te il nostro eccelso modello e sostegno. Mente, cuore e mano siano sempre da Te guidati in modo da meritare la lode e l’onore che lo Spirito Santo ascrive al nostro ufficio. Accresci in noi la consapevolezza di essere in qualche modo collaboratori Tuoi nella difesa e nello sviluppo delle umane creature e strumenti della Tua misericordia. Illumina le nostre intelligenze nell’aspro cimento contro le innumerevoli infermità dei corpi, affinché, avvalendoci rettamente della scienza e dei suoi progressi, non ci siano occulte le cause dei mali, né ci traggano in inganno i loro sintomi, ma con sicuro giudizio possiamo indicare i rimedi della Tua Provvidenza disposti. Dilata i niostri cuori con il Tuo amore, sicché ravvisando te stesso negli infermi, particolarmente nei più derelitti, rispondiamo con indefessa sollecitudine alla fiducia che essi ripongono in noi. Fa che, imitando il Tuo esempio, siamo paterni nel consigliare, solerti nel curare, alieni dall’illudere, soavi nel preannunciare il mistero del dolore e della morte; soprattutto che siamo fermi nel difendere la Tua Santa legge del rispetto alla vita, contro gli assalti dell’egoismo e dei perversi istinti. Come medici che ci gloriamo del Tuo nome, promettiamo che la nostra attività si muoverà costantemente nell’osservanza dell’ordine morale e sotto l’impero delle sue leggi. Concedici infine che noi stessi, per la condotta cristiana della vita ed il retto esercizio della professione, meritiamo un giorno di ascoltare dalle Tue labbra la beatificante sentenza, promessa a coloro che Ti visitarono infermo nei fratelli: “Venite o benedetti del Padre mio, prendete possesso del Regno per voi preparato”. Così sia».
So bene, o dovremmo sapere tutti, che i medici hanno un “cuore”, ma purtroppo non è sempre così… Un cuore che a volte si scontra con determinati limiti (tempo, mezzi, burocrazia, etc.) e soprattutto dalle discutibili regole del sistema, ma ciò non toglie che l’essere più vicino al proprio paziente, e quindi più disponibile ad una relazione empatica, può essere preludio ad un primo inizio di cura… E forse è proprio per questo che una accorata preghiera lo può sostenere, unitamente ai suoi pazienti.