Il ritorno di Ariano Geta, Andrea Arcani e la “3A Investigazioni”
di Marcella Onnis
Ariano Geta è tornato e non è solo: con lui c’è uno dei suoi personaggi più amati. Sì, sto proprio parlando di Andrea Arcani, titolare della “3A Investigazioni”. Non era scontato che ci sarebbe stata per lui una nuova avventura, visto che il suo creatore non è certo prevedibile, come ogni geniaccio e autore non mainstream che si rispetti. Dunque, la sorpresa dei suoi estimatori per questo ritorno è stata grande, anche perché stavolta lo scapestrato Andrea non ci viene presentato in una serie di brevi avventure come nel primo volume, “3A investigazioni”, ma è protagonista di un’unica, più lunga, avventura: “3A investigazioni – Indagine a Rocca Vertunno”.
A chi non conosce ancora questo personaggio consiglio di leggere i due volumi nell’ordine di pubblicazione e di prepararsi psicologicamente ad amare e odiare il Nostro perché Andrea Arcani «[…] non ama dire cazzate. Preferisce farle.» Tuttavia, tra una cazzata e l’altra, riesce pure a fare qualcosa di buono e persino a risolvere – magari suo malgrado o a sua insaputa – qualche indagine. Va così anche stavolta? Se volete saperlo, acquistate e leggete questo libro! Io vi anticipo solo che questo breve romanzo regala una serie di colpi di scena che rendono imprevedibili o verosimili anche alcuni eventi che inizialmente possono apparire scontati o implausibili. Mi sbilancio giusto un po’ nel definire l’epilogo molto all’italiana e molto all’Andrea Arcani (se poi questi due concetti siano sinonimi o contrari, non saprei dirlo: vedrete voi).
Consapevole che «La vita è così: dolce e amaro che si mescolano costantemente, come lo zucchero e il caffè», anche stavolta Ariano Geta ha saputo fondere umorismo, malinconia e sdegno civile, divertendoci e facendoci riflettere a un tempo. E, ancora una volta, in bocca e in testa ai suoi personaggi e al narratore ha posto considerazioni che – siano da lui e dal lettore condivisi o no – comunque danno sempre da pensare. Cito, ad esempio, questo passaggio: «[…] i soliti veleni italiani in base ai quali tutti dovrebbero adeguarsi a un’aurea mediocritas e non apparire mai più bravi e più capaci degli altri: ogni cosa dovrebbe restare ferma e immobile in secula seculorum». Sarebbe poi da miopi tacciare di qualunquismo o pusillanimità la convinzione che «[…] denunciare i soprusi del potere e mettersi contro i suoi manutengoli è sempre una partita persa, una sconfitta che magari non avviene sul campo ma lo diventa DOPO, grazie alle squalifiche a tavolino» e che «è una regola nazionale: opporsi all’establishment non serve a nulla, si trasforma inevitabilmente in una perdita di tempo».
Non pensiate, però, che questo libro sia un inno al disfattismo o alla rassegnazione: avendo affermato che «[…] è universalmente noto che il pensiero negativo genera altra negatività […]», coerentemente l’autore ci offre anche considerazioni sempre critiche ma più positive su cui meditare, come l’idea che «Se si costruisce qualcosa di nuovo, di imponente, il rischio del ridicolo c’è sempre. Ma se non si costruisce nulla e ci si limita a conservare l’esistente, è la paralisi.»
Allora, siete pronti per seguire Ariano Geta e Andrea Arcani in questa nuova avventura?
Grazie per lo spazio dedicatomi, sono felice che il libro sia piaciuto.
Spazio meritato, anche perché con te il gradimento è assicurato!