RELAZIONI SOCIALI ED AFFETTIVE IN DECLINO
Si punta il dito sulla pandemia ma purtroppo le cause vanno ben oltre…
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Il tempo scorre velocemente, senza sosta, portandosi dietro ogni bene e ogni pena degli esseri umani. A tal proposito si commenta, si critica e ci si lamenta ma si tira avanti… comunque, e intanto sofferenze e delusioni ci accompagnano in questo cammino, nel corso del quale i rapporti umani si sono avvicendati, intensificati, a volte migliorati e a volte peggiorati. In quest’ultimo caso mi riferisco non solo al parentado ma anche alle amicizie che, in questi oltre due anni di pandemia, abbiamo visto trasformarsi in un turbinio di incomprensioni, insopportazioni e negazioni… Ma sono proprio il maledetto Covid-19 e relative restrizioni la causa di questa evoluzione della relazione all’inverso? In parte io credo di sì perché, come è noto, sofferenza e indigenze hanno sempre condizionato il comportamento umano. Ed ecco che assistiamo ad un incremento delle lesioni fisiche e psicologiche tra persone di tutte le età (persino nei confronti dei minori), con particolare rilievo a non poche schiere di minorenni (pseudo adulti) che sembrano non aver mai avuto una famiglia alle spalle, mentre sono figli di quel malessere licenzioso e fin troppo permissivo al di fuori di ogni logica e razionalità. In particolare il genere femminile è sempre più bersagliato, giacché più debole e indifeso per antonomasia tanto che è il primo a soccombere. Ma tornando a quei rapporti in parte intensificati dal desiderio di ampliare le relazioni, e in parte ridimensionati (o annullati), rappresentano un fenomeno di psicologia sociale che fa vacillare il sentimento che comunemente chiamiamo amicizia. E proprio in quest’ultimo biennio ci siamo allontananti l’un l’altro sempre di più, ma al tempo stesso c’è sempre più voglia di apparire, di esibirsi su un palco o davanti ad una telecamera per conquistare un posto nella società, di distinguersi anche nel modo più becero e irrazionale, se non anche di imporsi… talvolta anche con violenza. Ad esempio le varie manifestazioni pubbliche, specie televisive, ci mostrano persone che per certi versi non hanno né arte e né parte, e pur di calcare la scena ostentano di tutto e di più a garanzia di una notorietà spesso effimera, ma con molti candidati che fanno la fortuna degli sponsor e degli imprenditori della comunicazione. Per quanto riguarda la pubblicità, ad esempio, non mi è dato a sapere con quale criterio vengono individuati i protagonisti cui affidare la breve parte recitativa (spot pubblicitari) per presentare un prodottto di consumo, e nemmeno è dato a sapere modalità ed entità del contratto (fotomontaggi a parte) e, chissà perché, la maggior parte di costoro appartiene al sesso femminile. A questo riguardo vien da pensare che si vuol indurre in tentazione, perché se così non fosse, si dovrebbero invertire le parti. Anche questi aspetti di matrice commerciale a mio avviso rientrano nelle relazioni sociali, ma nell’ambito del consumismo pare che la pandemia abbia “incrementato” questo tipo di relazione, giustificato dal fatto che la legge del commercio non ha etica e morale. Queste considerazioni non richiedono certo una grande competenza di sociologia e psicologia, poiché l’evidenza dei fatti è fin troppo esaustiva… se non la si vuol negare. In un’epoca sempre più tecnocizzata e frenetica determinati valori umani in molti casi sono soppiantati, lasciando il posto a tutto ciò che è poco razionale, concepibile e moralmente accettabile (oggi si dialoga di meno di persona preferendo i messaggi con il cellulare peggiorando la comprensione) e, a parer mio, non c’è fede od ottimismo che tengano per risalire la china: affetti ed amicizie appartengono alla scala in discesa, un’onta per quei pochi buoni di cuore e dai sentimenti ancora incontaminati. Quindi, leggi umane e divine sempre più sopraffatte con scarse possibilità di appellarsi poiché deboli sono le linee di difesa. Per concludere cito un banale esempio di assurdità relazionale. Dopo anni di amicizia, alla richiesta del perché di un improvviso silenzio che perdurava da qualche mese, l’interessato mi rispose (per iscritto) testualmente: «Un silenzio perché si lavora 18 ore al giorno!». Evidentemente, facendo un po’ di conti, quella persona non avrebbe avuto nemmeno il tempo di espletare le diverse e comuni incombenze quotidiane, poiché se avesse lavorato tutto l’anno (festivi compresi) il suo impegno lo avrebbe assorbito per ben 6.570 ore: un vero record da stacanovista. Ergo: palesemente non era una vera amicizia. No comment!