Tangentopoli story, la corruzione tra Prima e Seconda repubblica
Più corrotta la Prima o la Seconda Repubblica? Abbiamo deciso di rispondere all’odiosa domanda a modo nostro, cercando di ricostruire la storia delle tangenti, della concussione e dell’appropriazione indebita da parte dei politici del nostro paese. È nata così Tangentopoli story, una saga di misfatti all’italiana che forse non è il ristoro ideale per il lettore vacanziero di questo periodo di ferie estive, ma che ci auguriamo possa fungere da agorà per tutti quelli che sentono l’esigenza di tornare sui fatti del passato per comprendere meglio il presente.
Cominceremo a rinfrescarci la memoria con ciò che accadde nel 1992 durante l’inchiesta Mani pulite, per poi fare un salto temporale agli “anni zero”. Dedicheremo un articolo a ogni anno compreso tra il 2001 e il 2011, per avere un quadro di ampio respiro sulle indagini, le inchieste e le condanne proseguite anche durante la cosiddetta Seconda Repubblica. Numerose saranno, inevitabilmente, le omissioni e le imprecisioni, pertanto vi chiediamo di collaborare, se lo vorrete, con i vostri contributi e precisazioni. Da parte nostra, scegliamo la prospettiva di rilevare soprattutto le annate in cui risalgono i fatti che le diverse inchieste hanno tentato di accertare, trascurando invece le sentenze emanate, poiché difficilissime da ricostruire nei tre gradi di giudizio.
Tangentopoli story non può che cominciare il 17 febbraio 1992 al Pio Albergo Trivulzio, con il presidente dell’istituto, Mario Chiesa (Psi), che intascava una mazzetta di 7 milioni di lire, colto in flagrante da un mandato di cattura ottenuto dal Pm Antonio Di Pietro. Chiesa non collaborerà da subito con gli inquirenti, tanto che il leader del Psi Bettino Craxi lo definirà “un mariuolo isolato”. Il tempo di far svolgere regolarmente le elezioni, che il pool di magistrati della procura della Repubblica di Milano (Di Pietro, Davigo, Greco, Colombo e Bocassini, guidati da Borrelli e D’Ambrosio) passano a una seconda, capillare fase di indagini su politici e industriali, con l’effetto che molti leader politici iniziano a scaricare le seconde linee dei loro partiti.
Il 2 settembre 1992 il politico socialista Moroni (la figlia Chiara oggi siede in Parlamento con Fli) si uccise, lasciando una lettera che rivelava il finanziamento illecito a tutti i partiti. Seguì un’ondata di avvisi di garanzia che travolsero Bettino Craxi (dimessosi nel 1993 da segretario Psi) e il tesoriere della Dc Severino Citaristi. Il politico Psi Larini confessò la verità sul “conto protezione” del partito, costringendo Martelli a lasciare la poltrona di Ministro della Giustizia.
Il tracollo di voti del pentapartito alle amministrative del 1993; l’appello del Presidente della Repubblica Scalfaro in diretta tv perché non si votasse un decreto proposto dal ministro Conso sulla depenalizzazione del finanziamento ai partiti; il lancio di monetine a Craxi davanti all’Hotel Raphael; l’arresto di manager Fininvest; il suicidio del presidente Cagliari di Eni e di Raul Gardini di Montedison; il processo in diretta Rai con Di Pietro che accusava un Forlani in vistosa difficoltà (con la bava alla bocca) e Craxi: sono questi i risvolti più drammatici di una stagione che portò a 1300 tra condanne e patteggiamenti definitivi, che riscrisse l’architettura partitico-elettorale italiana e decretò il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.
Andrea Anastasi