RIFLESSIONI E CONSIDERAZIONI DI FINE ANNO
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Governare un Paese come l’Italia richiede certamente coraggio, competenze a vari livelli (istruzione a parte), cultura generale non di ultimo grado, umiltà, sobrietà, e civiltà nel comportamento. Tutte caratteristiche che dovrebbero essere innate in chi ambisce e si propone per tale finalità. Ma purtroppo in molti soggetti che hanno fatto e fanno parte di queste ultime Legislature si sono riscontrati e si riscontrano soltanto “eccellenti doti” di protagonismo e supponenza che spesso eccedono in quel dispotismo assai deleterio per noi… sudditi. Il Governo attuale, a mio avviso, ha tra i suoi leader esponenti che indossano panni lisi se non sdruciti in fatto di gestione politico-sociale e politico-culturale, tant’è che il continuo dibattere in Aula tra risse e sospensioni delle sedute senza nulla concludere, ad esempio, è la prova costante di quanto vado da tempo sostenendo. Ma poi, vorrei mettere in evidenza l’incongruenza delle loro convinzioni-affermazioni sul concetto di uguaglianza, un diritto che non sono in grado di far rispettare lasciando attivo quel maledetto federalismo, ben lungi dal rivedere la Riforma del Titolo V della Costituzione. E a questo riguardo il primo a farne le spese è il comparto Sanità che, come ho già avuto modo di divulgare e alla luce degli eventi all’interno dell’Istituto Superiore di Sanità (con le dimissioni del suo presidente e altri due membri di autorevole professionalità ed integrità etico-morale), il rischio di perdere quello che si è costruito in decenni è ormai alle porte… Altro ambito coinvolto in quella che si può definire penalizzazione, è relativo al cosiddetto Terzo Settore, che non solo agisce spesso capillarmente a sostegno di molte realtà dal punto di vista socio-assistenziale e culturale (sostituendosi allo Stato, che non sarebbe lecito, sic!), ma la manovra economica in discussione pare voglia penalizzarlo con un incremento della tassazione. E le discrepanze sono anche altre in quanto per risollevare le sorti di un’Italia sempre più dis-unita, ci vuole ben altro che girovagare nelle piazze da una città all’altra offrendosi a questo o a quel microfono, a questa o a quella telecamera rilasciando sorrisini che sanno di mera ipocrisia, illusione e conseguente… delusione. Inoltre, un Paese che privilegia ricorrenze istituzionali, elogia ogni buona azione collocandola nell’Olimpo degli Eroi nonostante i protagonisti abbiano agito in funzione del loro dovere professionale (retribuito!), e che riconosce meriti (ma non è meritocrazia) con attestati firmati dalla più alta carica dello Stato, e via discorrendo, non sarà mai competitivo su scala europea e internazionale. E va anche detto che non ha alcun senso citare illustri protagonisti della storia che nei secoli hanno dato sviluppo e lustro in ogni ambito al nostro Paese, se poi non si mettono in pratica i loro insegnamenti. Eppure, siamo detentori di immani ricchezze artistiche e di altri beni tra i primi al mondo, ma la saggezza per farle valere è sempre più di pochi; mentre facciamo ottima concorrenza ad altri Paesi in fatto di inciviltà, criminalità, corruzione, evasione e infinita retorica infarcita di ipocrisia: una cancrena difficilmente estirpabile. In compenso si eccelle nella produzione di legislazioni tanto da dare adito a quella imperterrita burocrazia che, a mio dire, oscura ogni giorno qualunque buon intendimento.
E per finire, se si tocca il sistema giudiziario la nostra libertà e il rispetto della nostra dignità sono messe a dura prova il cui garantismo è assai discutibile: non si possono, ad esempio, lasciare in carcere oltre 20 mila innocenti a causa di altrettanti 20 mila sbagli di giudizio di qualsivoglia causa e origine. Insomma, un 2018 pessimo che si trascina sin dal 2001 e, a mio modesto parere, non ci si può aspettare di meglio per l’anno a venire che, ritualmente si vuole festeggiare elargendo auguri a destra e a manca. Ma purtroppo, da sempre, augurare è solo un esprimere intenzionalmente e, a questo riguardo, a tutti i politici e ai loro sottoposti (in gran parte despoti e burocrati), vorrei rammentare quanto auspicava il saggio filosofo e filantropo Albert Schweitzer (1875-1965): «L’unica cosa importante quando ce ne andremo, saranno le tracce d’amore che avremo lasciato»; oltre a rammentare l’inalienabile poesia “A Livella”, scritta da Totò nel 1964, i cui versi ci inducono a considerare l’unica ed incontrovertibile verità: il fine ultimo della vita, per fortuna, uguale per tutti, indistintamente!