Striscia di Gaza: in guerra si muore di sete e di fame
CESVI: «Emergenza senza precedenti» 4 famiglie su 5 senza accesso a fonti idriche, 2.15 milioni di persone straziate dalla fame e quasi un milione con malattie legate alle scarse condizioni igieniche.
L’appello della popolazione «Urliamo a tutto il mondo che abbiamo un bisogno urgente di acqua per sopravvivere» [VIDEO] L’organizzazione umanitaria italiana sta distribuendo acqua potabile, cibo salvavita e kit igienico-sanitari
«Nella Striscia di Gaza la popolazione è allo stremo: alla distruzione causata da nove mesi di conflitto, si aggiunge una grave crisi alimentare e idrica. La mancanza quasi totale di acqua potabile sta generando un’emergenza igienica e sanitaria senza precedenti. Le persone sono costrette a bere acqua contaminata, con gravi danni per la propria salute. I rifiuti e le acque reflue si accumulano ovunque creando un ambiente insopportabile e favorendo la diffusione di malattie. A questo si aggiunge la difficoltà di trovare cibo, le scorte di beni essenziali si sono dimezzate e i prezzi sono alle stelle. Molte famiglie passano intere giornate senza mangiare». A lanciare l’allarme è Fondazione CESVI, presente sul campo con un team emergenza che sta lavorando da mesi per offrire sostegno alla popolazione. «Stiamo proseguendo le nostre distribuzioni e in questo momento stiamo consegnando acqua potabile nelle zone centrali della Striscia, l’obiettivo è raggiungere oltre 1.200 famiglie» ha dichiarato Roberto Vignola, Vicedirettore Generale CESVI.
Dall’escalation successiva agli attacchi del 7 ottobre, almeno il 50% dei pozzi e impianti di desalinizzazione sono stati bloccati o distrutti[1] e la carenza di carburante ha un impatto catastrofico sull’approvvigionamento idrico: la metà dei pozzi ancora funzionanti ha smesso di pompare acqua, mentre due impianti di desalinizzazione nel centro e nel sud di Gaza hanno cessato le operazioni il 30 giugno. Inoltre, la conduttura idrica di Al Muntar a Gaza City, una delle tre condutture provenienti da Israele, è stata chiusa a causa dei danni subiti[2]. Questo ha ridotto la disponibilità di acqua potabile a una media di 2,5 litri al giorno per persona, rispetto ai 15 litri indicati dall’OMS come standard minimo per la sopravvivenza.[3] In questo contesto, inoltre, circa il 96% della popolazione (2,15 milioni di persone) soffre di insicurezza alimentare acuta; di questi, oltre 495 mila sono in condizioni di insicurezza alimentare catastrofica[4]. A incorrere nei rischi maggiori sono donne incinte e bambini: 346mila bambini sotto i 5 anni e 557mila donne soffrono di alti livelli di insicurezza alimentare[5] e hanno bisogno urgente di cibo o di integratori.
LE TESTIMONIANZE DAL CAMPO. «Stiamo morendo di fame – racconta un abitante della Striscia in coda per riempire dalle cisterne di CESVI una tanica di acqua – non abbiamo a disposizione nemmeno un boccone di cibo o un sorso d’acqua pulita. La situazione qui è disastrosa perché non c’è acqua potabile adatta al consumo umano, soffriamo di problemi renali a causa dell’acqua inquinata…siamo costretti a bere acqua di mare». L’accumulo di rifiuti e acque reflue sta ulteriormente peggiorando la situazione sanitaria, mentre l’ondata di caldo estremo e la mancanza di acqua pulita continuano a favorire la diffusione di malattie infettive. Sono stati segnalati già oltre 10 mila casi di epatite A e 880 mila casi di patologie respiratorie. Inoltre, si registra un tasso di malattie diarroiche 25 volte superiore al periodo precedente al conflitto, con 485 mila casi e il 90% bambini sotto ai 5 anni sono affetti da una o più malattie.[6]
«Stiamo morendo giorno dopo giorno, ci sono lunghe file e molto caos per l’acqua che scarseggia – testimonia una donna in coda per avere qualche litro dalle distribuzioni – Ottenere acqua potabile pulita è una delle sfide più difficili che affrontiamo quotidianamente».
