RU486 O CULLA PER LA VITA?

Di Giusy Chiello

E’ il 1978 quando l’Italia “festeggia” la legalizzazione dell’aborto, dopo le varie vicissitudini che lo hanno preceduto. Oggi, dopo 32 anni, debutta, tra le tante polemiche, la “pillola abortiva” che dà la possibilità di interrompere la gravidanza chimicamente. La pillola RU486, risulta essere, infatti, la prima concreta alternativa all’interruzione chirurgica di gravidanza nell’ambito della legge 194 del 1978. In pratica, ciò che veniva provocato chirurgicamente, adesso può essere indotto attraverso l’assunzione di questo farmaco. La pillola si basa sull’ormone mifepristone e agisce bloccando l’azione dell’ormone della gravidanza, il progesterone, rendendo impossibile lo sviluppo embrionale e causando quindi il distacco e l’eliminazione della mucosa uterina. La sua distribuzione rappresenta una piccola rivoluzione. Da più di venti anni, infatti, la pillola abortiva è distribuita in 30 paesi nel mondo ed è utilizzata da più di un milione e mezzo di pazienti. Dopo una lunga disputa, la RU486 è stata autorizzata dall’Agenzia italiana del farmaco, ma a esclusivo uso ospedaliero. Il ministero della Salute ha infatti sottolineato l’importanza delle indicazioni, da dove si evince che la pillola induce un aborto chimico nei primi due mesi di gravidanza e le donne che ne faranno richiesta dovranno sottoporsi al trattamento in regime di ricovero dall’inizio alla fine del trattamento, a causa dei numerosi effetti collaterali che l’assunzione del farmaco comporta.
Si tratta, quindi, di un’ulteriore passo avanti in quella che viene definita la “libertà della donna”. I motivi che portano le donne ad abortire sono i più innumerevoli, e nessuno può giudicare le motivazioni che precedono questa decisione così importante. Mi sembra comunque doveroso ricordare che l’aborto non è l’unica soluzione per quelle signore o signorine che non si sentono pronte a diventare mamme.

Tutti gli ospedali italiani hanno l’obbligo di mantenere l’anonimato di tutte quelle donne che non vogliono essere madri. I bambini possono essere “donati” all’ospedale, che provvederà alle cure necessarie del neonato. All’Ospedale Galliera di Genova, per esempio, è stata da poco attivata La culla della vita, la prima culla termica metropolitana per accogliere i neonati che vengono abbandonati dai genitori. La posizione di questa speciale culla, con materassino ad acqua che conserva una temperatura costante di 37° C, consente l’intervento immediato del personale sanitario una volta che il neonato viene posato, a fronte di un accesso facile e veloce del genitore che vuole restare anonimo e non identificato.?Il genitore, una volta posizionato il neonato nella culla, prima di allontanarsi deve premere un pulsante direttamente collegato in Pronto Soccorso, in alternativa a un sistema di sensori che rilevano la presenza del piccolo. Da quel momento viene attivato un protocollo specifico che prevede il trasferimento del bambino in Pronto Soccorso per un primo check-up sulle condizioni cliniche, in attesa di un neonatologo specialista- contestualmente attivato dal Pronto Soccorso- accompagnato da un infermiere e da una piccola unità mobile di rianimazione per il trasporto del neonato in reparto.?In questo modo una vita sarà salvata e una coppia che non poteva avere bambini, potrà crescere nel migliore dei modi il figlio che aveva sempre desiderato.

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