Quando l’atto del “dono materno” è anche terapia
In visita alla Banca del Latte Umano Donato degli ospedali Regina Margherita e Sant’Anna afferenti alla A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino.
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Nel nostro Paese sono circa una trentina le Banche del Latte che raccolgono il latte materno donato in molti ospedali, all’interno delle quali si raccoglie il latte che le mamme italiane donano spontaneamente, con lo scopo di salvare piccole vite e in aiuto ai nascituri con particolari problemi di sopravvivenza. All’interno di queste strutture il latte viene conservato e trattato in modo da garantire la massima efficacia del prodotto. All’ospedale Sant’Anna di Torino si trova una delle banche del latte più importanti e meglio operative con oltre 700 litri donati mediamente ogni anno, grazie alla generosità di molte mamme. Una vera e propria azienda (nata tra il 1973 e il 1974) che dà lavoro a diversi operatori divisi tra personale medico, infermieristico, Oss e ausiliari, ed è dotata di macchinari di ultima generazione: freezer, frigoriferi, tiralatte e pastorizzatori, e 7 stanze adibite al controllo e alla lavorazione del latte materno donato.
«La nostra struttura – spiega la coordinatrice infermieristica Elisabetta Punziano – è divisa in diverse stanze dove viene preparata la tipologia di un alimento, ossia il latte materno ma anche il latte artificiale e i brodi vegetali. Si lavora tutti i giorni dalle 7.30 alle 15.30, compresi i festivi. Il personale, oltre a me è composto da 4 puericultrici, 1 infermiera professionale e 3 Oss. La preparazione del latte copre il fabbisogno del bambino 24 ore al giorno e tutto ciò, nella massima sterilità, viene lavorato in mattinata e distribuito nel primo pomeriggio coprendo il fabbisogno sino al pomeriggio successivo». Le richieste pervengono dal presidio ostetrico-ginecologico dell’ospedale Sant’Anna, dalle terapie intensive neonatali e dai nidi fisiologici sia dell’ospedale Sant’Anna che dell’infantile Regina Margherita. «Prepariamo circa 600 pasti al giorno nelle diverse tipologie – spiega ancora Punziano – e, per quanto riguarda il latte donato, quindi quello umano, prepariamo da 1 a 3 litri per le 24 ore coprendo così il fabbisogno dei bimbi prematuri e di quelli “fisiologici” appena nati, ma anche dei bambini ricoverati all’ospedale pediatrico».
Questa struttura che comprende la Terapia Intensiva Neonatale Universitaria è diretta dal prof. Enrico Bertino, coadiuvato dalla dottoressa Paola Tonetto, e dalla dottoressa Alessandra Coscia responsabile della Terapia Intensiva. «Nel nostro reparto – mi illustra la dottoressa Tonetto – vi sono stanze per 8 posti letto (culle termiche con supporti per la ventilazione assistita) per bambini “critici” ed altri box per 16 posti letto di terapia sub-intensiva e minima per bambini in pre-dimissione. I genitori (la mamma o il papà) sono generalmente sempre presenti e possono accedere in qualunque momento del giorno e della notte, la loro presenza favorisce il cosiddetto contatto “pelle a pelle” con il proprio bimbo, e questo subito dopo essere stato stabilizzato e i parametri vitali considerati nella norma». In terapia minima ci sono attualmente 4 bambini (anche se predisposta per altri 4, ma non attivati per carenza di personale). Un’altra stanza ospita le mamme che si dedicano al “tiralatte” per i loro bambini e anche per la donazione alla banca, la quale per il ricevente risulta essere sempre anonima. Una serie di frigoriferi e freezer sono adibiti alla conservazione del latte da somministrare, con un monitoraggio delle temperature che garantisce il mantenimento della sicurezza microbiologica e delle caratteristiche biologiche e nutrizionali. Oltre allo studio per i medici e ai servizi, una stanza è disponibile per il “ristoro” dei genitori, che si alternano date le molte ore di permanenza in reparto accanto al loro bimbo. Il flusso di queste mamme è continuo ed impegna non poco il personale di tutte le professioni sanitarie preposte afferenti a questo reparto di terapia intensiva neonatale che comprendono 33 infermieri, 1 neuropsicomotricista dell’età evolutiva e fisioterapista, 2 operatori socio-sanitari e 2 ausiliari, coordinati da Maria Chiara Ariotti, che spiega: «Tra questi abbiamo identificato anche un operatore tutor-clinico per l’organizzazione dei tirocini di studenti infermieri, medici specializzandi e altre categorie di operatori dell’area medica sanitaria e assistenziale. Purtroppo lamentiamo la carenza di infermieri, ausiliari e Oss; ma abbiamo la pronta disponibilità per rispondere agli “imprevisti” e alla complessità del lavoro che aumenta, come il trasporto neonatale di bambini nati in Centri di 1° livello (periferici) che hanno bisogno della nostra struttura».
Recentemente la Regione Piemonte ha approvato la costituzione di una Rete delle Banche del Latte Umano Donato, coordinata da quella del Presidio Regina Margherita della Città della Salute e della Scienza e che comprende anche le banche degli ospedali Santa Croce di Moncalieri (To) e Sant’Andrea di Vercelli, finalizzata a fornire, secondo i più avanzati standard di sicurezza e qualità, il supporto delle Terapie Intensive Neonatali (TIN) della regione. Nei mesi scorsi il progetto ha incluso la convenzione con l’ospedale Beauregard di Aosta; e recentemente una Delegazione di neonatologi e nutrizionisti del Marie Curie Children’s Hospital di Bucarest ha visitato la Banca del Latte degli ospedali torinesi, anche per un confronto con il personale medico e infermieristico della TIN diretta dal prof. Bertino e con l’Associazione Italiana Banche del Latte Umano Donato, presieduta dal dottor Guido Moro, che hanno illustrato strategie e attività del modello piemontese.
Intervista al prof. Enrico Bertino
Dopo il latte materno fresco in alternativa alle “formule artificiali”, la prima scelta è quella del latte umano donato.
In Italia c’é bisogno di implementare l’attività delle banche del latte umano donato affinché questo alimento possa essere la “seconda scelta” dopo il latte materno fresco, in alternativa alle formule artificiali che, pur tuttavia, sono state sinora notevolmente migliorate nel corso di quest’ultimo ventennio. Ma sono formule che partono dal latte di mucca, quindi dalla specie biologicamente lontana da quella umana. È evidente, come affermano l’Accademia Americana di Pediatria e l’Oms, che la prima scelta per bambini prematuri e quindi critici, ossia quando il latte non c’é ancora, sta proprio in questa piramide biologica il latte umano di banca; e solo la “terza scelta”, se non c’é il latte di banca, è il latte in formula ossia prodotto industrialmente. E il latte di banca non è l’alternativa al latte della madre, ma l’alternativa alla formula… «Da una indagine che abbiamo fatto come Associazione Italiana Banche del Latte nei Centri di Terapia Intensiva Neonatale dove è disponibile il latte di banca – spiega il prof. Bertino –, escono alimentati esclusivamente al seno il doppio dei bambini rispetto alle Terapie Intensive Neonatali dove non è disponibile il latte di banca. Si tratta di bambini di peso al di sotto di 1.500 grammi, che sono oggi intorno al 16% se il Centro non afferisce a una Banca, e nel 30% dei casi se il Centro può utilizzare il latte di Banca. Quindi, le banche del latte sono uno strumento di promozione di una cultura dell’allattamento materno, per tutti gli operatori sanitari e la popolazione».
Prof. Bertino, quali patologie si riesce a controllare e/o prevenire con il latte materno?
“In particolare l’enterocolite necrotizzante, una malattia molto grave dell’intestino del bambino prematuro, con un’incidenza del 6-7% nella popolazione generale dei prematuri, che può causare la perforazione intestinale ed eventualmente la resezione dell’intestino stesso, sino al decesso. Nei Centri con a disposizione il latte umano l’incidenza si riduce all’1-2%, quindi ben venga la banca del latte. Altro grande vantaggio è dato dalla “tolleranza” alimentare, molto migliore nei soggetti alimentati con latte di banca rispetto a quelli con latte di formula; e questo, significa poter ridurre la necessità di durata della nutrizione parenterale (artificiale), quindi ottenere prima l’autonomia alimentare con riduzione anche della durata della degenza. Altri possibili benefici potrebbero essere la riduzione delle infezioni e delle future allergie”
Nei soggetti affetti da celiachia il latte umano donato può essere utile?
“È probabile, perché è oggi riconosciuto che se si facilita l’utilizzo del latte materno fresco, si ha un ridotto rischio di celiachia, soprattutto quando gli alimenti contenenti glutine sono introdotti quando è ancora in atto l’allattamento materno; ed è ipotizzabile quindi che il latte di banca riduca anche l’incidenza di questa malattia in modo indiretto. Il fattore comune è l’aspetto culturale perché la mamma che sa che il bambino che riceve latte di banca, ovviamente è più invogliata a estrarre il latte più precocemente e a allattare più a lungo…”
L’alimentazione con il latte donato favorisce o ha controindicazioni alle vaccinazioni, come ad esempio, quelle obbligatorie?
“Non vi sono dati in merito, ma è dimostrato che l’utilizzo del latte materno fresco riduce le patologie infettive. La forza delle evidenze sugli effetti del latte materno nella prevenzione delle infezioni è analoga a quella sulla associazione “fumo-carcinoma polmonare”. Il latte materno favorisce la immunomodulazione ed eventualmente la risposta ai vaccini; ma la cosa più importante è che il latte materno riduce la patologia infettiva. Il latte di banca perde in parte le sue proprietà e quindi aiuta meno del latte materno…, pur mantenendo il potere della difesa immunitaria”
Quali le criticità della vostra Struttura?
“Presso il Presidio Sant’Anna, secondo i più avanzati modelli europei, si è realizzata la concentrazione della maggior parte di “gravidanze critiche” del Piemonte. Il punto è che adesso dobbiamo far corrispondere alla concentrazione delle gravidanze a rischio anche la concentrazione di risorse sulle terapie intensive neonatali, in quanto questo continuum assistenziale è alla base di tutti i successi nell’assistenza di questi bambini”
Quindi?
“Abbiamo ancora in Piemonte neonati prematuri che non possono stare insieme alle mamme, per cui sempre di più bisogna chiudere i Centri piccoli e concentrare negli altri tutte le risorse. Avere tanti parti e concentrare in Centri altamente specializzati la nascita dei neonati molto critici e prematuri lasciando le mamme vicine ai loro bambini, utilizzando il latte di banca e poi il latte materno vuol dire migliorare la qualità, esiti a breve e a lungo termine. Oggi, il successo nell’assistenza ai neonati prematuri non solo si avvale di strumenti sempre più sofisticati e meno invasivi, ma anche di affiancare a questi strumenti il valore aggiunto di un’assistenza centrata sulla famiglia, finalizzata a ridurre lo stress, attenta all’ambiente, al rispetto del neonato come persona… Ed è questa la nuova “filosofia” dell’assistenza in terapia intensiva neonatale nell’ambito della quale si collocano in primis l’utilizzo del latte materno fresco e di banca”.
Foto di Ernesto Bodini. In alto l’infermiera E. Punziano; al centro le dottoresse A. Coscia e P. Tonetto; in basso il prof. E. Bertino