SULLE ORME DI POPPER… E POI ANCORA
Il potere della comunicazione televisiva in particolare, tanto fuorviante quanto lesivo… nella maggior parte dei casi.
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Io non so, o forse si, se la maggior parte delle persone si rende conto di essere succube dei messaggi televisivi (pubblicità e programmi d’ogni ordine) che, pur criticandoli, in buona parte (questo è il paradosso) molti si postano ore e ore davanti al televisore e, quando sopraggiunge la noia, armeggiano alla bene meglio con il telecomando facendo zapping come se fosse un tic nervso!. Questa scatola di metallo e plastica tanto odiata quanto amata, detiene un potere illimitato sulla mente umana, e prova ne sia che sono molte le persone (giovani e meno giovani) che sono allettate tanto da voler comparire davanti a una telecamera… sia pur per pochi minuti come richiede un spot pubblicitario. Ma non solo. I vari programmi di intrattenimento come i pluri decennali giochi a quiz a premi: molto denaro e gettori d’oro (ma non vedo la differenza materiale finale), allettano ancora di più e, se poi ci scappa una breve parentesi di una orginale performance recitativa il successo è assicurato… o quasi. È pur vero che in ogni casa spesso c’è più di un televisore, ma va anche detto che non tutti i componenti siano dediti a quei programmi che personalmente definisco “beceri” se non anche fuorvianti. Faccio questa forte affermazione anche perché la televisione (e non la radio) spesse volte crea una “divisione” fra i componenti delle famiglie, con il risultato che viene meno il dialogo… esattamente come avviene usando in modo pedissequo il cellulare o il computer non per motivi di lavoro. Come pure è altrettanto vero che alcune emittenti offrono (bontà loro) programmi culturali, anche di un certo rilievo, ma questi sono in netta minoranza… evidentemente si vuole matenere basso il livello di cultura e istruzione limitando di conseguenza la capacità di discernere quanto di più utile può essere per la propria crescita interiore e civile. Infatti, non a caso, non c’è progrmma ludico che non comprenda qualche riferimento alla lussuria e se non anche alla violenza (film), un modo di imporsi gli uni sugli altri distinguendosi per effetto della visibilità e conseguente notorietà. C’è da aggiungere che i molti ed interminabili talk show di carattere politico, offrono illimitati spazi a personaggi dal lessico spesso a dir poco assai discutibile, e dal modo di comunicare senza freni inibitori… Si prenda ad esempio il talk show, politico e rotocalco “Fuori dal Coro”, in onda in prima serata su Rete 4 dal 2018, e condotto dal giornalista Mario Giordano. Nulla di personale nei suoi confronti (anche perché non lo conosco), e ben vengano le sue segnalazioni e denunce delle malefatte orginate dal sistema italiano (burocrazia compresa), ma il fatto di esprimersi con incontrollata irruenza e mimica dalla discutibile sceneggiatura, a parer mio non dà maggior risalto a quanto va esponendo: gridare rivolgendosi ad un pubblico presente in studio e ai telespettatori, non rientra certo nell’etica della buona comunicazione e, a tal riguardo, un mio aforisma, coniato anni fa, recita: «Chi per aver ragione è solito alzar la voce, vale meno del contenuto di una noce». Senza offesa naturalmente!
Rileggendo alcuni stralci della biografia del filosofo ed epistemologo austriaco, Karl Popper (1902-1994), tra l’altro si rileva che egli attribuiva alla televisione la capacità di agire in maniera inconscia sul pubblico, imponendo modelli di riferimento e gusti individuali e spingendolo ad adeguarsi in modo passivo a certi standard di opinione e di comportamento. Era infatti convinto che attraverso programmi diseducativi il sistema televisivo sia in grado di diffondere la violenza nella società, provocando “una perdita dei sentimenti normali del vivere in un mondo bene ordinato in cui il crimine sia una sensazione eccezionale”. Il meccanismo si aggrava nel caso dei giovani che, essendo più influenzabili, rischiano di confondere la finzione con la realtà, cedendo a una visione irreale della vita. (Personalmente la pensavo come lui ancor prima di conoscere la sua filosofia in merito). Un’ultima breve osservazione: i destinatari di queste mie critiche, che peraltro sostengo da anni, a loro “difesa” possono dire che chi non intende seguire certi progrmmi ha solo da cambiare canale o spegnere il televisiore. Ciò è vero ma al tempo stesso è indice di dispotismo, come dire: «… il potere è mio e lo esercito come e quando voglio finché leggi morali, giuridiche e commerciali lo permetteranno». Ecco che, per quanto sintetico, questo quadro rispecchia una realtà che sicuramente non è solo italiana; ma è bene che ciascuno si lavi i propri panni in casa propria e si faccia un esame di coscienza (ammesso che sia in grado di farlo), se vuol contribuire alla crescita di un popolo civile e razionale che, per molti versi, ancora non è!