Pistoia, la storia di Marco: invalido, senza lavoro e sfrattato
Marco ha 54 anni e una storia lunga e difficile, solo a volerla raccontare dal 2008 c’è di che impazzire. La guerra di Marco è contro le Istituzioni, in parte, ma soprattutto è una guerra per la dignità, perché povertà e disagio non possono significare anche la perdita dell’orgoglio, dell’essere umani. Sono scomode le persone come Marco, lo sono quando reclamano i loro diritti a essere vivi. Sono antipatiche, sono rompiballe… sono vive. A chi dare la colpa? Forse a una certa abitudine all’indifferenza di chi lavora sul campo, e certamente a uno Stato che taglia i finanziamenti ai servizi sociali, che non aiuta chi ne ha più bisogno. La finiamo qui, rischiamo di diventare retorici.
Popolo di Cacao!
Da lunedì Marco è per strada, ha detto che si prenderà una sdraio e si sistemerà davanti all’ufficio dei Servizi Sociali di Pistoia. Non è la prima volta che lo fa, nella foto che vedete qui sopra si era incatenato.
C’è qualcuno che abita a Pistoia e può dare un lavoro a Marco? Una piccola abitazione? Forza! Dimostriamo che il paese civile è meglio dello Stato incivile!
Se avete idee, soluzioni e consigli scrivete a gabriella@comitatonobeldisabili.it.
Grazie a Simona per averci mandato questa storia. Non è un romanzo, è una storia vera, solo fatti, le emozioni mettetecele voi.
La storia di Marco
Ecco la lettera inviata alla Regione, che racconta i guai di Marco dal 2008.
La mia storia, o meglio la mia guerra, con i Servizi e le Istituzioni per il riconoscimento dei miei diritti inizia nel 2008.
Fino ad allora lavoravo per una cooperativa di pulizie presso la stazione ferroviaria di Firenze, traendone un ottimo stipendio (circa 1.400 €) che copriva ampiamente tutte le mie esigenze (affitto, spese mensili, auto, ecc). Su consiglio del medico di famiglia, a fronte di un peggioramento del mio stato di salute, ho presentato richiesta di aggravamento dell’invalidità passando dal 75% all’80%, ne è conseguita una visita dal medico del lavoro che mi ha reputato non più fisicamente compatibile con le mansioni assegnate e, non essendoci altro possibile impiego all’interno della coop, sono stato licenziato.Non solo, in seguito all’aggravamento, mi è stata anche sospesa la patente di guida (compresa anche quella come mulettista, elemento utile nel mio settore lavorativo principale). Questo evento ha fatto precipitare tutti gli equilibri faticosamente costruiti: senza lavoro, messo a casa a 50 anni con pensione di invalidità di 500 euro (fra l’altro rivedibile), senza titoli di studio (ho solo la licenza elementare), in affitto a 450 € e senza appoggi familiari, ho iniziato il lungo peregrinare tra uffici e istituzioni nel tentativo di recuperare almeno parte di quanto perso. Sin dall’inizio di questo incubo, ho chiesto e sostenuto la necessità di aiuto nel mantenermi un alloggio e nel trovarmi altra occupazione lavorativa, ma, ad oggi, nessuna delle due richieste ha avuto risposta.Fino a gennaio 2011, pur con tante e diverse difficoltà dovute alla problematicità di reperire un affitto non avendo le necessarie garanzie economiche da presentare (500 € di pensione con affitti di eguale cifra non rappresentano un buon appoggio…) ho usufruito di sostegno economico sufficiente a mantenermi dignitosamente, soprattutto grazie alla continuità garantita dal contributo socio terapeutico dell’azienda Usl, talvolta integrato dal Comune ma sempre in forma saltuaria o per alcuni mesi. A gennaio 2011, mi trovavo in affitto, da pochi mesi, in alloggio privato (500 € più consumi), e, senza nessun avviso da parte della mia referente sociale, il mio contributo mensile passa da 600 € a 100 € per 3 mesi, poi più niente, senza nessuna risposta né comunicazione in merito, nonostante avessi presentato regolare domanda di rinnovo del contributo.
Per diversi mesi, sono riuscito a sostenere l’affitto chiedendo prestiti e aiuti ad amici, fino a che non è stato più possibile e, a settembre 2011, ho dovuto lasciare la casa.
