RISCOPRIAMO UNA “NOBILE” FIGURA SOCIO-ISTITUZIONALE: IL DIFENSORE CIVICO

Compie mezzo secolo in Italia il mitico Difensore Civico. Origini, compiti e funzioni del Difensore Civico

Forse non tutti sanno che il Difensore Civico (D.C.) ha origini lontane. Nasce in Svezia nel 1807 con l’esatto nome di Ombudsman che significa “uomo che fa da tramite”, ossia mediatore in quanto cerca di mettere d’accordo il Re e il Parlamento. In Italia questa figura compare per la prima volta nel 1974 in Toscana, ma solo nel 1990, con la Legge 142 sull’Ordinamento delle autonomie locali (meglio nota come la “legge della trasparenza”, dà la possibilità a Regioni e Comuni di averne uno, definendone i compiti e le funzioni. A questo proposito, l’art. 8 recita: «Il difensore civico svolge un ruolo di garante dell’imparzialità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione comunale, provinciale e regionale segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell’Amministrazione nei confronti dei cittadini». Nel nostro Paese attualmente sono presenti 16 D.C. regionali su 20, mentre con la Legge Finanziaria del 2010 sono stati soppressi i Difensori Civici comunali, che hanno continuato ad operare fino alla scadenza dei rispettivi mandati. Per ottenere la nomina a questo incarico occorre essere iscritti nelle liste elettorali di un qualsiasi Comune ed aver compiuto il 18° anno di età. La Legge non richiede altri requisiti, sia a pur a discrezione di qualche Regione, alcune delle quali richiedono anche una peculiare competenza giuridico-amministrativa (ma non necessariamente una Laurea in Giurisprudenza) e la garanzia di indipendenza, obiettività e serenità di giudizio. In genere dura circa tre anni e può essere riconfermato solo una volta. Il suo compito è quello di tutelare i cittadini nell’ottenere dalla P.A. quanto spetta loro di diritto. È quindi preposto a rilevare eventuali irregolarità, negligenze o ritardi nello svolgimento delle pratiche burocratiche da parte delle P.A. regionali. Una figura, quindi, che si colloca come strumento  di tutela di quegli interessi del cittadino spesso lesi da quei comportamenti diffusi nei pubblici poteri che si manifestano (tutt’oggi) con lentezze, indifferenze, scorrettezze, negligenze, formalismi eccessivi ed altro ancora. Insomma, una sorta di vigile “contro” la burocrazia.

