Perché leggere “La neve a Gaza” di Vincenzo Soddu
di Marcella Onnis
Vincenzo Soddu è un divoratore, anzi, uno “svisceratore” di libri: li legge, li studia, ne penetra i contenuti più profondi e ne carpisce i segreti. Lo rivela il modo in cui ne parla sul suo blog Librerie e dintorni, la maniera in cui li presenta al pubblico (come ha fatto per Inutile Tentare Imprigionare Sogni di Cristiano Cavina) … e Patrizio Zurru, sul sito Ho un libro in testa. L’illuminato libraio e agente letterario rivela che, prima di scrivere questo romanzo, Soddu ha letto tanto, non ha avuto fretta e – aggiungerei – forse non aveva neppure la smania di scrivere e pubblicare a tutti i costi un proprio libro.
Chi legge abitualmente i racconti di Vincenzo Soddu sul suo blog ritroverà in questo romanzo il suo particolare modo di raccontare Cagliari, nei suoi luoghi fisici e immateriali, passati e presenti: non scanzonato come quello di altri “cantori della città”, anche se ugualmente affettuoso, più ricco di dettagli ma mai pedante. Si potrebbero definire le sue storie “istruttive”, come le lezioni impartite da un maestro di scuola “vecchio stampo”. Che poi era sempre anche un maestro di vita.
Nel suo primo romanzo, La neve a Gaza, quella stessa scrittura precisa, minuziosa, delicata e piacevolmente pudica («[…] quando la notte arrivò si strinsero uno all’altra per riposare più dolcemente.») fa la spola tra la “città bianca” e Rafah, la tormentata città palestinese al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto.
Leggendo le descrizioni così accurate dei luoghi e dei costumi palestinesi si ha la sensazione che l’autore li conosca personalmente o che, perlomeno, li abbia ben studiati. La conferma arriva dalla nota finale in cui Soddu dedica il libro a Vittorio Arrigoni, il reporter, scrittore e attivista assassinato a soli 36 anni in quanto “colpevole” di aver lottato per una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese: i suoi resoconti – spiega – l’hanno ispirato e aiutato a scrivere questa storia.
Una storia che sicuramente spinge molti di noi – anche chi crede di non avere preconcetti – a ripensare il proprio approccio con gli immigrati. Troppo spesso, infatti, tendiamo a scordare ciò che, nella preziosa prefazione, evidenzia Fawzi Ismail, presidente dell’Associazione Amicizia Sardegna-Palestina: “gli immigrati” non sono un’unica, uniforme entità ma sono un insieme di persone dalle varie culture e dalle differenti vicende personali. Del resto, sono uomini esattamente come chi è nato e cresciuto nella terra in cui approdano e si sa che ogni uomo è una storia a sé. Non solo: sempre Fawzi Ismail ci ricorda che – i sardi dovrebbero saperlo bene – «[…] l’immigrazione è una decisione sofferta, per certi aspetti una sconfitta dettata dalla necessità primaria della sopravvivenza e dalla speranza di una vita migliore.». Più in generale queste pagine ci rammentano – purtroppo ce n’è sempre bisogno – che vivremmo tutti meglio se fossimo altrettanto bravi ad assolvere gli altri per i loro errori come lo siamo con noi stessi e se ci liberassimo di etichette e pregiudizi.
Lo sguardo di Soddu ci mostra lati inaspettati di realtà ben conosciute. È così per la guerra, ad esempio, di cui ci mostra una sua valenza, seppure non per giustificarne l’esistenza, quanto piuttosto perché si faccia tesoro di quel poco che di buono può portare e perché se ne conservi il frutto quando sarà passata: «Questa guerra non ha distrutto tutto, ed in alcuni casi ha dato addirittura più valore alle cose, ha unito il popolo, dove non era unito, e fuori, il suono distorto di una radio che accompagnava le evoluzioni dei giovani che praticano il parkour sulle mura sgretolate di un palazzo è una colonna sonora più significativa di una banda che altrove celebra trionfalmente la pace. Perché la guerra è un’esperienza lacerante, ma è la pace in certi luoghi, a volte, la situazione più difficile da affrontare.» Lo scrittore non manca, infatti, di chiarire, nella nota finale, la convinzione che «[…] il messaggio fondamentale di questa storia dovesse essere soprattutto improntato ad una speranza di pace e non al prevalere di uno dei due popoli contendenti sull’altro.»
