RICORDO DEL PROF. JUDAH FOLKMAN IL PADRE DELL’ANGIOGENESI

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

 

 

Forse non tutti sanno che sulle scale dell’Istituto di La Jolla (California) è incisa una frase di Jonathan Salk (autore con Albert B. Sabin del vaccino antipolio) che evoca il percorso scientifico e umano di Judah Folkman (1933-2008), il padre dell’angiogenesi: “La speranza sta nei sogni, nell’immaginazione e nel coraggio di trasformare i sogni in realtà”. Folkman, che era nato a Cleveland nell’Ohio, era direttore del Vascular Biology Program al Children’s Hospital Boston e professore ad Harvard. È mancato oltre un decennio fa a 74 anni e il suo nome, come i suoi lavori, rimangono associati alla sua dedizione alla ricerca. Ebbi occasione di conoscerlo e intervistarlo a Roma nel 1999 per il convegno sul tema “La brevettabilità del materiale vivente tra scienza ed etica”, un appuntamento durante il quale gli fu riconosciuto il Premio Chirone 1999 conferitogli dall’Accademia Nazionale di Medicina, e rendendosi disponibile ai giornalisti che lo hanno assediato nel corso di una conferenza stampa. Personalmente tra le diverse domande gli chiesi: “Prof. Folkman, a che punto è la ricerca sull’angiogenesi? «La ricerca sulla crescita dei vasi sanguigni e il loro rapporto con il tumore, in particolare – rispose –, è a buon punto. Viene condotta in almeno un centinaio di laboratori sparsi in tutto il mondo, e parte di questa sperimentazione è in fase quasi completata negli animali e quindi pronta per essere attuata nell’essere umano». Poi, l’intervista andò oltre, e sicuramente oggi i progressi in materia sono progrediti, tant’è che nel 2006 l’illustre ricercatore fu invitato dall’Università di Torino per conferirgli la laurea Honoris Causa in Medicina e Chirurgia per le sue fondamentali acquisizioni dell’angiogenesi (lo sviluppo, appunto, dei vasi sanguigni che alimentano il tumore, ndr), nel cui laboratorio è stato scoperto il primo inibitore naturale dell’angiogenesi e dimostrata l’attività anti-angiogenetica della talidomide (oggi introdotta in terapia in alcuni tumori), e scoperti due frammenti anti-angiogenetici del collagene: l’angiostatina e l’endostatina. Riprendendo parte di un mio articolo del 2006 in merito ai suoi lavori, spiegavo che già nel 1995 Folkman aveva supervisionato il primo studio per l’utilizzo dell’Interferon gamma quale inibitore dell’angiogenesi negli emangiomi (neoformazioni benigne circoscritte, dovute ad anomalie di sviluppo dei vasi sanguigni, ndr). Lavori che hanno portato il ricercatore ad intraprendere trials terapeutici rivolti al blocco dell’angiogenesi il cui campo di applicazione riguarda sia le neoplasie che le malattie non neoplastiche. In seguito, insieme ad un gruppo di collaboratori, Folkman pubblicò sul giornale scientifico “Circulation” uno studio scientifico per dimostrare che proprio l’endostatina è in grado di ridurre la crescita delle placche aterosclerotiche, i depositi di grasso che ostruiscono le arterie provocando infarti e ischemie cerebrali. A conferma di ciò, un altro ricercatore italoamericano della Tulane Universiyty, precisò: «L’angiogenesi fa parte del normale sviluppo del corpo umano, ma svolge un ruolo chiave anche in diverse malattie tra cui quelle cardiovascolari. Il fenomeno della formazione di nuovi vasi sanguini nelle placche aterosclerotiche, noto da oltre un secolo e ben documentato da decine di autopsie (come ha dichiarato all’Espresso del 23/9/1999), ha probabilmente lo scopo di accrescere i depositi di grasso, portando loro sangue fresco denso di ossigeno e sostanze nutritive…». Tanto ben nutrite dall’energia portata dai nuovi vasi che le placche crescono, e il cui meccanismo è lo stesso dei tumori.

 


Facendo riferimento ad un suo importante lavoro pubblicato nel 1971 dal New England Journal, nella lectio doctoralis tenuta all’università subalpina, Folkman (nella foto) prospettava ipotesi rivoluzionarie secondo le quali la crescita dei tumori solidi fosse dipendente dalla vascolarizzazione e che i vasi del tumore venissero “reclutati” da altri vasi mediante fattori specifici originati dal tumore stesso. «Per dimostrare che il tumore era dipendente dall’angiogenesi – spiegò – bisognava far regredire i suoi vasi, e ciò significava scoprire proteine o molecole che potessero inibire l’angiogenesi. In seguito al rifiuto di una mia richiesta di finanziamento ha avuto inizio un lungo percorso di studi e ricerche. Dal 1980 al 2000 abbiamo scoperto undici inibitori dell’angiogenesi (sostanze sconosciute soltanto trent’’anni fa, ndr), che hanno inibito un largo spettro di tumori sperimentali nell’animale. Cinque di questi sono ora in trial clinici, o approvati». Grazie a questa scoperta molti laboratori hanno iniziato a fare ricerca nel campo dell’angiogenesi, aprendo così una strada seguita da tutti i ricercatori nel mondo. La laurea honoris causa fu riconosciuta, oltre al prof. Folkman, anche al prof. Donald David Sisson (1950), nato a Oceanside in California), specializzato in Medicina Veterinaria, per aver fornito un considerevole contributo al progresso delle scienze veterinarie, in particolare al settore della Cardiologia Veterinaria, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi fisiopatologici dell’insufficienza cardiaca nel cane e nel gatto.
Nella foto in alto il prof. Folkman con l’autore dell’articolo

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