La realtà piemontese e l’opera dell’avv. Vittorio De Martino

In Piemonte, l’idea (o esigenza?) di istituire una figura preposta alla consulenza e alla tutela dei cittadini contro i soprusi delle P.A. risale al 1974, e dopo alcune sollecitazioni, venne accolta il 9/12/1981 con una Delibera della Giunta Regionale (Legge n. 50). Nel luglio 1982 assunse l’incarico a Torino il funzionario dell’Amministrazione civile dell’Interno (in pensione) Vittorio De Martino , lasciando l’attività qualche anno dopo per la non rieleggibilità a norma di Legge. Ricordo che il suo ufficio era  ina via Santa Teresa 7 (telef. 011/57.57 int. 386), e riceveva dal lunedì al giovedì dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00) per i residenti in Torino e nei Comuni della cintura. (Contemporaneamente, sempre a Torino, una figura analoga nella persona dell’avvocato Giovanni Fenoglio, è stata insediata il 15/4/1993 per i residenti in città, e riceveva  il pubblico in orario di ufficio, ma era consigliabile prendere appuntamento telefonando ai n. 011/5765/3006 – 011/5765/2138). Puntualmente, l’Ombudsman piemontese, nel fare ogni fine anno con scrupolosità e pazienza certosina il bilancio del suo lavoro, emergeva il ritratto di un vero e proprio “rompiscatole” in difesa dei più deboli, e a volte anche sprovveduti. Degli 815 casi,  ossia tutti quelli che hanno richiesto la sua consulenza, solo 142 rientravano nella sua competenza funzionale, mentre 673 risultavano essere di altra competenza. Ciò nonostante l’avvocato De Martino non ha mai rifiutato alcun tipo di consulenza, riuscendo il più delle volte ad “avere ragione” nei confronti dell’allora denominata SIP, che non voleva rivedere la bolletta “troppo salata” a causa di un errore; dell’INPS, che ritardava i pagamenti delle pensioni; del proprietario di appartamento che avanzava pretese  eccessive nei riguardi del suo inquilino; o della Compagnia di assicurazione che contestava o rifiutava la liquidazione di un danno. Ma De Martino elargiva anche altri tipi di consigli riguardanti, ad esempio, il coniuge che non pagava gli assegni famigliari al pensionato, l’invalido che non aveva ottenuto l’esenzione dal ticket sanitario cui aveva diritto, i coniugi a cui è stata rifiutata la casa nonostante  avessero i requisiti, il cittadino a cui è stato revocato ingiustamente il fido bancario. Insomma, una parola e un consiglio per tutti, convinto che ogni persona che si presentava nel suo ufficio andava aiutata. Ricordo che tra le più ricorrenti inadempienze degli organi burocratici De Martino rilevava, ad esempio, i tempi troppo lunghi per l’attribuzione dell’indennità civile e l’assegno di accompagnamento, senza contare le ulteriori complicazioni procedurali per la liquidazione dell’indennità a favore degli eredi. Ma anche per la patente guida esisteva qualche problema. «Per il conseguimento della patente – osservava – intercorre troppo tempo tra il superamento dell’esame teorico  della prova pratica ed il rilascio del documento; come pure per le sostituzioni delle patenti deteriorate e per ottenere la convalida delle patenti quando queste sono scadute». Infine, l’Ombudsman piemontese contestava anche gli orari degli uffici pubblici: alcuni chiudevano alle 14.00, altri alle 16.00, altri ancora aprivano gli sportelli per tre giorni e solo per poche ore. E chi lavorava come faceva? Se dipendente era costretto  a chiedere permessi o giorni di ferie, se lavorava in proprio era costretto a chiudere l’ufficio o il negozio. «… Ma di questo – osservava De Martino – l’Amministrazione non ne voleva sapere … Il cittadino doveva poter utilizzare le prestazioni dei vari servizi in qualsiasi giorno lavorativo, per risolvere problemi che a volte presentavano per lui carattere di urgenza, ma anche per l’osservanza dei termini di decadenza stabiliti dalle leggi in materia di ricorsi».

