Perché leggere “Forse non fa. Dieci errori da non fare a Cagliari” di Celestino Tabasso
di Marcella Onnis
L’esordio come scrittore di Celestino Tabasso, una delle più interessanti firme de L’Unione sarda, è stato celebrato in pompa magna a Cagliari il 20 giugno scorso con un’originalissima presentazione ideata da Francesco Abate. Tutto si è svolto per strada (in via San Saturnino) e con logistica fai-da-te: ogni partecipante doveva portarsi la sedia da casa o accontentarsi di un appoggio di fortuna. Un’idea nata senz’altro per attirare la curiosità sul libro e sulla collana I Freschi di Caracò Editore, che con questa pubblicazione è stata inaugurata, ma anche per una motivazione più nobile, come ha spiegato a L’Unione sarda il direttore della collana, Francesco Abate: «[…] per ricordare che una delle cose da non fare in città sarebbe abbandonare un luogo, lasciare che se ne impadroniscano tossici e spacciatori».
Quel giorno non ero presente perché non faceva (tradotto per i non cagliaritani, “non era possibile”) ma, stando ai resoconti dei presenti (compreso Giuseppe Argiolas che ha scattato le foto di questo collage), si è veramente trattato di un “evento”: per l’ambientazione a dir poco insolita, per le centinaia di partecipanti e per il fatto che, per l’occasione, Abate ha reindossato i panni di dj Frisko.
Tanto rumore per nulla? Direi di no. Certo, non dovete aspettarvi il romanzo del secolo, soprattutto perché di romanzo non si tratta: Forse non fa. Dieci errori da non fare a Cagliari è una guida di sopravvivenza urbana. Però è una guida molto carina e tutt’altro che frivola, per cui val sicuramente la pena leggerla.
Innanzitutto, perché il libro è davvero molto spassoso, a cominciare dall’introduzione stile Genesi a firma di Frisko. Poi perché scorre veloce grazie allo stile brioso e “alla mano” di Tabasso, che rende la lettura piacevolmente leggera, come lo sguardo “terzo” con cui sorvola e racconta la città di Cagliari … senza scordare di spaziare, con sguardo a volte “di parte”, nel resto dell’Isola.
Dunque, se state cercando una lettura da ombrellone di qualità (leggi “qualcosa di più valido del classico giallo con copertina di identico colore acquistabile in edicola con un paio di euro”), l’avete appena trovata. Del resto, non sarà stato certamente un caso che il libro sia stato presentato a inizio estate.
È una lettura di qualità sicuramente per la forma perché, oltre ad essere scritto in un buon italiano, tra un passaggio umoristico e l’altro, a volte senza soluzione di continuità, si affacciano passaggi di indubbia dignità letteraria. Penso, in particolare, al capitolo dedicato agli odori (a mio parere uno dei migliori) di cui vi riporto un brano significativo: «[…] c’è un odore improvviso, che non si sente quasi mai. È quello di un camino acceso fuori stagione. Magari per arrostire, magari per bruciare documenti o ricordi o un mobile rotto. Il sentore del fumo esce da un comignolo e ti afferra e ti dice: “Altro che creme solari, altro che gelati e deodoranti, io sono l’odore della Sardegna. Dei Natali in paese, degli spuntini in campagna, delle notti di Carnevale in Barbagia”. E ti sembra che quell’odore di fumo e di legno esca dal comignolo, magari da una casa sotto il Terrapieno, e mischiandosi all’atmosfera tiepida e sensuale della bella stagione cagliaritana abbia un’espressione sospettosa, come un parroco in spiaggia. È straniante, ma dà una bella emozione»
Ed è di qualità anche per il contenuto, perché le simpatiche indicazioni sugli errori che un non cagliaritano deve evitare di commettere sono intervallate da brevi ma preziosi affondi nella storia dell’Isola e da alcuni arguti accenni all’attuale contesto socio-politico.
Quanto alle indicazioni utili, vi includo sicuramente la corretta pronuncia di Nuoro: non Nuòro (come comprensibilmente può pensare un non sardo o come incredibilmente dicono tanti cagliaritani …e tanti altri sardi), bensì NÙORO!
Apprezzabile, inoltre, che questa guida sfati molti luoghi comuni sui sardi … anche se per qualcuno forse difenderei ancora la sua tendenziale veridicità: convinzioni così radicate da qualcosa di reale dovranno pur essere nate. Del resto, persino Randy Pausch, che era un “uomo di scienza”, ne L’ultima lezione afferma: «Ho grande rispetto per i vecchi stereotipi. Per come la vedo, la ragione per cui così spesso si ripropongono gli stereotipi è perché raramente sbagliano.»
In alcuni casi, peraltro, è lo stesso Tabasso a confermare la tendenziale veridicità di certe credenze popolari, come quando scrive:
«Non è vero che …
A Cagliari bastano due gocce d’acqua e prendono tutti la macchina anche per fare un metro.
La prendono anche col sole.»
E – aggiungerei – se non la prendono, è solo perché:
a) non hanno la macchina;
b) non guidano.
Questi ammonimenti e consigli vengono dispensati principalmente a colpi di ironia (e credo anche autoironia) che ogni tanto vengon giù come mazzate di sarcasmo, soprattutto nella parte in cui l’autore parla degli aspiranti scrittori in cerca di pareri sui loro manoscritti. Tutto o quasi ciò che dice direi che corrisponde al vero … ma per chi si sente colpito il colpo si fa sentire.
Tirando dunque le somme, se la filosofia della collana I freschi dovesse essere proporre nomi nuovi in grado di offrire letture leggere (ma non superficiali!), allora direi che con questo esordio l’obiettivo è stato pienamente centrato: Forse non fa è davvero fresco, nel senso di moderno e non serioso. È, infatti, umoristicamente serio, prova ne sia l’incipit:
«Non ti chiedere continuamente il perché delle cose che non riesci a spiegarti.
Il più delle volte non c’è un perché.
Qui c’è un colle dal quale si vede un panorama maestoso, sereno, poetico. Ci hanno costruito l’unico edificio dal quale non si può guardare fuori: il carcere.
C’è un perché? Spero di no.»