ORTOPEDIA E NEUROFISIOLOGIA A CONFRONTO TRA BENESSERE FISICO E PSICOFISICO

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

 

La costante affluenza di pubblico nell’aula magna del Centro di Biotecnologie Molecolari di Torino, per seguire le conferenze sulla prevenzione a cura dell’associazione Più Vita in Salute, è certamente segno di senso civico e responsabile per la propria salute e, di riflesso, per la collettività. Uno degli argomenti trattati lunedì 23 aprile scorso aveva per titolo “Attuali orientamenti nella prevenzione e terapia delle lombalgie”, a cura di Giorgio Bertini (nella foto), specialista in Ortopedia, Traumatologia e Fisiokinesiterapia. Patologie che colpiscono gran parte della popolazione mondiale, con notevoli ripercussioni di costi per assistenza sanitaria e assenze lavorative. «Quando si parla di lombalgie – ha precisato il relatore – bisogna tener presente che essendo intese come sindrome dolorosa colpisce la parte inferiore della schiena, e può essere isolata ma anche associata agli arti inferiori anteriormente o posteriormente: rispettivamente lombocruralgia e lombosciatalgia. In realtà non sono patologie ma solo sintomi più o meno diffusi provocati da diverse cause, sia vertebrali che extravertebrali». L’importanza di questo argomento è data da alcune statistiche, le quali, secondo uno studio riportato nel 1988 dal dott. Boccardi, evidenziano che sono state identificate ben 841 patologie (vertebrali e extravertebrali) che possono provocare lombalgia, lombocruralgia e lombosciatalgia. Altri dati sottolineano che 75 persone su 100 ogni anno lamentano una forma di lombalgia, 20 su 100 avranno un episodio lombalgico, 4 su 100 ne soffriranno periodicamente e il 50% tende a guarire spontaneamente. «Le lombalgie acute – ha spiegato – durano mediamente 4 settimane, quelle sub-acute alcuni mesi, e quelle croniche da tre a sei mesi con dolori persistenti; mentre la forma acuta ha notevole possibilità di regredire, quella cronica ne ha meno anche perché quest’ultima implica fattori bio-psico-sociali con il coinvolgimento totale del paziente». Ma quali i fattori di rischio? Secondo il clinico sono in parte individuali come un episodio di lombalgia pregressa e l’età avanzata che nel tempo possono favorire la cronicizzazione, e il sesso femminile pare essere più vulnerabile; mentre il sovrappeso incide maggiormente; come pure i fattori biomeccanici (sollevamento di pesi eccessivi, guida di veicoli pesanti, vibrazioni corporee, posture prolungate e scomposte; mentre al punto di vista delle cause bio-psico-sociali sono da considerarsi l’insoddisfazione dei trattamenti precedenti, scarsa attenzione al proprio corpo, etc.). Un primo “approccio” alla malattia è ovviamente un esame medico obiettivo, ed altrettanto utili sono gli esami strumentali in concomitanza con la diagnosi ipotizzata nel corso della vita; cui seguono, in caso di indicazioni terapeutiche, il trattamento farmacologico con la somministrazione di analgesici e/o antinfiammatori), fisioterapico-riabilitativo (ginnastica, nuoto, approccio cognitivo comportamentale, etc.), e intermedio (ozonoterapia, anestetici locali, etc.). «Ai fini della prevenzione – ha concluso il dott. Bertini – le alterazioni della postura rappresentano una delle cause più frequenti di lombalgia, che si possono affrontare con le appropriate terapie; ma è consigliabile, oltre che saggio, osservare semplici regole di comportamento per mantenere stabile la colonna vertebrale: meno peso da trasportare, intensificare l’attività fisica, evitare una prolungata esposizione al freddo e all’umidità; usare scarpe comode, sedie e materassi rigidi; scendere dal letto in modo graduale; ma non meno importanti sono l’avere un positivo tono dell’umore, e contestualmente meno ansia e meno stress”.