Dal 2008, perso il lavoro, sono entrato nella graduatoria per alloggi d’emergenza, come in quella per edilizia popolare, ma, emergenza o meno, passati gli anni, di alloggio per me non se ne parla. Continuano a cambiare i referenti sociali che seguono il mio caso, ma ogni volta è lo stesso progetto: di lavoro non se ne parla perché non sanno da che parte cominciare, alloggio popolare c’è sempre da aspettare con un punteggio in continua variazione nonostante la mia situazione non sia diversa, nel frattempo mi devo cercare un alloggio nel privato che mi darà diritto a un aiuto dal Comune, ovvio solo una stanza perché di più non ci si può permettere. Firmo il contratto sociale, cerco, trovo la stanza e il contributo? Non c’è, c’è solo per una parte, non è garantito, e io mi ritrovo sempre senza un tetto sulla testa.
Breve nota sul regolamento dei Servizi Sociali del Comune di Pistoia, dove si specifica:
– tralasciando la parte dei principi che paiono comunque elencati solo a livello teorico e non seguiti nella pratica (articolo 1 lettere d, f e h), nello specifico operativo dell’art. 7 comma 4 compare il progetto integrato, dicendosi chiaramente che l’entità del contributo / intervento è determinata sulla base di un progetto dove il cittadino assume un impegno specifico al superamento del bisogno a fronte del dovuto sostegno da parte dell’ente;
– all’articolo 12 lett. A, individua gli aventi diritto ai contributi continuativi (che per il regolamento esistono, però poi tutti negano che esistono nei fatti) e alla lett. C invece riporta le condizioni di elargizione di un contributo straordinario (o d’urgenza) misura che, se attivata, mi avrebbe permesso ad esempio di coprire la cifra necessaria per le caparre da versare o per il rinnovo della patente da pagare, ma anche questo pare esista solo per il regolamento, quando si parla di me tutto diventa una favola della buonanotte!
– ci sarebbero poi delle buone norme amministrative di definizione della pratica, nonché di rispetto del cittadino, dove, all’art. 23 si indica un termine massimo di 60gg dalla presentazione della domanda per fornire risposta, positiva o negativa, in forma scritta, ma mentre io cittadino sono tenuto a presentare regolare domanda, documentazione, ecc secondo modalità definite, le risposte, quando arrivano, si fanno attendere per mesi.
Mi trovo pertanto costretto ad accettare (per quelle che all’inizio erano 2 settimane poi son diventati mesi) un posto letto in alloggio adibito impropriamente a dormitorio pubblico (quello effettivo era chiuso per lavori) e così pare sparire anche il diritto di scelta tra le prestazioni erogabili e, ancora di più, quello al mantenimento della persona nel proprio ambiente di vita e di lavoro, considerando il ricorso ad interventi istituzionalizzanti come misure di emergenza ed eccezionalità.
Mi trovo a dividere la stanza e gli spazi con altri in condizioni di disagio spesso molto diverse e contrastanti con la mia situazione di invalidità, in condizioni igieniche discutibili ma pare non accertabili visto che, nonostante abbia chiesto ispezione Usl e pagato regolare bollettino, la richiesta non è mai giunta all’ufficio incaricato.
Alle mie numerose proteste, rimostranze, ricorsi (anche scritti) le risposte sono state evasive o piene di false promesse mai mantenute, come quella di essere destinatario di un alloggio di emergenza entro pochi mesi e, passati due anni, ancora niente.
Nella graduatoria per alloggi d’emergenza mi si attribuisce un punteggio 5.5, quando, applicando i loro criteri (art. 8) a me risulta che dovrei avere un punteggio molto più alto…
Certo i margini prevedono una buona discrezionalità da parte dell’ente, ma oltre 4 anni di problema abitativo, lavorativo e sociale aperti dovrebbero dar diritto ai massimi previsti, chiedo spiegazione (scritta) del punteggio, lunga attesa, risposta evasiva e ancora oggi non so come siano arrivati a questo numero.
Stesso discorso riguarda la graduatoria per le case popolari, uscita la graduatoria provvisoria a gennaio ho fatto ricorso per aver il punteggio che mi spettava, che è stato rivisto ma ancora non rientra nei parametri da loro stessi determinati…
Vorrei poi capire, ma nessuno trova tempo e modo di darmi nemmeno una spiegazione, se la mia attuale abitazione, mezza stanza in coabitazione in appartamento sovraffollato non rientra nella tipologia dormitorio pubblico, visto che svolge proprio questa funzione in sostituzione del dormitorio pubblico attualmente chiuso per lavori, denominazione che, a differenza dell’alloggio precario, mi darebbe diritto a 5 punti e non 3.
Non occorre essere un genio per comprendere che, con queste valutazioni, io non vedrò mai le chiavi di un alloggio popolare, ma ancora più devastante è non avere mai risposte, chiarimenti, accoglienza, e vedere continuamente calpestati i propri elementari fondamentali diritti ad un’esistenza dignitosa.