In nove mesi, il conflitto ha già provocato quasi 40 mila vittime palestinesi e più di 88 mila feriti, una stima destinata a salire anche a causa dell’emergenza alimentare e idrica in corso[7].
L’INTERVENTO DI CESVI. «Secondo le Nazioni Unite, la popolazione totale della Striscia di Gaza (oltre 2,2 milioni di persone, di cui la metà bambini) è in condizioni critiche o peggiori. Più di 1 milione di individui è a un passo dalla carestia, tra cui circa 400mila bambini sotto i 5 anni, che sono a grave rischio di malnutrizione acuta. La situazione è ulteriormente aggravata dalla carenza di acqua: 4 famiglie su 5 a Gaza non hanno accesso a fonti idriche sicure – prosegue Vignola, – Nei giorni scorsi, i nostri operatori hanno avviato la distribuzione di acqua potabile, che ha già raggiunto 795 famiglie (circa 4.520 persone) nell’area di Deir el-Balah. Per assistere la maggior parte degli sfollati interni, stiamo focalizzando le nostre operazioni nelle zone di Deir el-Balah e Khan Younis, al centro della Striscia, con l’obiettivo complessivo di distribuire 50.000 litri di acqua potabile al giorno, per almeno 50 giorni, raggiungendo 4 comunità di sfollati. La Fondazione opera nel territorio dal 1994 e questo ci ha permesso di intervenire rapidamente sul campo, nonostante le difficoltà nel far pervenire gli aiuti umanitari all’interno della Striscia. Stiamo offrendo assistenza, con un’attenzione particolare ai bambini malnutriti e alle famiglie senza accesso ai beni di prima necessità».
«Abbiamo già distribuito nei mesi scorsi 18 tonnellate di cibo salvavita e stiamo organizzando una seconda distribuzione di 7 tonnellate di Plumpy’Nut (RUTF) a 4 cliniche nel centro-sud di Gaza per raggiungere 800-900 bambini sotto ai 5 anni – continua Vignola – Per gli adulti, distribuiremo pacchi alimentari a 12.600 sfollati (2.100 famiglie) nei governatorati di Rafah e Deir al-Balah, garantendo a ciascuna persona un minimo di 2.100 kcal al giorno per combattere il rischio di malnutrizione. Consegneremo, inoltre, kit igienico-sanitari a 300-350 famiglie vulnerabili, inclusi kit con assorbenti e prodotti specifici per l’igiene femminile, e contribuiamo alla riabilitazione di strutture igienico-sanitarie.»
UN’EMERGENZA SENZA PRECEDENTI. L’intervento di CESVI può contare su quasi 40 anni di esperienza nel contrasto alla malnutrizione e alla fame. La Fondazione, infatti, è attiva in diversi contesti, tra cui Corno D’Africa e Asia Meridionale, con progetti che utilizzano un approccio integrato per sradicare le cause della fame e della povertà. Ogni anno, inoltre, diffonde un rapporto che fotografa a livello internazionale il fenomeno della fame (Indice Globale della Fame – GHI).
La situazione nella Striscia di Gaza è peggiorata vertiginosamente a partire dallo scorso ottobre e CESVI ha dovuto adattare le proprie operazioni per rispondere alle necessità emergenti. Intervenire per contrastare fame e mancanza di acqua in questo territorio sembrava impensabile fino a meno di un anno fa, ma la situazione è oggi tragica A Gaza nel corso dell’anno almeno 50.000 bambini continueranno ad aver bisogno di trattamenti per curare la malnutrizione acuta[8]. Un’emergenza di tale portata richiede una risposta immediata, ma anche strutturata e coordinata nel tempo, che CESVI riesce a garantire grazie all’esperienza sul campo consolidata in diversi Paesi del mondo, sia in contesti emergenziali, che in territori in cui la fame ha un carattere ormai cronico.
[1] BBC: https://www.bbc.com/news/world-middle-east-68969239
[2] OCHA: Humanitarian Situation Update #187 | Gaza Strip
[3] EuroMed_Monitor; The Gaza Strip on the brink of a public health catastrophe;
[4] IPC:Gaza Strip: Acute Food Insecurity Situation for 1 May – 15 June and Projection for 16 June – 30 September 2024
[5] UN Women; OCHA
[6] OCHA OCHA Humanitarian Situation Update #185 – Gaza Strip
[8] OCHA