PRIVACY E TRASPARENZA A CONFRONTO

Due aspetti apparentemente in antitesi tra loro ma quasi mai rispettati sia in ambito pubblico che privato.

di  Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Anche se, per quanto giustificata, la privacy ha ragione d’esistere ma nella pratica quotidiana e un po’ ovunque la stessa non viene rispettata. Una assurdità considerando il fatto che tale provvedimento dovrebbe metterci al riparo da intrusioni di varia natura, spesso con conseguenze assai spiacevoli. Per contro, un altro aspetto dello stesso tenore, è in merito alla cosiddetta trasparenza sia in ambito pubblico che privato, ossia in moltissime circostanze tra persone interessate per diverse ragioni si tende a non qualificarci, ma soprattutto se si tratta di addetti alle segreterie di uno studio o di una azienda, come pure degli stessi della Pubblica Amministrazione  (P.A.). Va da sé che colui che chiama ed ha bisogno deve qualificarsi, generalmente con nome e cognome e il riscontro dovrebbe inoltre rispecchiare la regola: “Domandare per sapere, chiedere per avere”, e ciò ovviamente richiede la massima trasparenza; è invece fuori luogo (proprio perché inusuale) qualificarsi telefonicamente a chi è addetto al centralino di un qualsiasi Ente, pubblico o privato, e ciò sembra essere condiviso da chiunque. Alla luce di ciò va anche ricordato che da tempo, ormai, potenzialmente siamo tutti “osservati” per via dei potenti mezzi garantiti dalle collocazioni satellitari nel pianeta, ma allo stesso tempo è lecito rivendicare il diritto di privacy in diverse circostanze, come pure la pretesa di essere reciprocamente individuabili (anche anagraficamente) in tutti quei casi che rientrano nella determinazione di una nostra precisa e naturalmente giustificata esigenza.

Nell’ambito del privato una delle fonti da criticare in fatto di trasparenza sono gli addetti ai servizi di call center, generalmente nostri connazionali ma anche di provenienza straniera e, per dirla tutta, non credo sia un caso essere persone quasi tutte al femminile…, ovviamente senza particolari allusioni. Per quanto riguarda, invece, gli addetti agli URP e Sovracup della P.A., degli stessi non si ha modo di conoscere l’identità anagrafica (a volte solo il nome di battesimo), mentre l’interlocutore chiamante si dovrebbe qualificare anche se spesso non lo fa (a differenza di chi scrive), e questo a mio avviso delinea una ulteriore non trasparenza; inoltre, stessa poca trasparenza riguarda i firmatari di una corrispondenza epistolare di una qualunque P.A., ossia, firmano la missiva in senso autografo ma spesso non è decifrabile… Queste considerazioni apparentemente non sono avvertite dalla maggior parte delle persone, e proprio per questa ragione i rapporti umani e professionali spesso si alterano: incomprensioni, diffidenze, omissioni, accuse, etc. Ma a volte, paradossalmente, ci sono anche gli eccessi della trasparenza tanto che l’essere troppo trasparenti può metterci in cattiva luce nei confronti dei nostri interlocutori, come dire che chi troppo appare o si evidenza è privo di modestia ed anche umiltà…; mentre, all’opposto, chi troppo si trincera dietro la non trasparenza a volte suscita dubbi sulla propria identità e magari anche onestà. Ma a questo punto qual è la via di mezzo? Come sempre, a parte gli aspetti legislativi e/o legali, dovrebbe prevalere il buon senso che deve scaturire dall’onestà intellettuale, e se tale comportamento dovesse venir meno, a livello privato è consigliabile interrompere i rapporti, e a livello pubblico si dovrebbe agire secondo il caso che si sta verificando e, in extremis, per via legale. Per concludere, mi sovviene una massima di Mark Twain (1835-1910): «Ognuno è una luna e ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno». E sempre a proposito di trasparenza, nessun politico sinora ha “preannunciato” pubblicamente che la Sanità pubblica sta per essere assorbita da quella privata. Personalmente l’ho già anticipato da almeno sei anni… più trasparenza di così!

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