Torino: In Nefrologia e dialisi all'infantile Regina Margherita
Significativa e sempre più radicata l’esperienza degli infermieri dediti al trattamento con il “Tocco Armonico” dei piccoli pazienti e, in alcuni casi, anche dei loro genitori…
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
L’intraprendenza, come la fantasia, anche nell’ambito della salute e del benessere non ha limiti e, tra le cosiddette Medicine Complementari e/o Terapie Integrate, è in costante evoluzione la ormai nota (ai più) dedicata al Tocco Armonico. Non una filosofia orientale o qualcosa di simile ma una ulteriore opportunità per avvicinarsi a quei pazienti che, in una particolare condizione patologica ed emotiva, possono essere trattati con il massaggio lento basato sulla consapevolezza e la vicinanza empatica. Inizialmente e per i primi anni il Tocco Armonico, ideato dall’infermiere Enzo D’antoni e coadiuvato dalla collega Erika Mainardi, era indicato ai soli pazienti adulti affetti da varie patologie e ricoverati, riscontrando spesso il loro bisogno di benessere olistico. Un metodo terapeutico in cui l’operatore approccia il paziente con tocco sensibile, esercitato in modo lento e “superficiale” su tutto il corpo tanto da attivare un vero e proprio riequilibrio, stimolando al meglio la sua energia vitale come pure le sue sostanze endogene sino a produrre benefici sia a livello fisico che psichico ed emozionale. Molti sono i disturbi che possono essere oggetto di trattamento: riduzione della tensione muscolare e viscerale, ridurre o annullare il dolore acuto e cronico, migliorare la funzione respiratoria e digestiva, contenere gli stati d’ansia soprattutto in previsione di un intervento chirurgico o di un trattamento medico invasivo, ridurre gli stati depressivi e gli attacchi di panico, etc. Ma quale la realtà nell’ambito pediatrico? Di primo acchito approcciare i piccoli pazienti può sembrare improponibile soprattutto se incoscienti per la loro tenera età, ma in realtà l’operatore-infermiere se adeguatamente formato e particolarmente predisposto, riesce ad effettuare il tocco armonico entrando in perfetta sintonia con il paziente tale da favorire una buona compliance.
Questa esperienza da un paio d’anni è presente nel reparto di Nefrologia e Dialisi (diretto dal dottor Bruno Gianoglio) dell’ospedale infantile torinese Regina Margherita (presidio sanitario della A.O.U. della Città della Salute e della Scienza), dove tra i 12 infermieri dediti alla corsia e 7 all’attività di dialisi, Lorena Stievano e Liliana Girivetto da oltre due anni praticano il tocco armonico con passione e, a mio modesto avviso, “minimizzando” con maestria l’apporto materno per la presenza dei genitori dei piccoli in trattamento dialitico. Ho conosciuto recentemente questo piccolo ma grande mondo fatto di amore, entusiasmo e professionalità, essendo stato ospitato dal dott. Gianoglio e dalla sua équipe un pomeriggo nella sala dialisi per seguire da vicino alcune sedute di tocco armonico durante il trattamento dialitico. In quelle ore erano tre i pazienti in dialisi: Julian di 13 anni (presente anche il padre) in dialisi da poco più di un anno; Nial, una bimba di 12 anni e in dialisi da circa un anno; e Gabriele di 10 anni in dialisi da quasi un anno e mezzo (presente anche la madre). In un altro lettino era coricato un bimbo di due anni e mezzo con accanto la mamma, di origini marocchine, già trapiantato di fegato e di rene, ma quest’ultimo non ha attecchito e di conseguenza l’inevitabile ricorso alla dialisi. L’ambiente era sereno e rilassante per via di un piacevole sottofondo di musica classica, ambedue le infermiere hanno esercitato il tocco armonico (quasi in contemporanea) inizialmente sfiorando l’addome e il capo con movimenti molto lenti, per poi scivolare verso gli arti superiori e sulle spalle in particolare, quindi gli arti inferiori massaggiando con delicatezza i piedi. I trattamenti sono durati circa 20-25 minuti ciascuno; con la “variante” che si è fatta trattare anche la mamma del piccolo Gabriele, probabilmente stanca e sotto stress nell’accudire costantemente il proprio figlio, il cui processo di dialisi, come è noto, va ripetuto per tutti tre volte alla settimana per una durata di circa 3-4 ore ogni seduta.
Già conoscitore di questa “disciplina”, non mi ha stupito rilevare che il tocco praticato da queste terapiste abbia trasmesso ai pazienti qualcosa di più della mera sensazione, tanto che durante il trattamento si sono assopiti per poi riprendersi con espressione serena e rilassata. Il particolare impegno della dialisi, preludio alla messa in lista di attesa per il trapianto di rene, per i pazienti nefropatici adulti è un’esperienza che sicuramente richiede sopportazione e adattamento per via di una sorta di complicità con la propria patologia, ma per i pazienti pediatrici forse l’impegno non è minore poiché, è immaginabile, l’apporto affettivo dei propri genitori e la professionalità delle infermiere trasmettono loro fiducia e accettazione… Una ulteriore caratteristica non meno importante di questi operatori, che si dedicano al tocco armonico per propria volontà durante l’orario di lavoro, è data dal sapersi aprire verso una forma di ascolto profondo… magari sino a percepire qualche “confidenza-emozione” dei loro pazienti, e proprio per questa ragione il terepeuta può attivare nel sofferente una vera e propria relazione terapeutica, in un clima certamente positivo per meglio accoglierlo, comprenderlo e trattarlo. Sono, di fatto, esperienze reciproche e trasparenti in cui medicina tradizionale e terapie complementari come il tocco armonico entrano in sinergia, quale espressione di estremo orizzonte per il trattamento di più patologie alla cui base dolore e apprensione trovano sempre meno spazio per dissolversi lentamente. Anche il dott. Gianoglio (nella foto), nefrologo di ventennale esperienza, ha voluto avvicinarsi al tocco armonico facendosi trattare dalle infermiere per una fastidiosa cervicalgia, i cui effetti si sono via via ridimensionati dopo alcune sedute. «Ed è così – afferma – che ho ritenuto condividere ed approvare questo trattamento anche per i nostri piccoli pazienti, a fronte della concreta validità del mantenimento delle apparecchiature e dei farmaci a nostra disposizione per la dialisi. Risultati in itinere ormai da oltre due anni i cui effetti sedativi sono stati riscontrati anche durante le biopsie renali, con estensione del trattamento ai non meno “impegnativi” pazienti chirurgici ed oncologici». Ma qual è la sua filosofia nel condividere e far praticare il tocco armonico nel suo reparto? «Dal punto di vista umanistico-relazionale – confida – si rifa alla medicina tradizionale e, in seguito, prendendo atto che la cosiddetta medicina alternativa e/o complementare è altrettanto importante e fondamentale e, in taluni casi, particolarmente efficace… A mio parere non bisogna però procedere in questa “scelta” in maniera troppo rigida, ma avere una visione più olistica e al tempo stesso saper interagire con tutte le figure professionali (medici e infermieri). Insomma, come in tutti i campi, evitando ogni forma di estremismo e di rigidità». Queste convinzioni, peraltro sostenute anche dalla dottoressa Francesca Mattozzi, nefrologa in turno durante la mia presenza, lasciano un ulteriore spiraglio ad una maggiore espansione del tocco armonico che tra l’altro si sta estendendo su tutto il territorio nazionale.