Toscana: lo scrittore Marco Malvaldi a Borgo San Lorenzo
Di serate come queste bisognerebbe ce ne fossero parecchie, perché oltre all’implicito, ma non scontato merito di strapparti alla routine casalinga, hanno quello di portare la cultura in un contesto informale che però sta attento alla peculiarità dei dettagli. Volete mettere, infatti, la corte di Villa Pecori Giraldi al buio, illuminata semplicemente da candele poste ad arte sui tavoli? Se poi aggiungiamo che sotto la luce dei riflettori c’è Marco Malvaldi, il gioco è fatto. Ne viene fuori un mix che per il pubblico risulta suggestivo ed accattivante. Artefici del suddetto mix “Parigi e Oltre” e l’associazione “Lo scrittoio”. Premetto che sono un’ ammiratrice sfegatata dello scrittore pisano, peraltro davvero un bel giovanotto, il che non guasta, perciò quella che state leggendo è senza dubbio una cronaca tendenziosa, insomma di parte. Malvaldi ha presentato ad un pubblico interessato e divertito: “Odore di chiuso” il suo quarto romanzo, ambientato, a differenza degli altri suoi lavori, alla fine dell’ ‘800. Incalzato dalle domande del pubblico e da quelle della presentatrice, Malvaldi ha risposto a ritmo serrato, divertendo la platea e acuendo la curiosità sulla trama di quel suo giallo, edito da Sellerio, ove uno dei principali protagonisti è quel Pellegrino Artusi, autore del manuale di cucina probabilmente più famoso nel nostro Paese e non solo nel nostro. Abile comunicatore, Malvaldi, 37 anni, ha esordito con il romanzo “La briscola in cinque” dove i protagonisti sono il barista Massimo e 4 vecchietti che frequentano il suo bar Lume. I delitti, piuttosto annacquati, sono l’escamotage per narrare la vita di Pineta, piccolo paese dal nome di fantasia, sito nella periferia livornese che è presentata in modo non edulcorato e verace. I delitti vengono risolti grazie all’intuito di questa strana combriccola che prosegue le sue investigazioni anche negli altri romanzi dell’autore. Malvaldi, padre del piccolo Leonardo, è anche un chimico pignolo ed un cantante lirico inascoltato e prestato alla scrittura, nella quale scrittura si è trovato talmente bene da voler continuare a esercitarla per la sua e la nostra soddisfazione. “La somiglianza del suo stile, se pur in toscano, anzi in pisano, con quello di Andrea Camilleri è notevole ma lei come vive questo paragone?” gli chiediamo – Come una lusinga perché si parla di una persona che ha sdoganato l’uso del dialetto nei libri, un dialetto che non veniva usato da 40 – 50 anni, dai tempi di Gadda e Pasolini, quindi ho un debito di riconoscenza, ma quando si parla di un Camilleri toscano ho idea che porti un po’ male, quindi tocco le … no, comunque è una lusinga, un motivo di orgoglio. – “Nei suoi libri lei rispolvera un pisano ove intercala spesso con i tipici “dè”, proprio come Camilleri fa usando termini specifici del suo siciliano. La scelta è voluta…” – Sì è voluta e Camilleri ha fatto un’altra cosa bella, in un genere che era diventato molto truce, come quello del giallo trasformatosi poi in noir e thriller, ha riportato la leggerezza. Mi sono ispirato a lui per riuscire a scrivere un giallo contemporaneamente anche divertente. – “Ho notato che lei svolge delle meticolose ricerche per scrivere i suoi libri.” – Sì, perché alla fine mi piace essere sicuro completamente di quello che scrivo, perché ogni tanto capita di dover usare un esempio particolare che sia tratto dalla medicina, dalla natura in quel caso mi secca di poter scrivere un’inesattezza, anche perché quando una cosa è scritta quella rimane.- “ Sepulveda scrive con la scrivania rivolta ad un muro bianco, lei come scrive, come si posiziona?”- Quando posso principalmente scrivo all’aperto, cerco un bel barrino sull’Arno, ne ho tre o quattro che mi piacciono, questo d’estate, d’inverno scrivo anch’io davanti al muro, ma con una finestra accanto, per me è necessario guardar fuori ogni tanto e staccare. “ Ha in cantiere un nuovo libro?”- Sì, sto scrivendo il quinto e rubo parecchio tempo a Leonardo. – Il titolo del nuovo libro?” – S’intitolerà presumibilmente “Meglio di uno” è la seconda parte di una frase della Bibbia, due è meglio di uno, perché quando uno cade l’altro lo aiuta a rialzarsi. E’ sempre un giallo con Massimo ed i vecchietti e sarà presumibilmente l’ultimo con loro. Non ha il titolo di un gioco perché non lo è. E’ sempre umoristico a livello accettabile, ma ci sono cose un po’ più serie. – “Quindi smette con il bar Lume?” – Sì, non voglio che diventi un cliché, non voglio rischiare di diventare l’imitatore di me stesso.-
Francesca Lippi