Nelle ultime settimane, i ricorsi e le rimostranze volte al riconoscimento dei miei legittimi e sacrosanti diritti di cittadino hanno trovato riscontro nell’appoggio di alcune istituzioni (non quelle locali) e come tutta risposta i Servizi Sociali pistoiesi mi comunicano in una breve missiva che dovrò lasciare anche l’attuale sistemazione causa lavori, cosa che finora nessuno aveva mai neanche minimamente accennato.
Ora, può darsi che il mio giudizio sia un po’ influenzato dall’incubo che vivo da anni ormai e sicuramente profondamente sfiduciato e disilluso sull’onesto ed efficiente operato dei Servizi territoriali, ma noto diversi aspetti contrastanti e poco chiari in questa situazione:
– l’appartamento in via Pacinotti, dove vivo al momento, è stato utilizzato al posto del dormitorio pubblico chiuso per lavori, pertanto, in quanto alloggio destinato a tale finalità, non dovrebbe essere sottoposto a preventiva valutazione per ottenere la necessaria idoneità alla destinazione di uso pubblico? Igiene, sicurezza, adeguatezza ambientale, antincendio (e non c‘è neanche un estintore…)? con finale autorizzazione al funzionamento che ne legittima l’uso e l’idoneità? Non mi risulta, vivendoci dentro da mesi, che queste condizioni di idoneità ci siano, e visto l’andirivieni di persone con problematiche complesse e diverse, certi presupposti di sicurezza sono, dal mio punto di vista, quanto mai necessari…
– l’alloggio pare di proprietà di una dipendente comunale, ma in quale forma passato a questo uso pubblico?
– ora intimano uno sfratto, ma se, come possibile, non ne sono proprietari ma “gestori” e non esiste un documento o accordo che lo provi, come possono farlo? Una struttura residenziale di qualsiasi tipo ha un regolamento, un responsabile, dei referenti dove si specifica norme di ingresso / uscita, comportamenti, divieti, ecc questa no, quindi dove sta scritto che è nel loro diritto intimare uno sfratto a 15 giorni, minacciando di buttar via i miei pochi averi oltretutto?
Io non ho né desiderio né intenzione di fare una guerra infinita con chiunque, ma le ingiustizie e l’indifferenza feriscono chiunque e alla domanda di aiuto, la risposta non può essere ti butto fuori o il silenzio.
Si tratta di prendere atto di quanto stabilisce il loro stesso regolamento, dove si parla di EMERGENZA abitativa, e 5 anni sono un’emergenza ben allungata.
E comunque vado avanti: da Lunedì 01/07/2013, appellandomi all’articolo 21 della Costituzione Italiana, e ai diritti universali dell’uomo (articolo 18), inizio la mia protesta davanti ai Servizi Sociali di Pistoia Piazza San Lorenzo 3, per 5 giorni, Domenica 06/07/2013 sarò davanti alla Stazione Ferroviaria di Pistoia, Lunedì 07/07/2013 davanti alla Presidenza Regione Toscana Firenze, Lunedì 13/07/2013 davanti al Parlamento Italiano a Roma, fino a che le mie forze me lo permetteranno, visto che rientro nel soggetto di un diversamente abile. Tale protesta si rende necessaria per i diritti violati e calpestati, come ampiamente denunciato il 03/06 – 11/06/ – 26/06 ufficio “protocollo Comune Pistoia, contro i Servizi Sociali”.
La mia 14.ma protesta pacifica è “incatenato con sciopero della fame e sete, con sospensione dei farmaci di patologie della mia invalidità”.
Ritengo responsabili del mio peggioramento di vita e di salute i servizi sociali di Pistoia, con responsabilità maggiore il Sindaco e l’Assessore alle Politiche Sociali, che niente hanno fatto per evitare ciò. Basta vedere il “silenzio assenso” alle mie denunce presentate…
Egregio Sig. Marco, dalla sua lunga storia si evince una serie di inadempienze delle P.A. locale e centrale. Premesso che non conosco la voce “opposta”, in via preliminare Le suggerisco di appellarsi all’art. 328 del C.P. (omissione di atti d’ufficio); inoltre alla Legge n. 67 dell’1/3/2006: “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”. Infine all’art. 3 della Costituzione: “E’ compito dello Stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e finanziario, sia pur attraverso gli Enti Locali. Se crede, mi tenga informato.(Un consiglio: non si “esibisca” platealmente. Ne va della sua dignità). Ernesto Bodini Bodini (giornalista – Torino)
Leggo ora la sua risposta, grazie infinite, saluti