Se ognuno fa qualcosa…allora si può fare molto. Questo l’augurio e l’esortazione di un semplice prete della chiesa di Palermo, parrocco nella borgata di Brancaccio. Una esortazione semplice, come il suo stile, potremmo dire anche banale, ma che difficilmente trova applicazione e consenso. E’ un’esortazione all’impegno in prima persona, un richiamo alla responsabilità individuale nei confronti della collettività. Un insegnamento, quello di Don Pino Puglisi, in sintonia con il Vangelo che annunciava e per il quale il suo sangue ha sporcato in maniera indelebile la terra di Palermo. Un martire della chiesa, ucciso dai mafiosi -che secondo la falsa leggenda non uccidono nè donne, nè bambini e neppure preti- proprio nel giorno del suo compleanno, il 15 settembre del 1993. Un semplice prete don Puglisi, un educatore, un pastore che aveva concepito la parrocchia nell’ottica del concilio, uno luogo di preghiera certamente, ma anche uno spazio educativo, di confronto, di crescita e di maturazione, un luogo di promozione umana dove tutte le generazioni, e in particolare bambini e i giovani, fossero aiutati a scoprire la loro libertà, a ridare importanza alla propria dignità, ai propri sogni, in una terra dove la dignità veniva e ancora spesso viene calpestata dalla prepotenza e i sogni annientati dal bisogno, dalla povertà economica ma soprattutto da quella culturale. Il Martirio di don Puglisi, come quello di Don Giuseppe Diana ( parroco a Casal di Principe, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994) non può cadere nella nostra spesso facile dimenticanza, è un martirio che ci chiama, credenti e non, alla riflessione, ci pone davanti alle nostre responsabilità di uomini e donne, di cittadini, di educatori, professionisti e amministratori. E’ un martiro che insieme agli altri martiri di questa terra, dovrebbe ancora una volta sconvolgerci, indignarci e spingerci ad alzare la testa. Colgo questa occasione per dare il banvenuto ai nuovi pastori della chiesa di Bagheria, ai nuovi parroci che già da qualche giorno svolgono il loro ministero nelle parrocchie di Sant’Antonio, Maria ss. del Carmelo, Maria Ss. Immacolata e Chiesa del S. Sepolcro. L’insegnamento di don Puglisi guidi le nostre comunità, sia da stimolo per la crescita umana e quindi spirituale e culturale dei nostri giovani e della nostra città che ha bisogno cittadini sempre più consapevoli, sempre più impegnati, anche e soprattutto, nella vita politica. e se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto.
Emanuele Tornatore
La storia
Don Pino Puglisi è assassinato la sera del 15 settembre 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno (era nato a Palermo, nel quartiere Brancaccio, il 15 settembre 1937), ucciso con un colpo di pistola alla nuca mentre torna a casa. Circa due mesi prima padre Puglisi aveva subito un’ intimidazione mafiosa: di notte gli avevano parzialmente bruciato la porta della Chiesa. Da alcuni anni era parroco della Chiesa di San Gaetano, a Brancaccio, feudo della famiglia Graviano, e insegnava religione al liceo classico Vittorio Emanuele di Palermo. In precedenza per 10 anni era stato parroco a Godrano, un piccolo comune del corleonese. Nella parrocchia di San Gaetano padre Puglisi aveva svolto una costante predicazione antimafia. A gennaio 1993 aveva inaugurato il centro “Padre Nostro“, diventato punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. Il sacerdote dava fastidio alla mafia per il suo limpido apostolato, l’ azione contro i trafficanti di droga, le omelie di condanna a Cosa Nostra.
I pentiti hanno rivelato che a ordinare il delitto furono i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss del quartiere. L’ agguato fu affidato a un ”commando” guidato dal killer Salvatore Grigoli che, dopo essersi pentito, ha accusato come suoi complici Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, che avrebbero svolto funzioni di appoggio, e il ”reggente” della cosca Nino Mangano che avrebbe organizzato la spedizione di morte. Grigoli ha raccontato che, quando Don Pino Puglisi capì che stava per ucciderlo, disse ”me l’ aspettavo”, e sorrise al suo assassino.
La Cassazione ha reso definitive le condanne all’ergastolo per i fratelli Graviano, boss della borgata di Brancaccio, accusati di avere ordinato l’uccisione del sacerdote e quella a 16 anni per il killer pentito Salvatore Grigoli, che ha confessato di avere sparato a Puglisi. Condanne all’ ergastolo anche per Spatuzza, Lo Nigro, Giacalone e Mangano. (Fonte: Ansa)
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