Sicurezza nei trapianti: il nuovo assetto della Rete nazionale

Alessandro Nanni Costa mentre parla al microfono

Il Centro nazionale trapianti operativo e il nuovo assetto della Rete nazionale: un esempio di razionalizzazione di strutture e attività volto a garantire efficienza e sicurezza. È quanto emerso dal 6° congresso nazionale della Società italiana per la sicurezza e la qualità dei trapianti.

Riccardo Tartaglia mentre interviene a un congressodi Marcella Onnis

Un’organizzazione razionale ed efficiente è presupposto imprescindibile per erogare servizi sicuri e di qualità: questo è uno dei concetti chiave emersi dal sesto congresso nazionale della Società italiana per la sicurezza e la qualità dei trapianti (SISQT), tenutosi a Firenze il 2 e il 3 dicembre scorsi.

Le istituzioni pubbliche, comprese quelle sanitarie, vivono un tempo di continui cambiamenti organizzativi imposti dall’alto, con contestuali riduzioni di organico: così ha esordito Riccardo Tartaglia (nella foto), direttore del Centro per la gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente della Regione Toscana. Ma, ha aggiunto, «se esiste una medicina basata sull’evidenza, deve esistere anche una burocrazia basata sull’evidenza». Ossia, dietro questi cambiamenti devono esserci delle motivazioni concrete, verificabili, misurabili.

Tra i cambiamenti necessari Tartaglia include, in particolare, l’affermarsi del lavoro di gruppo (team working), che ancora non fa parte della nostra cultura, e l’integrazione tra le istituzioni (medici di base, ospedali, scuole, servizi sociali, associazioni di volontariato…). Un’integrazione che – ha sottolineato Lorenzo D’Antonio, direttore del Centro regionale allocazione organi e tessuti della Toscana – presuppone che  nessuno si senta una ruota di scorta.

LA NUOVA RETE DEI TRAPIANTI – Dal canto suo, la Rete nazionale dei trapianti ha di recente affrontato un notevole cambiamento per dotarsi di un assetto più razionale, sul quale si sono soffermati diversi relatori. La capacità di evolversi, del resto, è una sua caratteristica necessaria, stando a quanto precisato da D’Antonio: «Il sistema delle donazioni e dei trapianti è un sistema dinamico perché deve stare al passo con i tempi».

Alessandro Nanni Costa mentre parla al microfonoIn questo nuovo assetto rientra l’innovativa istituzione del Centro nazionale trapianti operativo (CNTO), ma il cambiamento riguarda l’intera rete nazionale, riorganizzata sul modello spagnolo e francese. In particolare, sono stati eliminati i tre centri interregionali per i trapianti (CIR), così da ridurre a tre livelli l’articolazione: Centro nazionale trapianti (CNT); centri regionali trapianti (CRT); coordinamenti locali o ospedalieri (CL). Questi ultimi – ha precisato il direttore del CNT Alessandro Nanni Costa (nella foto) – sono, in realtà, il motore propulsore di questa macchina in quanto è con tali centri che, per primi, si rapporta il CNTO.
Quanto alle regioni, attualmente sono suddivise in due macroaree (Nord e Sud) con qualche particolarità: la Sardegna fa riferimento all’area Nord e alcune regioni hanno delegato le funzioni ad altre regioni limitrofe. Riguardo all’attività dei CRT, Nanni Costa ha espresso apprezzamento per il loro essere diventati più consapevoli e liberi nell’operare.

Il Centro nazionale trapianti operativo, attivo dal 4 novembre 2013, ha sede presso l’Istituto Superiore di Sanità ed è composto da undici operatori tra medici e infermieri, intercambiabili per quanto riguarda le funzioni di coordinamento. Come ha spiegato Andrea Rizzo, uno di questi infermieri, il Centro gestisce 24 ore su 24, tramite flussi informativi informatizzati, i programmi di trapianto nazionali (split liver, urgenze nazionali, pediatrico, restituzioni, eccedenze…) e, se ci sono offerte, anche esteri. Il centro gestisce, infatti, anche la Porta europea dei trapianti (Italian gate of Europe – IGE). Il carico di lavoro, che già così appare complesso, risulta ancor più gravoso guardando ai dati illustrati da Andrea Rizzo: il CNTO gestisce in media 1.100 donatori all’anno, che significa una media di 5/6 equipe in movimento al giorno per effettuare 8/9 trapianti.

Ogni programma ha i suoi criteri e le sue specificità. Il programma delle urgenze nazionali, per esempio, ha il compito di reperire, in caso di necessità di un trapianto appunto urgente, il primo organo disponibile in una qualunque regione d’Italia. In un anno di attività, ha spiegato Rizzo, il CNTO ha gestito oltre 1.000 richieste di organi all’interno di questo programma.