Un tascabile a cura della Regione Piemonte

Nel 1982 la Regione subalpina ha dato alle stampe la prima edizione di un tascabile sintetico ma esemplificativo con la descrizione del Difensore Civico. (Ma quanti piemontesi ne conservano ancora una copia? Personalmente conservo una  originale, vedi immagine). La pubblicazione, che è stata curata dalla Direzione Comunicazione Istituzionale dell’Assemblea Regionale, ha poi avuto una successiva edizione aggiornata nel 1998 a cura del Consiglio Regionale. Una guida completa e maneggevole per conoscere storia, funzioni e leggi che riguardano il servizio del Difensore Civico, la figura chiamata a mediare e risolvere quelle piccole frizioni che chiunque può incontrare nel proprio rapporto con la P.A. Già nella prima edizione del 1982 si evidenziava che molti auspicavano l’istituzione del D.C. e, la successiva pubblicazione dell’opuscolo ha contribuito ad una completa informazione di questo servizio pubblico. Nella prefazione l’allora presidente del Consiglio Regionale del Piemonte Germano Benzi, tra l’altro precisava: «…diversi i motivi che hanno spinto la Regione a condividere la scelta già effettuata, in Italia, da una decina di altre Regioni: se da un lato il D.C. deve essere inteso come espressione del potere di auto-organizzazione della Regione stessa, e quindi garanzia dello “stato di salute” della P.A., dall’altro occorre rilevare che il D.C. rappresenta, a tutti gli effetti, un’emanazione del Consiglio Regionale e dei suoi poteri». L’opuscolo di una trentina di paginette, riporta tra i titoli “La legge istitutiva del difensore civico in Piemonte”, “Chi è il Difensore Civico”, “Compiti e funzioni”, “Tra il cittadino e la Regione”, “Il difensore civico nell’ordinamento regionale”, “Autorganizzazione, partecipazione e controllo”, “Istituzi9ne dell’Ufficio del D.C.”, “Come, dove e quando”. Con la successiva edizione del 1997, si è provveduto ad un aggiornamento e, nella cui prefazione del presidente del Consiglio Sergio Deorsola, si evidenziava lo stesso processo di riforma dell’attività amministrativa avviato dalle “Leggi Bassanini”, in attesa che venisse istituito il D.C. nazionale, ha esteso con la Legge n. 127 del 1997 le competenze del D.C. regionale, attribuendogli funzioni di tutela dei diritti dei cittadini anche nei confronti delle Amministrazioni periferiche dello Stato, con la sola eccezione della Difesa, Pubblica Sicurezza e Giustizia. «Un riconoscimento – ha precisato Deorsola nella stessa prefazione – alla bontà ed efficienza del lavoro svolto in questi anni e su cui si misura la reale capacità di un’Amministrazione regionale di essere sempre più vicina alle esigenze della società e alla sua evoluzione».

La mia breve conoscenza del Dr Vittorio De Martino

Senza nulla togliere ai suoi successori (che non ho conosciuto), l’incontro tra me cittadino e l’avv. De Martino (nella foto tratta dalla cronaca torinese degli anni ‘90), risale a metà degli anni ’80, ossia quando ebbi qualche esigenza di tipo burocratico da “superare”, oltre a farmi prodigo in seguito, anche per conto di alcuni miei concittadini. Ricordo che il primo impatto fu di buona accoglienza e cortesia, seguite da quel pragmatismo (del genere “veniamo al sodo”), alla cui mia esposizione dei fatti seguì una sintetica ma esaustiva informazione di tipo giuridico, con precise domande e successive spiegazioni. Furono colloqui (per due-tre volte) relativamente brevi ma sufficienti a comprendere molto bene da parte sua quanto lamentato, e da parte mia quanto rientrassi, o meno, nella sfera dei miei diritti e doveri. Non nascondo che il tono colloquiale era privo di retorica e velato da quel pizzico di ironia misto a simpatia, per concludersi con la promessa del suo interessamento alle mie questioni e che sarei stato riconvocato per gli eventuali aggiornamenti. Devo rilevare che, a differenza di oggi, a quei tempi previo appuntamento con la segreteria, si era ricevuti in tempi brevi direttamente dallo stesso avv. De Martino, puntualmente, senza fare anticamera, e con la massima discrezione; anche perché, va detto, la privacy del cittadino era da rispettare a priori (la Legge in merito sarebbe stata emanata nel 1996). Ma che cosa mi ha “insegnato” l’avv. De Martino? Non molto in realtà, ma quanto bastava per concepire meglio i concetti della burocrazia, del potere della P.A. e come meglio atteggiarsi nei  confronti del burocrate, soprattutto quando si ritiene di aver ragione. Da allora, manco a dirlo, la mia dedizione alla Burocrazia come “impegno sociale” è diventata una sorta di “mission”. Peccato che il più delle volte ho riscontrato, e continuo a riscontrare nei mei concittadini, quanto sosteneva Alessandro Manzoni (1785-1873): «Noi uomini in genere siamo fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani e ci curviamo sdegnati e in silenzio sotto gli estremi». Forse ci vorrebbe un altro avv. De Martino, la cui verve ed estrema capacità di immedesimarsi (anche dal punto di vista umano) nei problemi del cittadino bistrattato dalla burocrazia, servirebbero a mitigare le molteplici avversità espresse da ambo le parti.

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