 

Una seconda relazione ha riguardato il tema “Per un sano dormire”, esigenza questa, che interessa tutti gli esseri viventi, quindi non solo l’uomo e gli animali, ma anche il regno vegetale. Osservazione palese con la quale il prof. Piergiorgio Strata (il primo a sinistra nella foto), docente universitario emerito di Neurofisiologia e neuroscienziato all’Università di Torino, ha introdotto la sua esposizione. «Il sonno – ha esordito – è un argomento affascinante per tutti, non solo per chi, come noi, ha speso la vita a cercare di capire a che cosa serva, ma per chiunque sappia apprezzare il senso di ristoro che può portare una buona dormita o comprendere l’assoluta miseria associata alla mancanza di un meritato riposo. Non ci sono grossi dubbi che il sonno sia importante per il benessere generale e specialmente per il cervello, e la sua dinamica lo colloca indubbiamente tra i misteri più affascinanti con non pochi quesiti». In effetti, chi non sente il bisogno di dormire? Chi, nel corso della propria esistenza, non ha dovuto “sopportare” qualche episodio di notte insonne? A questo riguardo il relatore ha rammentato il curioso episodio avvenuto nel 1964 a San Diego (California), quando al diciasettenne Randy Gardner e ai suoi compagni Bruce McAllister e Joe Marciano Jr venne in mente un esperimento da portare a scuola come ricerca scolastica: dimostrare gli effetti dell’assenza del sonno, e fu proprio questo giovane intraprendente che affrontò la prova riuscendo a non dormire per 264 ore consecutive ossia 11 giorni, alla scadenza dei quali dormì 14 ore filate senza riportare conseguenze apparenti sia sul piano fisico che psichico, e stabilendo così un record… Ma perché si dorme? «Molti lavori – ha spiegato il cattedratico – dimostrano che dormire non solo è necessario al proprio organismo, ma che dormire “male” è causa di malattie. Il sonno, essendo così radicato, deve avere un significato che rientra nell’evoluzione della vita e… della specie. Il sonno è un comportamento che noi definiamo un “ritmo circadiano”, ossia un ritmo caratterizzato da un periodo di circa 24 ore (il termine è stato coniato dallo scienziato rumeno, e fondatore della Cronobiologia, Franz Halberg (1919-2013, ndr) dal latino “circa diem” che significa appunto “intorno al giorno”. Tale periodo è il punto di riferimento a cui tutti ci adattiamo ed abbiamo un orologio interno che ci fa dormire 24 ore, ma tale non è uguale per tutti”. In pratica dormire è una temporanea perdita di coscienza e la riduzione o la sospensione parziale del funzionamento dei centri nervosi, con la conseguente diminuzione delle varie funzioni organiche, come la circolazione, la respirazione ed il metabolismo, e se si dorme bene l’organismo ne trae certamente beneficio (equilibrio psicofisico), tanto da migliorare le proprie performance nelle ore successive al sonno. Una curiosa analisi di alcuni anni fa effettuata in California dal 2007 al 2012 su 3 milioni di donne, ha rilevato che migliorando il sonno si riducono i parti prematuri. Le donne che lamentano di non dormire bene o sono affette da malattie come le apnee notturne ostruttive del sonno, hanno una probabilità doppia di mettere al mondo figli che nascono con sei settimane di anticipo.

 

 

Al mondo il numero di bambini prematuri con tre mesi di anticipo è di 15 milioni ogni anno, e di questi 1,1 milioni muoiono durante il parto; mentre molti altri diventano disabili. Il cattedratico ha poi fatto un cenno sulle parasonnie, spiegando che secondo la più recente classificazione rappresentano un gruppo ampio ed eterogeneo di disturbi del sonno che consistono in “manifestazioni indesiderate” che accompagnano il sonno e che spesso sembrano finalizzate al raggiungimento di un obiettivo. In alcuni casi possono causare traumi e disturbare il sonno del paziente o di chi gli sta vicino. Le diverse forme di parasonnia vengono classificate in base alla loro occorrenza durante le diverse fasi del sonno e sono: parasonnie del sonno NREM (disordini dell’arousal), parasonnie solitamente associate al sonno REM, e altre parasonnie. Quali, allora, i suggerimenti per un dormire sano e… ristoratore? «È indispensabile – ha suggerito il prof. Strata – eliminare ogni cattiva abitudine come ad esempio rendere la propria stanza da letto il più confortevole possibile (19° gradi di temperatura sarebbero ottimali), e nella stessa non avere la televisione e dormire allo scuro; non magiare prima di coricarsi, modificare la dieta riducendo gli zuccheri, cercare “relax” con una musica rilassante; infine, dormire almeno 8 ore e alzarsi possibilmente alla stessa ora». Forse, è al caso di aggiungere, che leggere qualche pagina di un buon libro prima di spegnere la abat-jour, può conciliare il sonno e magari favorire un piacevole sogno, seguiti da un buon risveglio per dare l’opportunità alla giornata che ci sta dinanzi di essere la più bella della propria vita.

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