Per quanto riguarda il programma split liver (fegato diviso), sia l’operatore del CNTO sia Nanni Costa hanno evidenziato la necessità di promuovere questo tipo di trapianto, che consente di salvare due pazienti con un unico organo, ma che ad oggi non è ancora molto in uso: in un anno sono stati utilizzati con questo programma solo 27 fegati. Secondo Nanni Costa, per incentivarlo occorrerà che il CNT collabori molto con i chirurghi. Va precisato, però, che lo split liver presenta una maggiore complessità sia per il prelievo che per il trapianto dell’organo per cui non tutti i centri sono attrezzati per gestirlo. Quelli, invece, che sono in grado di effettuarlo possono rifiutarsi di eseguirlo, ha precisato Rizzo, ma devono motivare il diniego.

Fondamentale è il programma delle restituzioni, grazie al quale – ha spiegato ancora l’operatore del CNTO – ogni organo ceduto da una regione a un’altra le viene restituito nell’ambito dello stesso programma nazionale. Una regione può anche rifiutare l’offerta, ma solo per un massimo di tre volte, dopodiché il debito si considera estinto. Il programma nazionale ha consentito di ridurre il numero degli spostamenti delle équipe (e quindi di ottenere cospicui risparmi) perché le restituzioni non devono più necessariamente avvenire tra le due regioni interessate, ma possono essere effettuate tramite compensazioni d’ufficio di debiti o crediti che queste hanno con altre regioni.

Molto importante è pure il programma delle eccedenze, ossia gli organi disponibili in una macroarea e da questa non utilizzati per un trapianto: tramite il programma nazionale, tali organi vengono allocati presso regioni che ne hanno necessità senza che, però, si crei un obbligo di restituzione. Le eccedenze, ha precisato Rizzo, si verificano soprattutto nella macroarea Sud che, per mancanza di risorse, tendenzialmente non è in grado di effettuare trapianti con organi in condizioni non ottimali (i cosiddetti organi marginali). In proposito l’operatore del CNTO ha sottolineato che un organo considerato non idoneo da un Centro trapianti potrebbe esserlo per un altro, per cui deve essere messo in eccedenza e segnalato come tale al Centro nazionale trapianti operativo: un organo deve considerarsi definitivamente non idoneo solo quando tutti i centri l’hanno rifiutato. In questo modo, si evita di perdere un bene tanto prezioso quanto scarsamente disponibile.

logo Centro Nazionale TrapiantiLUCI E OMBRE DEL NUOVO ASSETTO – La riorganizzazione della Rete nazionale, ha spiegato Nanni Costa, non è stata percepita in modo traumatico dagli operatori, fatto davvero raro quando si parla di riassetti. Inoltre, sta già portando una serie di risultati positivi, evidenziati sia dal direttore del CNT sia da D’Antonio:

eliminazione di passaggi procedurali, che a volte erano vere e proprie duplicazioni, così da rendere più snella e rapida l’attività;

omogeneizzazione delle procedure. Sotto questo profilo, però, si può fare ancora di più: secondo D’Antonio, per esempio, sarebbe opportuno adottare criteri univoci per l’inserimento in lista di attesa dei pazienti che necessitano un trapianto, perché ad oggi capita che persone che vengono escluse in una regione potrebbero essere incluse in un’altra lista regionale;

– risparmi, in particolare grazie al nuovo sistema delle restituzioni di organi che prima era facoltativo e gestito dalle singole regioni, mentre ora è obbligatorio e gestito a livello nazionale. In particolare, Nanni Costa ha evidenziato come con i risparmi garantiti dalle compensazioni il CNTO può coprire i propri costi di funzionamento;

visione di insieme, che consente al Centro nazionale trapianti operativo anche di fornire statistiche sulla propria attività.

Il CNTO ha, inoltre, favorito il superamento del concetto di “donatore clinicamente non idoneo” (NIC), limitando la valutazione sull’idoneità al singolo organo.

