Perché leggere “Scena padre”
Le raccolte di brani di autori vari sono come le ciambelle, che non sempre vengono con il buco. Scena padre, edita da Einaudi, però, ha un buco perfetto … al centro di un tondo perfetto.
Il tema, inequivocabilmente suggerito dal titolo, è stato sviscerato da otto scrittori italiani, tutti“rigorosamente padri”, come precisato nella quarta di copertina: una scelta saggia che ha portato i suoi abbondanti frutti in termini di intensità e credibilità della narrazione.
Illuminanti i brani di Andrea Canobbio e Ascanio Celestini (non strettamente attinente alla paternità ma significativa la sua analisi sulle differenze tra gioco e sport); piacevole quello di Diego De Silva, stilisticamente prossimo al suo ultimo romanzo Mancarsi (e per questo, ad esser sinceri, un po’ meno brillante del ciclo dedicato all’avvocato Malinconico); originale e apprezzabilissimo nella struttura ma un po’ criptico nel contenuto il racconto di Valerio Magrelli; brillante quello di Antonio Pascale; bellissimo, anzi, bellissimissimo il brano di Ernesto Franco. Menzione a parte meritano Marcello Fois e Sandro Bonvissuto. Il primo ha sfornato per l’occasione un… Fois: qui c’è la sua “firma”, quella per cui i suoi appassionati lettori lo amano e che si aspettano di trovare nelle sue pagine, quella che più di uno di loro non ha, invece, trovato nel suo ultimo romanzo, L’importanza dei luoghi comuni. La paternità non è un tema nuovo per lo scrittore sardo: lo ha già affrontato, ad esempio, in Sola andata e Nel tempo di mezzo, che qui trova una sorta di contrappeso (leggere entrambi i libri per comprendere). Tuttavia, nel brano Tu, me vi scende ancora più a fondo e, seguendolo, i lettori ne riemergono turbati ma anche più consapevoli. Anche Bonvissuto aveva già toccato il tema della paternità nel suo romanzo Dentro, con un frammento breve, immerso nel resto di una storia complessa, ma comunque emozionante e incisivo. Nel racconto Rifiuti ingombranti l’atmosfera è molto diversa, però ugualmente nitide sono le sensazioni che regala. Il racconto è bellissimo, probabilmente il migliore nella mia personale classifica: divertente e tenero ad un tempo; originale per struttura e concetti (sorprendente, in particolare, e convincente la sua visione salvifica, protettiva e “vitale”, per usare una sua parola, del frigorifero).
Il gradimento soggettivo, in quanto tale, è variabile, ma da un punto di vista oggettivo non vi è dubbio che tutti i racconti, per motivi diversi, siano letterariamente e umanamente validi. Sono otto brani differenti tra loro per stile, eppure tutti coerenti nell’approcciarsi al tema prescelto: ognuno ne dà, infatti, un’immagine assolutamente veritiera. E veritiero significa, in questo caso, descrivere la paternità non come un fatto lineare: un evento bellissimo, un sentimento d’amore incondizionato… Significa, al contrario, mostrarne certo le luci («La verità è che io ho imparato a leggermi attraverso la lettura dei miei figli, violando, grazie a loro, il buio che mi circondava. Sono potuto andare avanti solo alla luce dei miei figli. I miei figli sono stati la torcia che ha illuminato la strada.» scrive, in Essere padri in ventuno strofe, Valerio Magrelli; «Quel che vuoi è che stia bene […] ma soprattutto […] vuoi salvarla. Perché è questo, al di là di tutto quello che gli mettiamo addosso, che l’amore significa.» sentenzia, in Diventare è capire di essere, Diego De Silva) ma anche – e soprattutto – le ombre. Questo libro ci costringe così ad ammettere che i figli fanno un po’ paura perché sono universi sconosciuti, come confessa Ascanio Celestini in Un bell’applauso. E perché sono creature impastate di Cielo e di Inferno. Non si spiegherebbe altrimenti ciò che racconta Marcello Fois: padri che, in certi istanti, meditano di ammazzare i figli e figli che sfidano i padri che pure amano e che, a loro volta, dall’amore possono per questo passare – per un breve attimo – all’odio. Uno dei pregi di questo libro è, infatti, raccontare non solo cos’è un padre davanti a un figlio ma anche cos’è un figlio davanti a un padre… e pure cos’è l’uomo che da figlio diventa padre, come fa con efficacia e intensità Ernesto Franco in Diario del padre.
Il quadro che emerge da questa raccolta è quasi spaventoso, ma al contempo estremamente affascinante, anche perché la posta in palio è davvero preziosa, come per ogni esperimento («[…] la paternità è un esperimento lunghissimo e serissimo» scrive Antonio Pascale in Le caramelle) e come per tutte le sfide che si rispettino. Perché la paternità è una grande sfida al pari della maternità, anche se noi donne fatichiamo ad ammetterlo, perpetuando disparità di trattamento («non si dice mai che anche gli uomini “aspettano”», si lamenta il padre raccontato da Magrelli) e rafforzando la tendenza ad escludere i padri dal rapporto con i figli, come emerge nitidamente in Madrepatria di Andrea Canobbio ma anche in Un bell’applauso di Ascanio Celestini («Quando un figlio esce dalla pancia ed entra dentro casa, al padre sembra un intruso. O forse è il padre che diventa più intruso di prima, Scompare la coppia e lascia spazio alla famiglia. Il padre è meno familiare della madre. Loro si conoscono meglio.»).
Tanto i futuri padri quanto le future madri, pertanto, dovrebbero essere riconoscenti agli autori di Scena padre per l’essersi messi a servizio di una verità terrorizzante eppure salvifica. Sapere, infatti, che si avrà a che fare con quell’enorme responsabilità che è dare la vita a qualcuno e con quell’«illimitato senso di impotenza» identificati da Magrelli (questi sì “bipartisan”, propri della madre come del padre) spaventa certamente, però anche aiuta ad arrivare preparati – usando ancora le parole di Magrelli – al «più splendido disastro che ti possa accadere».
Il 19 marzo è la Festa del papà: figli e mamme dei figli, prendete nota!