SU KANT E LA MENTE UMANA
di Davide Morelli
A livello percettivo potremmo affermare che noi categorizziamo il mondo come pensava Kant, che teorizzava lo schematismo. Il criticismo kantiano è stato considerato da alcuni studiosi un idealismo gnoseologico perché secondo questo sistema di pensiero noi conosciamo i fenomeni tramite le nostre forme a priori, che sarebbero perciò categorie “trascendentali”, ovvero delle modalità indescrivibili e inesprimibili di catalogazione dei dati dell’esperienza. Queste categorie ci consentirebbero di percepire il mondo ma non di giungere al noumeno, ovvero alla realtà ultima (la cosa in sé). Resta un dubbio: le categorie sono universali e a priori come le riteneva Kant oppure solo culturali, come le riteneva Umberto Eco nel suo libro “Kant e l’ornitorinco”? Più recentemente diversi psicologi cognitivi hanno pensato che tutto funzioni come riteneva il filosofo. Miller parla di piano, Neisser di strutture cognitive; ci sono altri psicologi che utilizzano il termine “copioni”. Non sono un profondo conoscitore di Kant, ma mi sembra di poter dire che l’unica cosa che Kant non aveva previsto nella sua teoria della conoscenza era il feedback, ovvero la continua retroazione tra io e mondo. Ciò significa che non siamo esseri totalmente razionali.
Il nostro modo di rappresentare la realtà si basa su regole implicite, che non giungono alla soglia di coscienza e che molto spesso non possono essere verbalizzate. Il fatto che adoperiamo dei piani non significa, quindi, che la mente umana sia computazionale. Questo significherebbe ipersemplificare la questione. La mente umana non funziona in base a degli algoritmi, ma molto spesso in base ad analogie, simboli, euristiche (chiamate anche bias o distorsioni cognitive). Il cervello non è un computer e la mente non è un software. Questo modello è ormai antiquato. Il riduzionismo e il meccanicismo hanno fatto ormai il loro tempo. Il cervello umano è formato da miliardi di neuroni e attualmente nessuna mente artificiale può simularlo efficacemente. La produzione linguistica infinita di ogni essere umano ad esempio attualmente non può essere eguagliata da nessun computer. L’intelligenza artificiale non può al momento riuscire a risolvere il frame problem, ovvero il problema del quadro di riferimento che la mente umana utilizza quando ad esempio deve interpretare un testo. La mente umana è in grado di fare abduzioni, che sono solo probabili, soggette ad errore e che necessitano di prove. Nessuna macchina è in grado di fare questo. Non credo che nel futuro prossimo i computer potranno creare poesie, aforismi, romanzi di alta qualità o fare dimostrazioni matematiche oppure fare esperimenti scientifici. Qualcuno potrebbe sostenere che l’intelligenza artificiale è solo agli albori. Qualcun altro potrebbe invece ritenere che l’insight umano non potrà mai esistere in una macchina per quanto mirabilmente congegnata. Un’altra cosa che forse un computer non riuscirà mai ad avere è l’autoconoscenza, anche se talvolta questa negli uomini può portare a degli autoinganni. Non solo, ma la psiche non è lineare come ritenevano i razionalisti. Spesso la mente lavora utilizzando associazioni mentali e la relazione tra un pensiero e quello successivo non è necessariamente logica come pensava Hume.
Il poeta Auden aveva espresso magistralmente ciò quando scriveva: “I suoi pensieri vagavano dal sesso a Dio senza punteggiatura”. Anche il linguaggio, come scoprì Wittgenstein, ha una dimensione extralogica (“è un gioco le cui regole si imparano giocando”). Inoltre potremmo dire che sono diverse le concause che determinano la nostra psiche. Più specificamente si parla di multifattorialità. Infine una parte della psiche è composta dall’inconscio ed è irrazionale. Si pensi anche che secondo Bion perfino le persone più normali possiedono nel proprio interno dei “nuclei psicotici”. Nessuno perciò sarebbe completamente normale. Più banalmente potremmo affermare che in noi sono presenti anche pulsioni ed emozioni. Nella nostra mente non sono presenti solo stati mentali ma anche stati di animo. Decenni fa i comportamentisti consideravano la psiche una black box. Attualmente la mente umana è considerata come un sistema complesso e non lineare. La mente non farebbe perciò eccezione perché in natura la stragrande maggioranza dei sistemi fisici non sarebbe lineare. Ormai è la teoria del caos a spiegare la mente e questo in parte equivale a dire che le nostre facoltà cognitive sono inspiegabili. Secondo E. Morin infatti “nei sistemi complessi l’imprevedibilità e il paradosso sono sempre presenti e alcune cose rimarranno sempre sconosciute”. Cartesio poteva sbagliare su diverse cose ma resta ancora valido in parte il suo Cogito, per quanto oggi il soggetto cartesiano sia stato spodestato: posso dubitare di ogni sensazione o percezione, però non posso dubitare di dubitare, ovvero non posso dubitare di pensare. Questa forse è l’unica certezza rimasta sulla mente, anche se i pensieri sono spesso accidentali e frammentari.