“Ricordi di un ematologo gourmet”: un viaggio tra l’accademismo e l’arte culinaria
Tra gli scaffali delle librerie alla ricerca di pubblicazioni artistiche di autori medici
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Sono sempre più presenti i medici che, a vario titolo, oltre ad esercitare la professione medica, sono dediti a manifestazioni artistiche nelle più diverse discipline. Una schiera di “esponenti” delle discipline artistiche ed umanistiche in cui ciascuno, attraverso la propria inclinazione, esprime ciò che lo interessa e lo esalta perché fa parte della sua esistenza, o che vorrebbe facesse parte. In tutto il loro esprimere questi medici artisti, che mai distolgono l’attenzione nei confronti della professione medica alla quale sono indirizzati per scelta (o per vocazione), li accomuna il più delle volte l’amore per la libertà di espressione e, in non pochi casi, per la giustizia sociale… Se la storia ci ha fatto conoscere “protagonisti” della Medicina e dell’Arte in tutte le sue manifestazioni, viene da chiederci quanti di loro hanno scelto questa Facoltà pur avendo un “cuore” di scrittore (o comunque di artista), oppure se a prevalere erano questioni connesse alla tradizione famigliare e socio-culturale; od ancora, se tra loro vi fosse chi avrebbe lasciato il camice per la penna, il pennello… o il mestolo. Già, il mestolo! Non a caso ho citato uno dei simboli dell’arte culinaria per introdurre il volume “Ricordi di un ematologo gourmet” (Daniela Piazza Editore, 2007) del clinico e umanista Luigi Resegotti, dall’estro culinario che manifesta sin dai primi tempi della sua attività accademica e clinica, non limitandosi alla realizzazione di una considerevole produzione di manicaretti, ma anche alla raccolta di ricette descritte con stile sobrio e divulgativo.
Ma prima di conoscere la passione di questa sua “arte” è altrettanto interessante rievocare alcune sue tappe accademiche e professionali. È nato a Torino nel 1929. Di nobili origini la sua famiglia, il cui capostipite era Gregorio Resegotti (1740-1812), vissuto sul fiorire di una nuova borghesia. Tra i suoi avi sono da citare un pittore e una stretta parentela con il padre del tenore Francesco Tamagno (1850-1905). Il periodo del conflitto “interrompe” l’interesse e l’approfondimento di questa disciplina, per riprenderlo negli anni successivi. Studente volenteroso, voleva intraprendere la carriera diplomatica (studiando legge), ma il padre Giuseppe (classe 1901) era contrario in quanto non vedeva bene l’inserimento di un figlio nella rappresentanza all’estero di una Nazione che era uscita dalla guerra così diversa, come tipo di vita, come forma istituzionale. Lo spirito di questo libro, una “deliziosa” autobiografia, evidenzia un excursus accademico e professionale all’insegna della sua totale (o quasi) autonomia in Italia e all’estero, con la passione per la ricerca e il desiderio di ampliare conoscenze e rapporti umani. Consegue la maturità classica al Liceo Cavour di Torino nel 1947, e la successiva decisione con altri compagni di liceo di iscriversi alla Facoltà di Medicina; peraltro suggerita anche dal suo padrino e omonimo prof. Luigi Resegotti, eminente clinico e fervente sostenitore della asepsi. Durante il periodo accademico il giovane Luigi ed alcuni amici si danno alla cucina e, nel decidere cosa fare, nasce l’estro per la ricetta come “prova” di conoscenza e contributo alla divulgazione. Ogni occasione era favorevole per carpire segreti e spunti in seguito a pranzi conviviali o di lavoro, consumati un po’ ovunque: particolarmente invitante dev’essere, ad esempio, il piatto “Lepre in civet”.
Nei primi anni post-laurea, conseguita nel 1954, il giovane Resegotti è in Svezia grazie ad una borsa di studio di tre anni allo Svenska Institute, dove ha fatto alcune “scoperte” relative, ad esempio, ad alcune usanze come quella del pranzo funebre (ma qui la cucina non c’entra), individuando nel contempo una serie di piatti originali. La permanenza in questo Paese lo vede al lavoro con entusiasmo, dove conosce autorevoli clinici e ricercatori come il Premio nobel per la Chimica (1929) Hans Karl Von Euler, per i suoi approfondimenti fisico-chimici sugli enzimi, continuando ad acquisire spunti per ricette come il “Jul Shinkan”, tradizionale prosciutto natalizio locale; gli agnolotti sabaudo-svedesi o il tacchino ripieno mittel-europeo; ma prodigandosi anche come provetto cuoco. Con l’acquisizione della lingua inglese redige e traduce una rivista medica, impegno che gli consente anche un sostegno economico. Dopo questa esperienza di ricerca e approfondite conoscenze, il matrimonio con Nuccia (anche lei medico, professione che ha lasciato per accudire la famiglia); testimone di nozze il prof. Achille Mario Dogliotti. I coniugi Resegotti, entrambi accomunati dal gusto della buona cucina, intraprendono il viaggio di nozze in Svizzera, Francia e in Bretagna godendo di alcuni piatti come il pollo al vino, l’anatra all’arancia, il gratin di code di gamberi, il gratin di cozze e le crêpes, che ben descrive alle pagine 94 e 95. La Francia è stata uno stimolo in più per conoscere la buona cucina e la buona tavola. Al rientro dal viaggio di nozze lo attende l’attività presso l’Istituto di Clinica Medica con specializzazione in Medicina Interna, conseguendo in seguito la libera docenza in Patologia Medica e in Ematologia. Nel 1961 nasce il primo figlio Andrea (oggi chirurgo), poi altri tre figli.