Esistono, però, notevoli margini di miglioramento, in buona parte legati alle criticità individuate da Rizzo: il tempo, innanzitutto, ma anche la comunicazione e l’organizzazione. Dagli interventi di Nanni Costa, D’Antonio e Marco Bombardi (anche lui del Centro regionale allocazione organi e tessuti della Toscana) sono emerse alcune debolezze specifiche del sistema:

numero insufficiente di chirurghi nelle équipe;

insufficienza delle donazioni, da incentivare a partire dalle segnalazioni dei potenziali donatori. Tale obiettivo, però, richiede a monte un potenziamento degli organici e una formazione specifica degli operatori di tutti i reparti che possono ritrovarsi a gestire potenziali donatori. Come ha rilevato Serena Caselli (CL dell’Azienda U.S.L. 4 di Prato), infatti, i centri di coordinamento non esistono ovunque: in molte strutture esistono solo le rianimazioni. E queste spesso si trovano in difficoltà nel fare le osservazioni di morte cerebrale, sia a causa dell’alto carico assistenziale (rispetto al quale sono spesso sottodimensionate) sia per un senso di inadeguatezza che nasce dal fatto di svolgere questo tipo di attività solo di rado. Invece, secondo Caselli, i CL – pur avendo anch’essi un alto carico assistenziale – hanno almeno il vantaggio di conoscere l’intero processo, il che fa dei loro operatori anche dei consulenti per i colleghi delle altre strutture;

– frequente debolezza delle strutture di coordinamento e insufficiente efficienza delle reti periferiche (CRT e CL). L’efficienza di queste ultime non solo deve aumentare, ma – ha affermato Bombardi – deve diventare omogenea per tutto il territorio nazionale. La rete territoriale è fondamentale per il funzionamento del sistema, per questo i relatori hanno evidenziato la necessità di potenziarla, con particolare attenzione ai centri di coordinamento. Su questi, infatti, gravano i notevoli compiti ricordati da Paolo Lopane (coordinatore del CL dell’azienda USL 6 di Livorno e dell’Area vasta Nord-Ovest dell’Organizzazione Toscana Trapianti): relazionarsi con i familiari del potenziale donatore, accertare la morte, mantenere gli organi del donatore in buone condizioni e valutarne l’idoneità al trapianto. Sia per lui che per Bombardi, una maggiore efficienza dei CL si potrebbe ottenere se questi e i CRT di riferimento operassero in sinergia tra loro e con le altre strutture coinvolte nel processo donazione-trapianto (laboratori di analisi, centri trapianto…). Solo in questo modo, secondo Bombardi, potrebbero assicurare quella rapidità, esaustività e tracciabilità delle informazioni che consentono di identificare correttamente, nelle sei ore necessarie per l’accertamento di morte cerebrale, il livello di rischio del potenziale donatore, l’idoneità dell’organo e il potenziale ricevente. Secondo Lopane, inoltre, è fondamentale che i centri di coordinamento rispettino la sequenza cronologica delle fasi del processo e che sia questi che i Centri trapianti monitorino ognuna di queste fasi, in modo da individuare – e successivamente superare – le eventuali criticità. Anche Tommaso Bellandi (Centro per la gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente della Toscana) ha ribadito l’importanza, in generale, del monitoraggio e dell’analisi degli errori e delle criticità, perché «essere professionisti significa anche rivedere la propria pratica». Ma, ha aggiunto, «fatta l’analisi, bisogna mettere in atto le azioni di miglioramento». Tuttavia, ha voluto precisare che è importante non colpevolizzare chi ha commesso l’errore pur avendo cercato di fare il meglio.

Ci sono poi altre debolezze del sistema: l’offerta di organi non è uniforme perché molte strutture non hanno la strumentazione necessaria per effettuare determinati esami diagnostici (Rizzo); le liste di attesa, in particolare per i trapianti di rene, sono ancora troppo lunghe (Luigi Boschiero, responsabile del Centro trapianti di rene dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona); spesso i centri di coordinamento non ricevono informazioni (feedback) dai centri trapianti (Lopane).

Secondo Caselli, inoltre, manca ancora la cultura del prendersi cura di una persona morta, perché non si è sempre consapevoli che anche questo è un progetto di cura per un paziente (il potenziale ricevente dell’organo) ancora sconosciuto. E spesso manca pure la consapevolezza che anche un donatore anziano può essere utile per salvare delle vite.

Anche noi potremmo, però, aggiungere una criticità, seppur secondaria: posto che l’importanza di una corretta ed esaustiva informazione è indiscussa, sarebbe opportuno curare l’aggiornamento delle pagine istituzionali che riguardano il CNT, la sua organizzazione e la sua attività. Nella sezione “Trapianti” del sito del Ministero della salute, per esempio, ancora si descrive la vecchia struttura organizzativa della Rete nazionale dei trapianti, comprensiva dei centri interregionali. Tuttavia, confidiamo che questo problema – di facile soluzione rispetto a tutti gli altri indicati – sarà presto superato.

 

Foto Giuseppe Argiolas

 

Articolo correlato:

Sicurezza nei trapianti: l’importanza di una buona organizzazione

La sicurezza nei trapianti dal lato del donatore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *