Perché leggere “Chiedo scusa”, perché chiedere scusa
Solitamente l’essenza di un libro è racchiusa nel suo “dentro” e sempre in quel “dentro” si trovano, di norma, i motivi per cui vale la pena leggerlo. Chiedo scusa di Francesco Abate e Saverio Mastrofranco (pseudonimo di Valerio Mastandrea) fa un po’ eccezione perché il suo “involucro” ne contiene già tutto lo spirito.
“Chiedo scusa”: siamo così immersi nella violenza (fisica e verbale), nella volgarità e nel frastuono che un titolo così educato già di per sé merita attenzione e rispetto. Chiedere scusa, con convinzione e quando veramente ce n’è motivo, è difficile. Francesco Abate e Valter, il protagonista del romanzo, imparano a farlo grazie alla loro vicenda personale e bisognerebbe fare tesoro della loro esperienza. Perché, se ci guardiamo bene dentro, sicuramente riusciamo a trovare qualche motivo per cui dovremmo chiedere scusa. Magari perché, anche noi, ci siamo talvolta comportati come se fossimo gli unici ad avere un problema o come se i problemi degli altri meritassero meno attenzione dei nostri. Oppure per aver creduto che le nostre sofferenze ci autorizzassero a trattare male gli altri, soprattutto se – a differenza nostra – conducevano esistenze serene. O magari dovremmo scusarci perché diamo per scontato le cose buone e belle che possediamo, rischiando di sprecare questa fortuna. Oppure perché stiamo sempre lì ad aspettare le scuse altrui, anziché preoccuparci di essere i primi a chiedere perdono per i nostri errori. O ancora, come un po’ suggerisce questo libro, per non aver saputo meritare un dono ricevuto, soprattutto se quel dono era la fiducia altrui.
La prima pagina del libro viene introdotta così: «Questo romanzo è ispirato ad una storia vera. La finzione è presente per rendere il racconto un po’ più accettabile, dato che la realtà aveva superato i limiti della credibilità». Due frasi che, come il bugiardino per il farmaco, forniscono al lettore le istruzioni per l’uso. Che conosca o meno la trama (Chiedo scusa è la storia di un uomo che deve affrontare il “prima”, il “durante” e il “dopo” di un trapianto di fegato), egli avrà dunque la certezza che la lettura sarà emotivamente impegnativa.
Un libro impegnativo, dunque, ma non tragico. Ce lo dice chiaramente già la quarta di copertina: «La nostra vita ha sempre un lato comico, e questo libro, nudo e limpido come una pietra preziosa, lo scopre nel luogo più impensato. Nel più estremo dolore». E per descrivere sinteticamente Chiedo scusa non sarebbe possibile trovare parole migliori. Pur raccontando un dramma, questo romanzo regala tanta speranza a chi non l’ha più o la sta perdendo, ma soprattutto commuove e diverte, spesso ad un tempo. Ed in questo Abate (non me ne voglia Mastandrea se lo metto un attimo in secondo piano) dimostra tutto il suo valore di scrittore e di uomo, perché non c’è forse dono più grande che saper ridere e far ridere anche in mezzo al dolore. Soprattutto quando si tratta del proprio dolore.