L’autore si sofferma nel volume con innumerevoli proposte culinarie, descrivendo talvolta le usanze in vari Paesi (solitamente sedi congressuali) approfondendo alcuni curiosi particolari. Descrive ricette per piatti di selvaggina come il fagiano dell’arciduca, alla normanna con le mele, al vino rosso, al gratin, faraona alle mele. La prima esperienza ospedaliera vede Resegotti a Savigliano (Cn) dirigere una sezione aggregata alla Ematologia, e dove si fermerà per diversi anni esercitando il primariato di Medicina Generale. In questa cittadina, fa notare l’autore, è essenziale essere un buon medico ma anche un amante della buona tavola e della buona compagnia. In questo periodo il clinico-gourmet ricorda alcuni piatti tipici locali come le tagliatelle con zucca e gamberoni, il tartrà (una sorta di antipasto), pernici al crostone, spinaci alla provenzale, etc. Un collega gli fa dono (prima di trasferirsi a Biella) di una Enciclopedia sull’Arte della Cucina, ed ha così modo di cimentarsi sperimentando nuovi piatti e ricreare antiche ricette; attività che gli è valsa la fama di “Gourmet e accademico della cucina italiana”, e tutto questo senza “sacrificare” l’interesse e l’impegno per l’Ematologia. Nel 1983 lo vediamo concorrere per il primariato all’ospedale Molinette di Torino, dove prende servizio nel 1984. Altro interessante periodo Resegotti lo trascorre in Inghilterra, dove ha avuto modo di seguire da vicino alcuni pazienti, e di apprezzare nel contempo la cucina e realizzare alcune ricette come piselli all’inglese, scrambled eggs, gamberetti all’orientale, maiale all’ananas, ponendosi con abilità nel ruolo di esperto e intenditore. Dagli ospedali inglesi ha tratto lo spunto per costruire un analogo Reparto di Ematologia all’ospedale torinese.
Ma il prof. Resegotti è un instancabile viaggiatore. Lo vediamo anche in Spagna e anche in questo paese non è mancato lo spunto per conoscere piatti e ricette che, in più occasioni, ha elaborato per amici e colleghi. Oltre all’Europa i suoi interessi si estendono oltre oceano, e lo vediamo in Sud America e negli Stati Uniti per congressi e, alle pagine 178-179-180-183 propone la Cesar Salad, insalata Delmonico, insalata waldorf, salsa mornay, trota ripiena alla Louisiana, etc. Le soddisfazioni e i riconoscimenti hanno sempre accompagnato questo illustre clinico (e sua moglie), soprattutto in ambito scientifico ed umano: «Non si impara solo l’Ematologia nei congressi internazionali – sostiene –, ma si impara anche a conoscere meglio la gente».
La sua carriera si conclude dopo ben otto lustri di studi, ricerche ed attività clinica. Significativa la realizzazione dell’Ematologia ospedaliera e il Centro dipartimentale per i trapianti di midollo nell’ospedale subalpino, oltre alla pubblicazione di due volumi di Medicina e 200 pubblicazioni scientifiche. Ha fatto parte del Gruppo Italiano per le Malattie Ematologiche Maligne dell’Adulto, della Fondazione del Gruppo Multiregionale dei Linfomi, poi divenuto Intergruppo Italiano Linfomi. Fortemente impegnato nel sociale il prof. Resegotti che, nel suo volume cita l’A.I.L. e il Comitato Gigi Ghirotti, è in pensione dal 1986, e non si dedica all’attività privata: «Non si curano – sostiene – le leucemie acute in Casa di cura privata, senza tutta l’équipe di collaboratori esperti che avevo in ospedale». Ancora oggi è riconosciuto ovunque, soprattutto dai suoi ex pazienti. I suoi rapporti costanti con amici e colleghi è riscontro di un grande operato clinico ed umano, e anche per questo gli manca l’Ospedale… I suoi impegni sociali e culturali fanno da cornice al suo “trascorso” di clinico, di uomo di cultura, di studioso, e del sempre più presente ruolo di marito e padre saggio e buono. Ma anche di un rinomato Gourmet. Insomma, un uomo che definirei “completo” per promuovere umanità e salute; un modus operandi che, in qualche modo, richiama alla mia memoria quanto sosteneva il patologo e scrittore canadese William Osler (1849-1919): «In nessuna professione la cultura conta così tanto come in medicina, e nessun uomo ha bisogno di essa più del medico generico».
Visita ancora ?e dove a Torino grazie