QUANDO GLI ERRORI IN MEDICINA INCOMBONO…
Molteplici le cause ma si tratterebbe di meglio sostenere medici e infermieri numericamente, ma anche dal punto di vista organizzativo e psicologico
Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Se la nostra Sanità ha ancora un valore: semantico, culturale, giuridico e quindi costituzionale, non si riesce a capire dei continui episodi di “malasanità”, come spesso viene definita dalla cronaca. A parte i “classici” errori con ripercussioni giudiziarie, pare che in talune zone del Paese certi eventi accadono un po’ spesso. In questi ultimi tempi si hanno notizie di un paziente a cui è stato “steccato” un arto con dei comuni cartoni, una paziente è deceduta per una evidente e grave occlusione intestinale non diagnosticata in P.S., e pare che non sia stata preventivamente sottoposta ad indagine strumentale; una paziente è deceduta per una trasfusione di sangue “non appropriata”, un altro ancora è stato operato all’arto sano piuttosto che a quello da trattare, per non parlare di quello che è stato dimesso dal P.S. con una definizione per nulla etica, peraltro trascritta in cartella clinica. Ora, è pur vero che la Medicina non è una scienza perfetta, e la chirurgia è sempre oggetto di “rischio tecnico”, sia per imprevisti che per “superficialità” dell’operatore; ma è altrettanto acclarato che il rischio professionale è sempre dietro l’angolo e l’imponderabile è sempre da mettere in conto. Ma al tempo stesso, oggi più che mai, i rischi in Medicina e più estensivamente tutti quelli connessi alla Sanità, sono maggiormente ipotizzabili soprattutto se a causa di stress e burnout cui sono sottoposti ogni giorno medici e infermieri, il cui comparto numerico è ben al di sotto del necessario: attualmente in Italia mancherebbero 20-30 mila medici e 30-60 mila infermieri, un carenza che stiamo tutti pagando a caro prezzo; per non parlare poi del mai risolto problema dei sanitari che sono spesso oggetto di aggressione. Ma quello che personalmente non riesco a concepire è il fatto che tra i tanti convegni e congressi, giornate di studio e master non si è mai pensato ad incontri pubblici volti ad educare la popolazione, trasmettendo basilari elementi di cultura medico-sanitaria, precisando soprattutto che la Medicina moderna (e per certi versi anche la Chirurgia) ha molte potenzialità, ma allo stesso tempo anche dei limiti… Dicasi altrettanto in merito alla Sanità locale e nazionale, in quanto a mio avviso bisognerebbe spiegare al popolo alcuni concetti relativi al SSN (origini ed evoluzione), precisando ad esempio perché è nato il Federalismo, come pure l’Autonomia Differenziata: a mio avviso due processi politico-gestionali insensati che vanno contro i principi della Costituzione (che spesso si suole rammentare), in quanto non si onora quello dell’uguaglianza. In buona sostanza è pur vero che gestire la Sanità pubblica di un Paese come il nostro è particolarmente oneroso, ma ciò non giustifica determinate scelte poiché talune sono dettate da ideologie basate sul nulla, oltre a determinate incompetenze. Ma tornando al problema dell’errore umano in Medicina, non credo che ci sia stato in questi ultimi tre decenni qualche “illuminato” che abbia provveduto ad “affiancarsi” alle esigenze e ai problemi di chi costantemente è “sotto pressione”, negandogli ogni possibile supporto: si può essere ottimi medici clinici e chirurghi ma, a parte imperizia e negligenza, il sapere che possono contare su sostegni materiali e organizzativi (e anche dal punto di vista psicologico), io credo che forse si verificherebbero meno incidenti di percorso…, ovviamente a parte gli eventi imprevedibili. Peraltro, l’opinione pubblica non si interessa quasi mai del fatto che quando anche il medico (e l’infermiere) si ammala, talvolta alcune cause sarebbero ipoteticamente da ricondursi proprio allo stress, al burnout e alle aggressioni…
Anni fa ho seguito a Torino un importante congresso dedicato proprio all’errore umano in Medicina, dal quale passava il razionale concetto: «È più importante e “razionale” individuare le cause che hanno determinato l’evento negativo e non colpevolizzare l’operatore che ha sbagliato». Inoltre, in quel contesto ci si chiedeva: perché non inserire nei Corsi di Medicina l’insegnamento della natura e della varietà degli errori, e l’istituzione di un osservatorio? Forse ciò avviene in qualche Facoltà e in diverse attività ospedaliere, e sarebbe il punto di partenza per diventare un buon medico e un buon infermiere; oltre ad essere altrettanto utile dar seguito a qualche ora di lezione sulla Storia della Medicina, poiché dal confronto con il passato io credo che si possano trarre utili “spunti di riflessione”, se non anche di insegnamento. Ma credo che altrettanto importante sia mettere a confronto la Sanità di ieri con quella di oggi, tanto dal punto di vista storico che da quello politico, organizzativo e gestionale. Per concludere, sempre in merito a quel congresso, ho tenuto a mente quanto sosteneva il dottor James T. Reason (1938), allora professore della Cattedra di Psicologia di Manchester, ossia: «L’assistenza sanitaria e la Medicina rimangono uno spazio empirico e gli errori sono inevitabili. Inoltre, medici e pazienti sono “complici” ai fini e per il bene della terapia; e anche se i medici sapessero tutto quello che c’è da sapere in Medicina, farebbero comunque sempre degli errori perché sono sempre degli esseri umani e quindi fallibili. Questo non è certo un difetto progettato da Dio, ma una condizione molto adattiva nel senso che noi apprendiamo (o possiamo apprendere) proprio dai nostri errori».