Riflessioni sulla decadenza dei comportamenti umani
Alla ricerca di perché e soluzioni per dare il giusto valore all’esistenza
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
In un mondo sempre più arido e avido si vanno sempre più perpetuando forme di violenza fisica, morale e psicologica tra esseri umani che, menzionarli con la “U” maiuscola è a dir poco un eufemismo che rasenta il più elevato esempio di irrazionalità… Ogni forma di eccidio nei confronti di popolazioni inermi od ancorate alla propria fede religiosa, oltre che per fame e diritto alla libertà, ad esempio, non solo è un grido d’allarme che il mondo intero deve udire ma è il segnale di una continua decadenza dell’umanità, che nulla ha imparato dalla storia sin dai suoi primordi. Eminenti filosofi del passato e moderni studiosi di sociologia hanno provato a “scrutare” l’animo umano e il comportamento delle popolazioni sparse su tutto il pianeta nelle più diverse epoche, ma a mio avviso non ci hanno saputo trasmettere una sia pur minima “giustificazione” del come e del perché l’indole umana continua ad evolversi in un modo anziché in un altro. Le nefandezze, come anche le “eroiche” azioni susseguitesi nelle innumerevoli generazioni, non lasciano spazio alla comprensione ma soltanto alla incredulità tanto da gettare nello sconforto anche la più “tollerante” indole umana.
Ogni forma di argomentazione relativa all’esistenza umana e al comportamento dell’Essere si perde nella notte dei tempi, e nemmeno la Chiesa, con i suoi 266 Rappresentanti, a mio parere, ha saputo e sa arginare una escalation di disumanità, sia pur ben contrastata da molte azioni di bene dettate da nobili sentimenti di altruismo e solidarietà. Non intendo puntare il dito contro chicchessia, ma credo che la eccessiva emancipazione dei costumi e delle libertà abbia contribuito, sia pur in parte, a mettere al bando ogni intendimento razionale come gran parte di noi lo vorrebbe intendere. Non ho certo la presunzione di azzardare suggerimenti o ipotesi di soluzioni, non solo perché sono la persona meno indicata ma soprattutto perché a mio modesto avviso soluzioni efficaci non esistono, perché se vi fossero paradossalmente sarebbe la “fine” dell’esistenza umana. Ma ciò non deve costituire una sorta di alibi inteso come una sorta di arrendevolezza, bensì resta da considerare che esiste ancora il genere umano con le sue azioni di bene che possono contrastare il male, purché costanti nel tempo e possibilmente trasmissibili in modo endemico.
Ma oserei fare ancora una osservazione. Alcuni anni fa, per motivi culturali e professionali, ebbi modo di assistere ad una autopsia su una persona giovane che era affetta da una malattia neurodegenerativa ed evolutiva. La mia attenzione non cadde soltanto sulla delicata metodica attuata dal clinico settore, ma soprattutto sull’esame del cervello (per quell’occasione oggetto di studio e ricerca) che per noi tutti rappresenta l’origine del pensiero, dei movimenti e delle azioni. E proprio su questo organo così prezioso e affascinante mi sono trovato per qualche attimo a riflettere, in particolare sulle sue più immaginabili potenzialità, originate dal volere di un’Esistenza Suprema, e conseguentemente lasciate… libere, padrone di sé stesse e in balia degli innumerevoli enigmi che avvolgono l’Umanità. Una esperienza che mi ha toccato nel più profondo dell’animo, lasciandomi un vuoto incolmabile, forse perché incolmabile è la nostra comprensione non disgiunta dalla nostra fin troppo effimera presenza in un mondo che crediamo di meritare, ma che soprattutto molti non sanno apprezzare tanto da dare adito a quella decadenza che non avrebbe ragione d’essere.
Non so se la causa di questa decadenza sia effettivamente “la eccessiva emancipazione dei costumi e delle libertà”: non so dare risposte a questo interrogativo … né a tanti altri. Di sicuro, però, caro Ernesto, per tutto il resto condivido in pieno punto la tua interessante riflessione, in particolare il finale