È questo l’intento con cui La neve a Gaza racconta di una terra martoriata dai conflitti e di come, in particolare, vivano tale dura realtà le donne e, soprattutto, i bambini, vittime per eccellenza ma anche straordinaria risorsa: «Il futuro, tutto serrato attorno a quegli stessi bambini che in Palestina crescono numerosi, quasi come un’arma di difesa sociale contro gli stermini della guerra.»
Mi sono chiesta tante volte come si possa continuare a vivere la quotidianità in luoghi come Gaza, perennemente in guerra, mai sicuri, dove «le notti […] sono spesso scandite dal fuoco dei carri armati e dalle mitragliatrici» e «[…] il silenzio non è mai assoluto […]». Le parole di Vincenzo Soddu non mi hanno dato una risposta al “come”, ma me l’hanno dato al “perché”: «Gli uomini attorno cercavano di tirare un sospiro di sollievo, tornando a frequentare moschee e caffè, illudendosi di atteggiarsi alla normalità. Sembrava importante, soprattutto per i molti che avevano perso un familiare e per i moltissimi che non avevano più dove abitare. Tutti fingevano un ritorno alla routine, forse soltanto per incoraggiare le mogli e i figli: in qualche modo bisognava andare oltre questa catastrofe. […] Bisognava a tutti i costi andare oltre, bisognava farlo per quella gente martoriata, affinché il solo fatto di continuare a vivere l’aiutasse a comprendere, assimilandolo, il proprio doloroso passato. Bisognava testimoniare questo coraggio, perché diventasse un modello per tutti coloro che coltivassero ancora una speranza.»
Questo libro prima avvince – con una trama dagli inaspettati sviluppi – e poi convince – con un messaggio che non è buonista né ciecamente ottimista ma realisticamente positivo. Convince a fare la nostra parte affinché non si avveri l’incubo di Kalim in cui «[…] una cortina bianca avrebbe coperto lentamente ogni cosa, togliendo a tutti, ormai, anche la forza di urlare, di reagire, di fermare quella storia che si piegava fiaccamente su se stessa, sui propri stessi errori.» E ci sprona a raccogliere il suo appello: «[…] non lasciateci mai soli, perché le cause si vincono sempre tutti assieme, in ogni parte del mondo.»
Forse qualcuno ancora si starà chiedendo“ma perché la neve?” Perché, come scrive l’autore in questo tweet,
@patriziozurru1 @CaracoEditore @librintesta @FrancescoAbate @Letrinnovabile @piulibri2013 la neve a gaza è la speranza!!
— Vincenzo Soddu (@VSoddu) 5 Dicembre 2013
In tempo di guerra o di crisi, come pure in qualunque momento di difficoltà, anche personale e di più modeste dimensioni, è autolesionistico dare per scontato che tutto sia perduto: «Scene che sembrano desolatamente tragiche nascondono una scintilla di speranza e tutto torna nel corso delle cose.» Dobbiamo quindi imparare a godere delle piccole cose e, quando c’è, riconoscere la fortuna nella sfortuna: «Felicità è anche la gioia del vecchio per la piccionaia risparmiata dalle bombe. L’unico ulivo rimasto in piedi nel giardino di Omar.»
Non credo servano altri argomenti per dimostrare che vale davvero la pena di leggere La neve a Gaza, ma ad ogni buon conto ne aggiungo due.
Il primo è che La neve a Gaza è stato pubblicato, su carta “totalmente biodegradabile e riciclabile”, proveniente “da foreste a coltivazione integrata ed ecosostenibile”. E se siete degli “ambientalisti ortodossi” o dei lettori supermoderni, potete comunque acquistarlo in formato elettronico.
Il secondo argomento è che a pubblicarlo è Caracò, casa editrice che ha un nome simpatico ma che al momento di lavorare non scherza affatto perché, come recita il suo slogan, “C’è chi fa i libri e chi li ama”. Attenta alla qualità, pubblica delle vere chicche in cui, in relativamente poche pagine (niente mattoni, per intenderci), sono condensati tanto contenuto e stile. E questo con l’intento – espressamente dichiarato e concretamente perseguito – di coniugare tradizione e modernità, come appare evidente – per restare nel made in Sardinia&Naple – anche con Forse non fa di Celestino Tabasso e le raccolte di racconti Piciocus e Piciocas – Storie di ex bambini/bambine dell’Isola che c’è.
Il terzo è quanto annunciato dallo stesso Vincenzo Soddu su Twitter:
@patriziozurru1 I diritti d’autore de LA NEVE A GAZA sosterranno il progetto “Handala va a scuola” per i bambini palestinesi in età scolare.
— Vincenzo Soddu (@VSoddu) 12 Gennaio 2014